Il mese di giugno si è chiuso con due eventi molto importanti per l’Ucraina. La fine della tregua nel Donbass, avvenuta il 30 giugno, ha significato la ripresa ufficiale dei combattimenti nella regione orientale del paese. Per la prima volta Kiev può vantare risultati militari significativi in seguito al ritiro dei separatisti dalla roccaforte di Sloviansk, mentre Denis Pushilin, rappresentante del Consiglio Supremo della Repubblica Popolare di Donetsk, evidenzia la tensione dei filo-russi accusando Putin di averli abbandonati e di non essere intervenuto direttamente per difendere la Novorossya (Nuova Russia).
L’altro evento significativo è stata la firma da parte del presidente Poroshenko della seconda parte (quella economica) degli Accordi di Associazione con l’Unione Europea, che comprende anche i cosiddetti Deep and Comprehensive Free Trade Agreement (DCFTA), cioè la creazione di un Area di libero scambio con Bruxelles. Le disposizioni politiche del complesso Accordo erano state firmate dal Primo Ministro Arseniy Yatseniuk il 21 marzo scorso, sull’onda del referendum in Crimea.
Gli accordi di Associazione
Sa da un punto di vista politico il “giorno più importante nella storia del paese dopo l’indipendenza”, come lo ha definito lo stesso Poroshenko, rappresenta un’importante e quasi inevitabile presa di posizione da parte di Kiev, rimangono comunque numerosi punti interrogativi sul futuro europeo dell’Ucraina.
Gli Accordi di Associazione vanno a sostituire il precedente Accordo di Partnership e Cooperazione del 1998, e per entrare in vigore devono essere approvati dai Parlamenti nazionali dei 28 membri UE. Come era evidente già a novembre, quando Yanukovich decise di non sottoscrivere il trattato con Bruxelles, gli Accordi di Associazione non aprono ufficialmente nessun tipo di corsia preferenziale per un futuro ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea come membro. Da un punto di vista politico, infatti, si parla di maggiore cooperazione in aree come la “governance pubblica, giustizia, lotta alla corruzione, rispetto delle libertà fondamentali e il rafforzamento delle istituzioni democratiche” volta principalmente ad “integrare il paese nel mercato interno europeo” e ad armonizzare la legislazione economica ed industriale con gli standard europei. Proprio gli aspetti economici e la creazione di un area di libero scambio sono le principali componenti degli accordi tra Bruxelles e Kiev.
Abbattimento delle tariffe per la crescita economica?
Sebbene numerosi esperti e analisti (si veda come esempio un interessante articolo di Anders Åslund) evidenzino come l’Ucraina potrà beneficiare dell’accesso facilitato al più grande mercato unificato del mondo, ci sono numerosi, giustificati dubbi sugli effetti benefici immediati per un paese che si trova sull’orlo della bancarotta e in preda ad un durissimo confronto interno.
Il principale vantaggio dell’area di libero scambio dovrebbe essere quello di promuovere, tramite un approccio step-by-step, lo sviluppo del settore industriale-economico dell’Ucraina con un parallelo percorso politico di adeguamento alle norme europee. Appare evidente, quindi, che per procedere su questa strada, Kiev abbia bisogno prima di tutto, non solo di risolvere la situazione nel Donbass e di affermare l’unità del paese, ma soprattutto di promuovere una serie di riforme strutturali interne che richiedono stabilità, convergenza da parte di tutte le forze politiche e un certo livello di crescita economica. Il presidente dovrà trasformare, inoltre, dalle parole in fatti la sua battaglia contro la corruzione e contro il potere degli oligarchi sia da un punto di vista politico, sia da quello economico. Senza questa prima serie di misure necessarie, l’abbattimento delle tariffe con l’Unione Europea comporterà vantaggi del tutto marginali. In effetti, come sottolinea l’economista Ricardo Giucci, i livelli tariffari tra UE e Ucraina sui prodotti finiti erano già piuttosto bassi (1,19% in Unione Europea e 2,45 in Ucraina), mentre per quanto riguarda quelli agricoli (principale export del paese) si dovranno comunque fare i conti con le politiche di protezione del settore da parte dell’Unione Europea.
