UCRAINA: Il dilemma di Poroshenko. Congelare il conflitto o negoziare l'integrità territoriale?

Se il cessate-il-fuoco negoziato il 5 settembre reggerà – il che non è scontato, con le truppe russe a due passi dalla conquista di Mariupol dopo aver riconsolidato il controllo sull’area tra Donetsk, la costa del mar d’Azov, e la frontiera russa – l’Ucraina di Petro Poroshenko dovrà comunque porsi una serie di domande di importanza strategica per il paese. Il dato dell’aggressione subita per mano russa è innegabile; ma i leader ucraini dovranno compiere una scelta difficile: puntare ad una reintegrazione negoziata dell’area del Donbass, sacrificando indipendenza e sovranità in cambio dell’integrità territoriale (almeno parziale, dato che nessuno sembra più mettere in discussione l’irreversibilità dell’annessione russa della Crimea), oppure accettare un congelamento del conflitto secondo le linee attuali, sacrificando l’integrità territoriale in nome dell’indipendenza e della sovranità. Tali opzioni sono collegate a due precedenti nell’Europa centro-orientale. Il primo scenario è quello dell’entità a maggioranza serba nella struttura consociativista della Bosnia-Erzegovina post-Dayton, la Republika Srpska; il secondo scenario è quello della regione moldava della Transnistria, separata dalla capitale Chisinau da ormai più di 20 anni.

Se i negoziati a Minsk tra il governo di Kiev e i ribelli dell’est (fino a ieri terroristi, oggi interlocutori) dovessero proseguire, l’obiettivo finale potrebbe essere quello di una reintegrazione negoziata di tali aree nell’ambito dello Stato ucraino in cambio del riconoscimento di una maggiore autonomia. I contorni precisi dell’accordo sono ancora da definirsi, ma vista la sproporzione delle forze in campo (i ribelli possono contare sul sostegno armato inestinguibile, benchè coperto, dell’esercito russo) è chiaro che Kiev dovrà offrire parecchio se vorrà salvaguardare almeno parte della propria integrità territoriale: soprattutto la garanzia di neutralità e non allineamento in campo militare e il rispetto dei diritti linguistici. Paradossalmente, entrambi questi requisiti erano già soddisfatti ben prima dell’avvio del conflitto.[1] Ora però i ribelli e i loro sponsor al Cremlino potrebbero richiedere l’annullamento dell’accordo d’associazione con l’Unione Europea e/o una possibilità di veto sulla politica estera dello stato ucraino e su altre questioni considerate di “interesse vitale”. Infine, potrebbero voler consolidare la presenza delle milizie ribelli (e dei russi tra di loro) come forza di autodifesa delle regioni autonome, o richiedere l’intervento a medio-termine di peacekeeping della Russia per garantire i termini dell’accordo, come già oggi avviene nelle regioni separatiste della Georgia. D’altronde, l’esercito ucraino non sembra in grado di impedire la permanenza delle truppe russe e dei paramilitari ribelli all’interno dei propri confini, e gli occidentali non sembrano interessati ad aiutarli a tal fine. In tal caso, lo scenario sarebbe quello di una Republika Srpska – Republika Novorossijska? – all’interno dei confini dell’Ucraina e in grado di influenzarne pesantemente la politica interna, agendo da longa manus del Cremlino.

Se si realizzasse un simile scenario, sarebbe così reso definitivo il non riconoscimento da parte di Mosca dell’autodeterminazione del popolo ucraino (la cui indipendenza del 1991 continua da troppi ad essere considerata solo come un accidente temporaneo) e la diretta subordinazione dell’Ucraina alla sfera d’influenza moscovita. È inoltre difficile dire se un tale accordo possa garantire la sopravvivenza al potere dell’attuale élite politica di Kiev, o se esso scatenerebbe un nuovo “Maidan”, con il rischio di un ulteriore intervento russo per ottenere un regime change a Kiev. La reintegrazione negoziata del Donbass potrebbe così rivelarsi una polpetta avvelenata.

