Durante le manifestazioni dei separatisti filorussi a Donetsk e nell’est dell’Ucraina, una bandiera viene sventolata insieme, e sovente al posto, di quella russa. Una bandiera simile a quella di Mosca che al posto del bianco ha il nero e che rappresenta quella che i separatisti filorussi hanno ribattezzato “Repubblica di Donetsk”. Ma questa bandiera viene da lontano, era infatti il vessillo della Repubblica socialista sovietica di Donetsk-Krivoj Rog, una repubblica sovietica fondata l’11 febbraio del 1918 e formalmente esistita fino al 17 febbraio del 1919. La storia che sta dietro questa bandiera ricorda, per certi versi, quella cui stiamo assistendo in questi mesi.
La Repubblica sovietica di Donetsk nacque infatti come reazione alla costituzione della Repubblica popolare ucraina, proclamata a Kiev nel dicembre del 1917. Già dal marzo di quell’anno Kiev era in subbuglio, dal 17 marzo al 2 aprile un grande congresso dei socialisti aveva promosso la creazione di un’assemblea locale (la Central’na Rada) che di fatto deteneva il potere in Ucraina pur rimanendo formalmente legata alla Russia.
A Pietrogrado (l’attuale San Pietroburgo), capitale dell’Impero Russo, nel febbraio del 1917 era andata in scena la Rivoluzione di Febbraio che portò alla caduta dello zar e alla formazione di un governo social-rivoluzionario guidato da Kerenskij. Tale governo aveva il compito di governare fino alle elezioni e alla Costituente che avrebbe dovuto dare alla Russia una nuova forma di governo. Kerenskij riuscì a indire le elezioni ma il fallimento nel tirare fuori la Russia dalla Prima guerra mondiale ne causò la fine: il Soviet di Pietrogrado, organizzato dai bolscevichi, fin da subito contese il potere al governo provvisorio (e già da febbraio controllava l’esercito) e nell’ottobre del 1917 lo destituì durante i fatti della Rivoluzione d’Ottobre.
Alla Central’na Rada il passaggio di potere ai bolscevichi non piacque e, per tutta risposta, si proclamò indipendente nel dicembre 1917. La reazione dei bolscevichi non si fece attendere, essi tentarono un putsch che però fallì anche a causa della loro impopolarità, fu allora che l’Armata Rossa entrò a Kiev il 9 febbraio del 1918. In cerca di aiuti, Kiev firmò l’alleanza con la Germania, già in guerra con la Russia dal 1914. In poche settimane i tedeschi entrarono a Kiev e scacciarono i russi da buona parte dell’Ucraina ma il prezzo da pagare fu alto: la Central’na Rada venne esautorata con la scusa che non controllava più il paese (di fatto in mani tedesche) e Berlino prese il diretto controllo dell’Ucraina.
Intanto i bolscevichi fuggiti da Kiev si rifugiarono a Donetsk dove, nel febbraio del 1918, fondarono la Repubblica socialista sovietica di cui si è detto all’inizio, che però non resistette all’avanzata tedesca e nel marzo venne inglobata nella nuova Repubblica popolare ucraina controllata da Berlino. Durò solo un mese la Repubblica sovietica di Donetsk, fedele alla Russia benché mai riconosciuta dal Soviet di Pietrogrado, ma il suo ricordo è abbastanza forte da tornare oggi nelle bandiere dei separatisti filorussi.
Anche oggi c’è un governo a Kiev che ha proclamato una sorta di “indipendenza” da Mosca. Anche oggi quel governo, minacciato, si è rivolto alla Germania e all’occidente. E anche oggi quel governo sta perdendo il controllo della situazione.