Inoltre, è necessario considerare il fatto che il processo di abbattimento delle tariffe richiederà un periodo compreso tra i 3 e i 10 anni. Se dalla parte europea, infatti, la maggior parte delle barriere sarà abbattuta a partire dall’entrata in vigore degli accordi (anche se numerose tariffe sono già state rimosse come misura straordinaria da parte dell’UE), la completa liberalizzazione anche da parte di Kiev richiederà un periodo importante e sarà vincolata ad una serie di adeguamenti legislativi che dovranno essere progressivamente adottati dalla Verhovna Rada.
In ultimo, sebbene da un punto di vista teorico l’abbattimento delle barriere doganali e l’aumento degli scambi reciproci dovrebbe comportare un chiaro aumento degli investimenti stranieri in Ucraina, assolutamente necessari nel processo di modernizzazione dell’economia, da quello pratico l’instabilità, la complessa situazione politica del paese e l’assoluta necessità di pesanti riforme strutturali, rappresentano dei freni importanti al flusso dei capitali stranieri verso i settori industriali del paese.
Bruxelles non può pagare la crisi Ucraina
L’Ucraina, insomma, ha bisogno di urgenti misure per evitare la completa bancarotta. La firma degli Accordi di Associazione stabilisce alcuni importanti obiettivi a lungo termine, ma senza complessi, mirati ed economicamente ingenti interventi immediati questi obiettivi saranno impossibili da raggiungere. L’Unione Europea, alle prese con le proprie strozzature economiche interne, appare incapace di sostenere concretamente la moribonda economia ucraina, mentre i 17 miliardi promessi dal Fondo Monetario Internazionale sono vincolati a delle clausole (come ad esempio una massiccia svalutazione della moneta e un netto taglio al deficit pubblico) che appaiono impossibili da rispettare per Kiev, se non a costi sociali gravissimi.
Se l’Europa non basta c’è sempre la Russia
Nonostante l’enfasi posta sulla scelta europea di Kiev, la Russia rimane ancora un attore fondamentale per il vicino. Il commercio bilaterale con Mosca è di poco inferiore a quello con l’Unione Europea (considerata come un unico blocco) e non richiede adeguamenti legislativi e riforme strutturali importanti. Il rischio per Kiev, considerando gli attuali rapporti con Mosca, è quello di vedere un innalzamento delle barriere doganali con il vicino e più in generale con i membri dell’Unione Doganale, con conseguente perdita di una buona parte di mercato. Anche se Lukashenko e Nazarbayev si sono recentemente espressi contro il “boicottaggio” di alcuni beni ucraini, rimane piuttosto probabile che molti prodotti non raggiungeranno comunque gli scaffali dei supermercati di Mosca, San Pietroburgo, Minsk ed Astana (come già successo prima di novembre scorso, tra l’altro).
Ma la Russia rimane fondamentale per l’Ucraina anche per l’approvvigionamento energetico. La recente disputa sui debiti della Naftogaz (compagnia statale ucraina) ha dimostrato, per l’ennesima volta, che i rapporti politici tra Kiev e Mosca sono alla base anche dei loro legami energetici. La tattica del “reverse flow”, la rivendita del gas russo all’Ucraina attuata da alcuni paesi europei dopo che la Gazprom ha chiuso i rubinetti per il mancato accordo sul prezzo, è appunto una tattica e non una strategia, mentre lo shale gas non rappresenta ancora una valida alternativa al gas russo. Il progetto del gasdotto South Stream, nonostante l’ostruzionismo di Bruxelles sembra andare avanti ora che Mosca ha trovato il nuovo consenso dell’Austria e misurato la disponibilità della Bulgaria.
Di tutto questo sembra essersi finalmente accorta anche l’Europa che, in un tentativo di engagement positivo con Mosca, ha proposto un incontro a livello ministeriale tra Russia, Ucraina e UE per discutere delle criticità che la firma degli Accordi di Associazione aggiunge ai rapporti bilaterali con Kiev. L’Ucraina è più vicina all’Europa quindi, ma non può assolutamente dimenticarsi di Mosca.