L’alternativa a tale scenario prevede invece la tenuta della tregua, ma il fallimento dei negoziati tra governo di Kiev e ribelli sostenuti da Mosca, con il congelamento del conflitto lungo l’attuale linea di contatto. In tal caso, l’Ucraina dovrebbe rinunciare alla propria integrità territoriale (già chiaramente intaccata dal distacco forzoso della Crimea) ma potrebbe mantenere la propria indipendenza e sovranità. Il parallelo è quello della Transnistria, regione separatista della Moldavia che sin dal 1991 esiste come staterello non riconosciuto, garantito solo dalla presenza in loco della 14a Armata dell’esercito russo. Nel corso degli anni, malgrado l’impossibilità di raggiungere un’accordo di reintegrazione con le autorità separatiste di Tiraspol, il governo di Chisinau ha proseguito nel suo avvicinamento tanto all’Unione Europea – oggi è perfino considerata miglior discepolo nel quadro del Partenariato Orientale della Politica di Vicinato, avendo firmato l’accordo di associazione e libero scambio (DCFTA) e ottenuto la liberalizzazione del regime dei visti. Quanto alla NATO, la Moldavia collabora con l’Alleanza in base alla Partnership for Peace del 1994, pur mantenendo una formale neutralità. L’integrazione europea della Moldavia è proseguita nel tempo, tanto che si è recentemente ipotizzato di una sua futura inclusione all’interno della politica di allargamento dell’Unione Europea, con la concessione al paese di una esplicita prospettiva d’adesione, rimandando ad un secondo momento la discussione sulla reintegrazione o meno della regione separatista della Transnistria. Nonostante le evidenti differenze di dimensioni, peso strategico e valenza storica, il precedente della piccola Moldavia può essere istruttivo anche per la vicina Ucraina.

Per Mosca, mantenere il controllo militare sul Donbass e le sue “repubbliche popolari”, pur perdendo il resto dell’Ucraina, può costituire comunque una vittoria e un tassello in più di quell’“arco d’instabilità” (Transnistria, Crimea, Abkhazia, Ossezia del Sud, Nagorno-Karabakh) di cui il Cremlino ha favorito il consolidamento per garantirsi a medio termine l’ultima parola sugli affari interni dei paesi del suo “estero vicino”. Per Kiev, il suo governo, e la sua popolazione, che tanto hanno investito a livello di risorse e di capitale politico nell’avvicinamento all’Europa, uno scenario transnistriano per il Donbass significherebbe rinunciare almeno temporaneamente ad una integrità territoriale già inesistente in cambio del mantenimento dell’indipendenza e della sovranità: questa  potrebbe essere una soluzione politicamente più accettabile (malgrado i costi economici della perdita di una regione ad alta capacità industriale) rispetto a una reintegrazione che affidi ai ribelli dell’est, e ai loro sponsor a Mosca, l’ultima parola sugli affari interni dell’Ucraina in modo istituzionalizzato e a tempo indefinito.


[1] L’Ucraina si è dichiarata “stato permanentemente neutrale, che non partecipa a blocchi militari”, oltre che denuclearizzato (sulla scelta non-nucleare dell’Ucraina indipendente, si veda Davide Denti, “Counterproliferation revisited“, 2013, su Academia.edu)  con la Dichiarazione di Sovranità del 1990 (art.9) su cui si basa poi la Costituzione del 1996, politica poi riconfermata nel 2010. Kiev mantiene con la NATO un livello di relazioni blando, pari a quello tra NATO e Russia, per entrambe basato sugli accordi di Partnership for Peace del 1994. Inoltre, a seguito della legge del 2012 sui diritti delle minoranze, la lingua russa è ufficiale in molteplici regioni dell’Ucraina in cui è usata da oltre il 10% della popolazione, incluse Donetsk e Lugansk, oltre che Sebastopoli. Tale legge è stata anzi criticata (anche dal Consiglio d’Europa) per l’alta soglia percentuale richiesta, che proteggerebbe solo il russo a discapito dei diritti delle minoranze più piccole. Nonostante il dibattito parlamentare e le voci a questo proposito, tale legge non è stata abrogata dalla nuova amministrazione Yatsenyuk/Turchynov del 2014 ed è ancora in vigore.