Le analogia finiscono qui. La sorte dell’Ucraina di allora fu amara. Il potere tedesco, dopo aver esautorato la Central’na Rada, favorì la creazione di un etmanato (dal nome dello stato dei cosacchi ucraini del XVII° secolo) di fatto fantoccio di Berlino. Intanto crollava l’Impero austro-ungarico e nell’Ucraina occidentale si costituiva una Repubblica indipendente con capitale a Leopoli. La sconfitta dei tedeschi aprì le porte a una nuova fase di indipendenza anche per Kiev dove si ricostituì la Repubblica popolare guidata da un Direttorato che si unì a quella di Leopoli verso la fine del 1918.
Nel 1919 nuovamente i bolscevichi intervennero ed entrarono a Kiev. L’Ucraina divenne un campo di battaglia per l’Armata Rossa, l’Armata Bianca, la Polonia e i gruppi socialisti e anarchici locali. Tutti si contesero il corpo straziato del paese che venne poi spartito tra URSS e Polonia nel 1921 con il Trattato di Riga.
Questa storia, oltre a dirci qualcosa sulla bandiera dei filorussi, racconta di un paese la cui indipendenza è sempre stata impossibile. Calpesta, violata, spartita, mai ha potuto dirsi davvero “libera”. E nelle lotte che ci sono state per il potere spesso sono andati in scena personaggi controversi, da Machno a Bandera e – in tempi recenti – Timoshenko o i neofascisti di Svoboda. Ogni fase di passaggio ha i suoi profittatori, i suoi beneficiari, i suoi eroi e i suoi martiri. Spesso queste cose finiscono per coincidere. Questa storia ci dice anche che l’Ucraina che ha lottato ed è stata vinta parte da Kiev e va verso occidente. Al di là del Dnepr la musica cambia. Ed è una cosa su cui vale forse la pena di riflettere, anche se riflettere con i cannoni russi puntati alla tempia non è facile.
Ma che scicchezze scrivete. Perché karkov cos’è russa? E le componenti linguistiche di quelle regioni le conoscete? Gli ucraini che parlano russo sono minoranza e ben amalgamata.informatevi
Nessuno ha scritto che Kharkiv sia russa, nessuno ha scritto di minoranze linguistiche in questo articolo…
Articolo molto interessato ed equilibrato, complimenti. Concordo con la chiusa: “riflettere con i cannoni russi puntati alla tempia non è facile”.
di fatto – secondo me – le radici dell’attuale ucraina indipendente sono da ricercare proprio in quel periodo. Per gli ucraini- grazie alla rivoluzione bolscevica avvenuta altrove- ed il conseguente passaggio ai bianchi di kiev, si ebbe la prima indipendenza, anche se seguita all’occupazione tedesca .La successiva autonomia alla repubblica sovietica ucraina (come a quelle asiatiche e caucasiche) fu concessa per compensare col riconoscimento della nazionalità la rinuncia (forzata) ai bianchi e quindi l’incorporazione nell’unione sovietica.Tuttavia il passaggio successivo con “l’accumulazione originaria” a scapito dei contadini praticata dagli apprendisti stregoni che vollero fare in pochi anni quello che avevano letto sul capitale di marx – avvenuto in almeno due secoli in inghilterra- la conseguente strage per fame – alienarono per sempre i contadini ucraini (come d altronde tutti i contadini dell’est) dal socialismo reale. tant’è che all’arrivo dei tedeschi nella seconda guerra mondiale molti simpatizzarono per gli invasori.Se quei poveracci videro in hitler una speranza pensate a come erano messi.
COMPLIMENTI !!! E soprattutto che occhio!
Mi rimane il dubbio se questo richiamo ad una realtà storica nel complesso effimera e di scarso peso sul corso dei tumultuosi eventi 1918/1919 possa essere farina del sacco di “manifestanti spontanei” i cui padri o nonni 90 anni fa non erano magari neanche in Ukraina….. Il grosso dello sviluppo industriale (e della relativa urbanizzazione operaia) del bacino del Don risale all’epoca sovietica ed è frutto della forzata industrializzazione staliniana degli anni ’30. Semmai è più vicina alle recenti e dotte riesumazioni di Putin, ad esempio il termine/concetto storico della “Novorossiya” per indicare le regioni sul Mar Nero.