Non c’è un unico caso nella storia di Paesi poveri che abbattendo le barriere doganali e dandosi al liberismo sono diventati ricchi.
L’unica cosa che succede è che le imprese locali, non riuscendo a reggere la concorrenza, chiudono, ed il Paese diventa al massimo un posto dove vengono delocalizzate imprese a basso valore aggiunto con salari di sussistenza e i cui profitti finiscono all’estero.
I Paesi poveri che si sono sviluppati economicamente (Brasile, Cina, Corea del Sud) hanno operato un’apertura del mercato condizionata a criteri politici, mantenendo un forte controllo dello Stato sull’economia. La Corea lo ha ridotto solo nel momento in cui è diventata in grado di competere sui mercati internazionali, Brasile e Cina lo mantengono tutt’ora.
L’unica politica sensata sarebbe quella mantenere legami con tutti i vicini, senza far parte di zone di ‘libero scambio’, europee o euroasiatiche che siano.
Lei ha colto perfettamete la questione. L’ideologia del libero scambio è il consiglio che chi sta in cima all’albero dà a quanti vogliono salire a prendergli il posto. Agli esempi da lei citati, aggiungerei Germania, Giappone, Usa, Inghilterra, che hanno adottato, agli albori del loro sviluppo, politiche tutt’altro che liberoscambiste. Che poi Kiev consideri una panacea l’adesione alla UE targata “austerity”, centro e causa della recessione mondiale, non mi stupisce affatto, anche se la cosa è incredibilmente idiota. Or sono vent’anni che i politici ucraini hanno dato chiara prova delle loro capacità.
Articolo interessante ed equilibrato, piuttosto lontano dalla russofobia patologica che di solito distingue la nostra informazione.
L’anti – putinismo da barzelletta (che per comodità di esposizione personificheremo con il nome di “Simplicius”), pare infatti avere una visione del mondo formatasi su testi la cui ultima ristampa data 1989.
Scambiando il 2014 per il 1917, il nostro ineffabile Simplicius si era convinto fosse possibile stringere un cordone sanitario intorno alla Russia.
Ovviamente, non è affatto così, ma il nostro non sembrava darsene pena.
Perchè egli non desidera capire, ma autoconvincersi di un dogma, galvanizzare seguaci di una crociata, fortificare una fede.
Chi desidera invece capire, trova istruttivo dare una occhiata alla bilancia dei pagamenti.
La quale suggerisce, incontrovertibilmente, che l’idea secondo cui l’Italia avrebbe dovuto rinunciare al suo quinto partner commerciale, solo perchè Putin sta antipatico a qualche redattore, non era un’opinione come un’altra, da discutere in pubblico dibattimento su un piano di pari dignità.
Ma era un distillato purissimo della più stratosferica idiozia.
Una analisi che guarda più al passato che al futuro.
Quale attrattiva, quale sbocco può rappresentare la Russia nei prossimi anni? Un mercato di 140 milioni di persone, nonostante tutto ancora profondamente diviso tra centri urbani e diffusa realtà rurale, un’industria declinante e tecnologicamente arretrata (tanto da commissionare in Francia le navi più moderne), monodipendente dalle esportazione di gas, socialmente instabile e con derive autoritarie all’interno e fughe neoimperialiste all’esterno… Forse più un peso che un volano per il futuro.
Ormai politica estera e operatività della Gazprom coincidono, come dimostra il frenetico attivismo russo intorno al South Stream e lo “storico” accordo con i marpioni cinesi, ma la rete interna di collezione del gas è antiquata e necessiterebbe investimenti colossali per portare più gas da distribuire all’estero. E le nuovi reti di distribuzione (South Stream e Power of Siberia) richiederanno tempo e danaro, senza contare che sembra siano fatte più per arricchire gli amici di Putin che per portare benefici alla bilancia dei pagamenti del paese… ( vd. Contratti per la costruzione del South Stream).