Articolo apparso originariamente su Aspenia Online, rivista dell’Aspen Institute, l’8 settembre 2014

Foto: Peter Collins, Flickr (CC BY-SA)

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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13 commenti

  1. Più si va avanti più si ha l’impressione che non esista una politica ucraina o una strategia neoimperiale da parte di Putin, quanto un furbo e cinico adattamento alle risposte (sempre più deboli) alle provocazioni putiniane di UE e USA.
    In questa ottica è chiaro che Putin voglia semplicemente ribaltare la situazione a Kyiv, non certo controllare un paio di oblast, fra l’altro in completo collasso economico: la “regione ad alta capacità industriale” era forse prima dell’aggressione russa, ora ci sono solo macerie e i pochi impianti industriali di interesse russo sono stati smantellati e trasportati in Russia, maestranze con famiglia comprese.
    Quindi un Donbass “transnistriato” sarebbe una squallida landa spopolata (cosa ci tornerebbero a fare i “centinaia di migliaia di profughi” con passaporto russo? La fame probabilmente.) che l’Ucraina farebbe bene a non avere sul groppone, ma che Putin vorrebbe “rivendere” all’Ucraina a carissimo prezzo e solo come “massima” concessione…
    La Crimea è. economicamente parlando, un buco nero, militarmente una bufala storica ripetuta fino alla noia: la solo funzione militare della base navale di Sebastopoli è stata di essere la testa di ponte che a permesso a Putin di prendersi la penisola senza combattere. La flotta russa del Mar Nero è imbottigliata in un mare chiuso, e può accedere ad un altro mare chiuso. E circa la “strategica” base sulla costa siriana, direi che in questo momento il grande assente nel confronto con ISIS sia proprio Putin: Assad vorrebbe parlare con gli americani, non certo con i russi distratti da altre cose. Senza contare che mai come in questo momento sono numerose le navi NATO nel Mar Nero…
    Quindi se l’attuale governo ucraino va avanti sulla strada dell’integrazione europea e cooperazione a livello NATO, la strategia putiniana o accetta una sostanziale sconfitta o tenta l’occupazione dell’intera Ucraina, passo che non so come verrebbe recepito all’interno della stessa Russia.

  2. 9 settembre – I militari e i militanti russi, nonostante la “tregua”, sparano dai loro sistemi “Grad” alle forze dell’ATO, – ha comunicato il capo del Centro degli studi politico-militari Dmytro Tymchuk.

    9 settembre – La Russia sta accumulando attivamente le sue forze al confine con l’Ucraina e sul territorio della Crimea, – ha detto il portavoce del Consiglio di Sicurezza e di Difesa Nazionale Andrii Lysenko. – A partire dal 7 settembre lungo il percorso Rostov sul Don-Novoazovs’k verso l’Ucraina si sono diretti due convogli di materiale militare – ben 172 veicoli cingolati, 30 BTR, 200 camion.

    9 settembre – La polizia della Crimea annessa dalla Russia è arrivata con un mandato di perquisizione in un ginnasio-orfanotrofio nella zona di Bakhchisarai. I bambini tatari sono stati costretti a rimuovere i simboli nazionali. Il presidente del Mejlis del popolo tataro di Crimea Refat Chubarov chiede che vengano mandati degli osservatori internazionali per monitorare la situazione, in particolare il rispetto dei diritti umani in Crimea.

    9 settembre – L’organizzazione terroristica “DNR” (Repubblica Popolare di Donets’k) pretende di avere il controllo su tutta la regione di Donets’k e afferma che non sarà soddisfatta se solo alla parte da essa realmente controllata verrà attribuito uno status speciale, – ha detto l’autoproclamato premier della “DNR” Oleksandr Zakharchenko. Strano che non aspirino ad avere il controllo dell’Ucraina intera. Lunedì il consigliere del Presidente Iurii Lutsenko ha dichiarato che circa un terzo delle regioni di Donets’k e di Luhans’k – la parte che non è controllata dalle autorità ucraine – riceverà uno status speciale.