Forse queste bandiere se le sono portate seco gli infiltrati dei servizi segreti russi: personaggi come l’autoproclamato sindaco di Sloviansk, comparso dal nulla, senza una famiglia in loco, a capo di un ben organizzato gruppo armato, in divisa, mascherato, inquadrato militarmente, che sembra agire per scala gerarchica e disciplina, tanto da disporre il trasferimento di ostaggi e la loro “gestione” da “intelligence” (perquisizione, conferenza stampa, individuazione speaker per il gruppo….).
Questo ci porta ad alcune considerazioni.
In Crimea i russi non hanno dovuto far fuori uomini politici locali, qui non si ha notizia di strutture locali (elette in tempi non sospetti) che siano passate con i vocianti “filorussi”, al contrario si vedono spesso (e qualche volta solo) i misteriosi e mascherati gruppi paramilitari. La stessa polizia locale è completamente assente e non si ha notizie (ben inteso, finora) di defezioni significative dal campo ukraino: e questo è un grosso risultato per Kiev e un sonoro set back per Mosca.
Queste operazioni a macchia di leopardo sono l’ovvia conseguenza della struttura etnica dell’Ucraina: 80% Ucraini e 20% Russi.
Nemmeno la tanto famosa regione di Donetsk, a differenza della Crimea, è abitata in maggioranza da russi: mentre nella città di Donetsk il 48,15 per cento della popolazione è formata da russi e il 46,65 per cento da ucraini, la regione di Donetsk è a netta maggioranza ucraina (56,9 per cento, contro il 38,2 per cento di russi. Non a caso non si parla tanto di referendum, quanto di peacekeeping dei carri armati russi.
Purtroppo, visto che Putin ha puntato tanto su questa avventura ucraina, mi aspetto che, come il lupo nella favola di Fedro. esaurita la pazienza e le scuse, metta mano, da gangster politico qual è, al revolver….
È verissimo che coloro che si definiscono ucraini superano (di poco) anche in quelle regioni coloro che si definiscono russi…i dati sono quindi giusti (l’unica parte dell’Ucraina in cui coloro che si definivano russi erano in netta maggioranza era la Crimea)..c’è pero un “MA”…
Moltissimi di coloro che si definiscono (definivano ?) “ucraini” sono in realtà russofoni (praticamente tutti negli oblasti di Donec’k, Luhans’k e Zaporižžja…la grande maggioranza negli oblasti di Kharkiv e Dnipropetrovs’k..una buona parte negli oblasti di Sumy, Mykolaïv, Kherson, Odesa…un numero considerevole negli oblasti di Černihiv e Kirovohrad…gran parte della popolazione cittadina dappertutto altrove, inclusa Kyïv città, tranne negli oblasti di Rivne, Volyn’, L’viv, Ternopil’, Ivano-Frankivs’k, Zakarpattja e in parte Černivci e Khmel’nyc’kyy) e, specialmente nel sud-est, hanno una mentalità “russa” (o meglio “sovietica”) che li rende indistinguibili dai vicini che si definiscono “russi”, laddove li distanzia, talora in modo impressionante, dai compatrioti ucraini che vivono all’Ovest (e che, con qualche eccezione, sono gli unici a “sentirsi” ucraini, oltre agli intellettuali di Kyïv, Poltava e di altre città del centro e centro-est che però tra loro, in privato, parlano generalmente in russo :D)
bisogna tenere conto sempre di ciò
Tutto corretto. Però bisognerebbe introdurre alcuni distinguo.