La critica più frequente ad una maggiore integrazione economica dell’Ucraina nel mercato europeo è il “pericolo” che merci europee meno care invadano, via Ucraina, il mercato interno russo. Dato che abbiamo visto la sostanziale arretratezza nel comparto tecnologico, evidentemente si tratterebbe del settore medio basso, manifatturiero e dei prodotti agricoli, dove l’obsoleta industria russa fa già oggi fatica a reggere la concorrenza di economie del calibro di quelle della Bielorussia e del Kazakistan.
Mi sembra che una virata verso situazioni un tantino più vaste (UE rappresenta un mercato che si avvia ai 500 milioni di consumatori), più articolate e con prospettive più floride, non sia poi una scelta così sbagliata. E cosa dire del fatto che mentre c’è la coda , Serbia in testa, per entrare in UE, per l’Unione Eurasiatica mi sembra che se togliamo la mafiosa Transnistria, Ossezia e Abkasia e magari l’Armenia, le richieste scarseggiano.
L’Ucraina poi sta giocando anche su un altro (tradizionale per lei) fronte: nel settembre scorso ha firmato un contratto miliardario di forniture agricole con la Cina, che partendo dagli attuali 900.000 ettari arriverà a coinvolgere qualcosa come 3.000.000 ettari che produrranno derrate alimentari per la sempre più affamata Cina. Tra l’altro una delle ragioni della freddezza della Cina nei confronti della politica aggressiva di Putin.
8 luglio – Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha espresso il suo “rammarico” per il fatto che i rappresentanti dei gruppi militanti del Donbas non sono stati ammessi a partecipare alle trattative tra l’Ucraina, l’OSCE e la Federazione russa. Come mai allora i russi hanno ucciso il terrorista ceceno Shamil Basayev, anziché trattare con lui?
8 luglio – Il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina ha fermato un abitante di Makiivka, il quale stava trasportando dalla Crimea cinque milioni di rubli russi per finanziare i terroristi russi.
8 luglio – La Turchia richiede che gli occupanti russi e i loro collaboratori cambino il loro atteggiamento nei confronti dei tatari di Crimea e che revochino il divieto di ingresso in Crimea ai leader dei tatari Mustafa Cemilev e Refat Chubarov, – ha comunicato il servizio stampa del MAE della Turchia-
8 luglio – La SBU ha fermato cinque membri di un gruppo sovversivo che sono stati addestrati in Russia e stavano pianificando di far saltare in aria una ferrovia nel quartiere di Hulyaipole della regione di Zaporizzhia.
8 luglio – Il primo ministro russo Dmitriy Medvedev ha dato l’ordine di preparare il terreno della Crimea alla costruzione di nuovi edifici e i resort – alla privatizzazione. E’ stata avviata ufficialmente la “privatizzazione” della Crimea, rubata all’Ucraina.
8 luglio – L’Ucraina richiede che la Russia venga punita finanziariamente per l’annessione della Crimea. A questo scopo, l’Ucraina si è rivolta all’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile e all’arbitrio marittimo internazionale.
8 luglio – La nota donna pilota ucraina Nadiya Savchenko che era stata presa in ostaggio dai terroristi, per qualche motivo si trova ora nel carcere di Voronezh in Russia.
10 luglio – A Severodonets’k, dopo che i militanti hanno aperto il fuoco nelle aree residenziali, gli abitanti hanno promesso di annientarli essi stessi nel caso dovessero farlo di nuovo, – ha comunicato il deputato locale Serhij Samarskyi.
10 luglio – Le guardie di Frontiera hanno individuato sei elicotteri della Federazione russa che hanno violato lo spazio aereo ucraino, – ha detto il portavoce del Consiglio di Sicurezza e di Difesa Nazionale Andrij Lysenko. La Russia crede di aver acquisito il diritto di invadere anche lo spazio aereo ucraino.
10 luglio – Il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina ha fermato dei militanti russi che stavano preparando un’azione sovversiva a Odesa per fondare la cosiddetta “Repubblica Popolare di Odesa”.