    9 settembre – Gli esperti olandesi hanno stabilito che il “Boeing 777” precipitato nella regione di Donets’k è stato colpito da un razzo “terra-aria”. Lo ha comunicato il Primo Ministro della Malesia Najib Tun Razak.

  3. Poroshenko sperava di venire a capo dei ribelli-mercenari filorussi entro l’inizio dell’autunno. Le cose sono andate diversamente per ragioni intuibili e la situazione si è perfino aggravata rispetto a due mesi fa. L’autunno-inverno avanza, con l’inevitabile necessità di gas russo, l’economia peggiora ancor di più, non rimane che scendere a patti con il Cremlino. A Putin non interessa il Donbass. Il Donbass è servito per destabilizzare l’Ucraina. Per Putin poteva essere anche l’oblast di Odessa ad assumere questo ruolo, per lui non cambiava nulla. Chiaramente è lui il vincitore, adesso a Poroshenko non rimane che scegliere tra la NATO-UE e il sud-est Ucraina. Io penso che farebbe bene a intavolare trattative sui temi caldi con Putin. E’ evidente che potrà ottenere, se va bene, una soluzione di compromesso, ma se vuole mantenere l’integrità dell’Ucraina non ci sono alternative. Se questo accordo andasse in porto, sarebbe lo stesso Putin a “ripulire” il Donbass da eventuali riottosi all’accordo che comunque risulterebbero davvero pochi. Comunque vada, si tratta di un nuovo terribile capitolo della storia europea, dove centinaia di vite umane sono state sacrificate sull’altare d’ interessi spesso estranei a quelli della maggioranza della popolazione.

  4. 11 settembre – I terroristi russi continuano a violare il regime del cessate il fuoco, mentre i militari ucraini rafforzano le loro difese e cercano di ripristinare la loro capacità di resistere agli attacchi, – ha detto l’organizzatore del gruppo “Informatsiinyi Sprotyv” Dmytro Tymchuk. – I terroristi e i militari russi nel Donbas stanno preparando delle provocazioni armate al fine di interrompere la “tregua”.

    11 settembre – L’azienda russa “Lukoil” è intenzionata ad acquistare un gasdotto all’azienda ucraina “Transnafta” trasportante il petrolio attraverso l’Ucraina.

    11 settembre – Nel Parlamento ucraino ci sono i voti necessari per abolire lo status di Paese non allineato, – ha detto lo speaker Oleksandr Turchynov. – “L’Ucraina ha bisogno di aprire la strada per l’adesione alla NATO. Solo un sistema di sicurezza collettiva è in grado di fermare un aggressore come la Russia”.

    11 settembre – Il 16 settembre il Presidente Petro Poroshenko proporrà al Parlamento di ratificare l’accordo di associazione con l’UE.

    11 settembre – Il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina ha arrestato due terroristi membri del “gruppo per la fucilazione” degli abitanti della cittadina di Druzhkivka nella regione di Donets’k. Prima di ucciderli li portavano nella periferia della città dove li torturavano. Tra i morti a seguito di torture ci sono uomini d’affari locali di orientamento filoucraino, militari ucraini ma anche persone indifese – senzatetto, disoccupati e malati; è in questo modo che i terroristi russi “purificavano la società”.

    11 settembre – La Russia vuole tagliare le forniture di gas a tutti i Paesi europei che si impegneranno a fornire gas all’Ucraina. Sono già state tagliate le esportazioni di gas verso la Polonia (45%), la Germania è la Slovacchia (10%).

    11 settembre – Il budget per le spese militari dell’Ucraina è raddoppiato.

  5. Ricordiamoci che la popolazione del sud est ha votato a grande maggioranza, dopo il golpe di febbraio organizzato dagli usa e della ue, per l’indipendenza. E’ la popolazione di quelle regioni che vuole mantenere la propria dentita’, e per questa ha eroicamente combattuto. Il mio piu’ grande rispetto pertutti loro!