L’attrazione di una cultura/lingua considerata superiore, più importante o diffusa, parlata dalla élite nei confronti di alloglotti economicamente e culturalmente inferiori, è un fenomeno comune. Si aggiunga che se uno voleva fare carriera nell’Unione Sovietica doveva uniformarsi e parlare il russo, lingua della burocrazia, del partito, dell’istruzione superiore e delle strutture economiche. Molte delle città industriali del’est Ukraina sono nate a metà 800, ma ovviamente, la vera crescita demografica avvenne con l’industrializzazione forzata staliniana che richiamò numerose maestranze dalle altre regioni sovietiche (tutte rigorosamente russofone), contemporaneamente alle purghe feroci dei Kulaki o comunque dei contadini locali, che non accettavano le collettivizzazioni: 2 milioni di morti senza contare i deportati che non fecero mai ritorno.
E’ vero l’Ukraina ha riscoperto la sua identità nazionale e ha potuto cercare di costruirci attorno un progetto di convivenza civile solo da 20/25 anni, ma non è una colpa…
Comunque, purtroppo, queste nostre dotte considerazioni stanno perdendo di significato: Lei pensa che Putin si possa preoccupare di qualche punto statistico, o che venga mosso da sincero interesse per le sorti delle minoranze russe? Il neoimperialismo putiniano sta solo cercando un casus belli che gli permetta di cominciare a “rettificare” gli errori di Gorbačëv e ridare il “giusto” posto al sole alla Russia. Finora si è trattenuto solo perché Putin vuole “tutta” l’Ukraina: uno stato Ost-Ukraino magari filo occidentale, anche minimo sarebbe una sconfitta drammatica per l’autocrate del Kremlino.
E soprattutto pensa che una volta che si sia mangiato l’Ukraina si accontenti? Transnistria, Moldovia, Georgia… e magari chi sa? Qualche minoranza russa dimenticata la si può sempre trovare e se mancasse, beh, si spiana il revolver e si risolve la situazione!
“bisogna tenere conto sempre di ciò”
Non c’è dubbio che la Russia di Putin abbia la sua agenda…e, giustamente dal loro punto di vita (molti) ucraini ne sono sospettosi (per non usare parole più forti :D)…e anche altri popoli (la maggioranza dei moldavi senza dubbio…i georgiani che ricordano il 2008, il 1921 e il 1801….gli stessi baltici, anche se ormai sono al sicuro dietro l’ombrello NATO)
Ritengo però che dovrebbe essere il popolo ucraino-orientale ad esprimere la sua ripugnanza e opposizione a Mosca (se veramente la pensa così nella maggioranza)..altrimenti forse sarebbe opportuno pensare ad una soluzione che veda il PACIFICO smembramento dell’Ucraina in due Stati (sotto controllo, e supervisione internazionale)….una soluzione stile Cecoslovacchia 1993 (solo che là era facilitato dala struttura federale e da chiari confini)
Perfetto! Peccato che uno dei giocatori di questa partita sulla pelle della disgraziata Ukraina, sedendo al tavolo, ha tirato fuori il revolver. Qualche giorno fa il ministro della difesa russo assicurava che le truppe russe erano rientrate nelle loro normali sedi, molte delle quali a meno di 40 km. dai confini ukraini….I fans del neoimperialismo putiniano sono pronti a stracciarsi le vesti sull’allargamento ad est della NATO (i missili a meno di 400 km. da Moska !!!), però trovano del tutto naturale la minaccia di far sfilare i carri armati russi nelle piazze di qualche vicino riottoso o poco compiacente! Strani strabismi storici ed equilibrismi mentali.
Sono decenni che in Canada convivono spinte secessioniste franco-canadesi con la realtà federale o in Belgio i walloni e i fiamminghi vivono la loro vita di separati in casa. L’unica “piccola” differenza è che lì non c’è un vicino che semplicemente pensa di avere il diritto di interferire e vuole decidere lui cosa è giusto o no. Quindi il discettare sulle volontà delle popolazioni locali (qualcuno ha calcolato in un migliaio di “attivisti” venuti da fuori i responsabili degli assalti mirati di questi giorni: anche in città con più di 1.400.000 abitanti in piazza non si sono mai visti più di qualche centinaio di manifestanti…) con i paramilitari in tenuta da combattimento sulla soglia di casa, risulta patetico o pericoloso: gli ostaggi li trattengono i filorussi, i cadaveri ripescati nel fiume erano di filo-ukraini, gli sparati alla schiena erano i non allineati. L’unica speranza è che questa ventata neoimperiale, frutto della rinuncia ad una vera modernizzazione delle strutture economico-sociali russe, vada incontro ad una nuova implosione: gli dei accecano i folli che vogliono far cadere.