    • Dove e quando “la popolazione del sud est ha votato a grande maggioranza, dopo il golpe di febbraio organizzato dagli usa e della ue, per l’indipendenza” ? Saremmo tutti interessati a saperlo. Tranne che ritenga i “referendum” con le schede prestampate e i risultati “proclamati” mezz’ora dopa la “chiusura delle urne” come qualcosa di decente … manco più i burattini filorussi locali hanno il pudore di ricordarle.
      Circa poi le identità da mantenere, le consiglio di informarsi meglio. Credo proprio che il suo rispetto sia sprecato per una banda di tirapiedi prezzolati da Putin che corrono dietro ai carri armati russi, senza i quali sarebbero già dalle parti di Rostov…

  6. A breve la tregua cederà l’esercito ucraino si è riorganizzato, le armi chimiche fornite dagli USA sono arrivate, basterà passare alla fase due usarle e ovviamente accusare i filorussie russi di averle usate per scandalizzare il mondo!
    Come per l’aereo malese nessuno avrà la benché minima prova se non le fandonie dell'” intelligence” americana!

    • Certo che la fantasia, anzi, le bugie della propaganda putiniana sono senza ritegno….adesso anche le armi chimiche già arrivate e fornite, naturalmente, dagli USA !!!
      Ai “filorussi” bastano i carri armati e i “soldati in licenza” russi che “volontariamente” danno una mano… questi dovrebbero “scandalizzare il mondo!”.
      Circa le fandonie dell’” intelligence” americana sull’aereo malese, a quando le “verità” dell’intelligence russa?

  7. Leggiti le agenzie di oggi la tregua è finita e la NATO consegna armi all’esercito ucraino, fin qui ci ho beccato…adesso mancano solo l’uso delle armi chimiche !!
    Quindi direi che le bugie non le sto dicendo io ma bensì ……

    • Gentilmente mi può segnalare le agenzie che riportano la consegna di ARMI Nato ?
      Circa quelle chimiche, mi pare che ammetta che non ci siano notizie, quindi, mi scusi, ma chi dice bugie?

      • Paesi Nato hanno cominciato a consegnare armi a Kiev per aiutarla a combattere i separatisti filorussi nell’est del Paese: l’annuncio dato ieri sera dal ministro della Difesa ucraino, Valeri Gheletei, rimbalza oggi su vari media ucraini e russi. Gheletei ha riferito di aver
        discusso di forniture di armi in incontri bilaterali con ministri della difesa di Paesi Nato al recente summit gallese dell’Alleanza.

        http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2014/09/15/osservatori-osce-sotto-mortai-a-donetsk_f8c34449-adf7-4538-8184-f59c6852bded.html

        Per le chimiche aspettiamo…

        • Mi scusi ma siamo sempre e solo alla solita dichiarazione del ministro della difesa ucraino “che vorrebbe ma non può”.
          Di fatto, come anche riportato altrove in questo blog (https://www.eastjournal.net/ucraina-a-rischio-il-cessate-il-fuoco-cui-prodest/47683#comments), USA, Polonia, Italia e Norvegia hanno dichiarato di essere estranei all’invio di armi all’Ucraina (e finora nessuno le ha viste), mentre i carri armati, missili e “soldati in licenza” RUSSI scorrazzano liberamente sul territorio ucraino. Di questi mi preoccuperei se avessi a cuore gli interessi degli abitanti di quei due oblast, non certo dei giubbetti antiproiettili, caschi, visori notturni o razioni K che possono arrivare allo scalcagnatissimo esercito ucraino.
          Ma i sogni imperiali di Putin non possono chiaramente fermarsi per qualche migliaio di morti.
          Per le armi chimiche, aspettiamo pure: prima o poi l’apocalittico “Giulietto” per il noto canale televisivo “La voce del Cremlino” ci regalerà sicuramente qualche stilla di verità.

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