http://www.washingtonpost.com/blogs/worldviews/wp/2014/04/28/violence-breaks-out-at-pro-ukraine-rally-on-donetsk/
Notizia di queste ore: una pacifica e numerosa manifestazione pro-ucraina è stata attaccata da un centinaio di “attivisti” filorussi armati di bastoni, coltelli e mattoni… e naturalmente dispersa.
Certo che se il consenso ha bisogno di sonore legnate… in attesa dei “peacekeeping” carri armati.
ottimo come sempre. il problema eterno dell’ europa centrale e orientale, divorata ora dai tedeschi, ora dai russi, ora da entrambi…oggi le divisioni le ha la russia..dunque si puo’ immaginare come andra’ a finire..
Come ho già avuto modo di dire, se l’Ucraina indipendente non è mai stata in piedi più di qualche anno un motivo ci sarà. L’Ucraina non è una nazione, semplicemente. Non stà assieme in nessun modo, è un agglomerato di etnie in cerca d’autore. E’ destinata a venir spartita di nuovo, sta già avvenendo. Il “governo” di Kiev ha annunciato di aver completamente perso il controllo delle regioni di Donetsk e Lugansk, e presto seguiranno altre zone del paese. Putin sta cucinando il regime di Kiev a fuoco lento, questo è evidente. Una stretta alle importazioni, un aumentino del gas, una città al giorno che cade nelle mani dei filo russi. E intanto a Maidan stanno cominciando a suonarsele tra di loro. Film già visto, fra pochi mesi in Ucraina sarà il caos.
Non capisco che cosa ci sia da essere così sprezzantemente felici! anche se pudicamente sotto un velo di realismo politico…
Si anche questa volta potrebbe andare così oppure no, vedremo: magari un pezzetto di Ukraina libera sfugge alla “normalizzazione” russa e il giochino potrebberimanere inceppato a lungo.
Comunque il regista del “film già visto” è sempre lo stesso: l’ingombrante e manesco vicino che ha deciso che di Ukraina separata dalla Russia non si può e non si deve assolutamente parlare !!!
A quelli che godono che “un agglomerato di etnie in cerca di autore” non possa liberamente cercarsi la sua via senza essere strangolata da ” Una stretta alle importazioni, un aumentino del gas, una città al giorno che cade nelle mani dei filo russi. E intanto a Maidan stanno cominciando a suonarsele tra di loro.”, ricordo che qualcuno definì l’Italia una “espressione geografica. L’Impero asburgico è ora solo nei libri di storia, l’Italia, bene o male, esiste.
ottima ricerca.
ma non capisco…
lo dite come se fosse una cosa brutta.
insomma se la storia si ripete vuol dire che si rifà l’urss è questa è una cosa buona.
poi vuol dire che la giunta eurofascista di Kiev ha i giorni contati e anche questa è una cosa buona.
poi ancora, se il piano americano vuol dire che gli stati uniti acuiscono la crisi loro e del libero mercato e questa è una cosa splendida.
infine se tutto va come dite, anche l’europa di mahasticht va a farsi benedire con la sua BCE e le direttive dell’FMI….
insomma io non capisco perché tutti questi toni cupi.
che siete banchieri di bruxelles che siete dovuti andarvi ad attaccare ad una banda di neonazisti di Kiev per trovare qualcuno in europa che portasse la bandiera europea in piazza senza bruciarla?
non credo, mi sembrate troppo colti.
e allora?
via quei musi lunghiiiiiii
è finito l’impero americano e l’europa delle bancheeeee !!!!
festaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!