10 luglio – È in atto una fase attiva dell’ATO nella zona di Sivers’k; i militanti stanno lasciando la città, – ha detto il capo del centro stampa dell’ATO Vladyslav Selezniov.
10 luglio – Il servizio stampa della Georgia ha comunicato che lo spazio aereo della Georgia è stato violato da un elicottero russo. Putin sta cercando di distogliere l’attenzione di Obama e della Merkel dall’Ucraina.
10 luglio – Sono in corso gli scontri nei pressi dell’aeroporto di Donets’k. Probabilmente, i terroristi russi intendono ricevere aiuti via aereo.
10 luglio – La Russia ha dichiarato che a Oleh Sentsov, regista della Crimea, è stata negata l’assistenza consolare. Egli era stato arrestato e portato a Mosca, dove fu costretto a prendere la cittadinanza russa contro la sua volontà. Il MAE dell’Ucraina ha espresso una decisa protesta.
9 luglio – Prima dell’arrivo del presidente Poroshenko a Slovians’k, sono stati individuati dei gruppi sovversivi di separatisti russi che stavano pianificando un attentato.
9 luglio – Uno dei leader dei terroristi, Igor Girkin, ha ammesso che gli abitanti di Donets’k non vogliono combattere contro l’esercito ucraino. Perfino a Donets’k i separatisti non hanno più il sostegno che speravano di avere. Girkin ha detto che ha bisogno di 8-10 mila persone: “Che vengano loro, altrimenti verranno mobilitati”. Ci si può aspettare una mobilitazione forzata degli abitanti di Donets’k nei ranghi dei terroristi.
9 luglio – Il Consiglio della Federazione nel corso della sua riunione questo mercoledì ha approvato una legge che aumenta la responsabilità per le dichiarazioni pubbliche a favore del separatismo. Per una dichiarazione del tipo “La Crimea non ci appartiene” i russi verranno messi in carcere per 4 anni.
9 luglio – I terroristi hanno fatto saltare in aria la costruzione di un cavalcavia sopra i binari dell’itinerario Kyiv – Kharkiv – Dovzhanskyi.
9 luglio – I militari ucraini hanno distrutto nei pressi di Dmytrivka, nella regione di Donets’k, due sistemi BM-21 “Grad” dei terroristi russi, – come ha comunicato il portavoce dell’ATO Vladyslav Selezniov.
9 luglio – Per mettere ordine nel Donbas c’è bisogno di 8 miliardi di hrivne (700 milioni di dollari).
9 luglio – Il Comitato investigativo russo ha detto che il pilota ucraino Nadiya Savchenko, ostaggio dei militanti di Luhans’k, è arrivata in Russia in veste di rifugiata. Anche questa è un’evidente menzogna.
9 luglio – Kyiv non negozierà con i rappresentanti della cosiddetta Repubblica Nazionale di Luhans’k e Donets’k, – ha detto il vice capo dell’Amministrazione presidenziale dell’Ucraina Valeriy Chalyi.
9 luglio – Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov sconsiglia a chiunque di prendere in considerazione l’idea di un attacco armato alla Crimea. “Abbiamo una dottrina riguardante la sicurezza nazionale; essa prevede esplicitamente le azioni che in tal caso dovranno essere intraprese”.
9 luglio – I terroristi russi hanno attaccato con carri armati e “Grad” l’aeroporto di Luhans’k. La battaglia è in corso.
La grande difficoltà che la nostra informazione riscontra quando si approccia a Putin, sta nel fatto che è prigioniera dei propri schemi ideologici. Tutta protesa a spiegare, non riesce più a capire. Putin è “un dittatore (sic!) che vuole ricostituire l’URSS” e quindi “deve” voler invadere l’Ucraina. Che Putin a prendersi quel baratro finanziario rappresentato da Kiev non ci pensasse nemmeno e che pertanto nella vicenda del Donbass si sia comportato di conseguenza è qualcosa che ha sconcertato e disorientato i più. Per il resto, ben venga un asse diplomatico Parigi-Berlino-Mosca che riporti la situazione alla normalità (che sarà presumibilmente una Ucraina unitaria, ma priva della Crimea, con larghe autonomie per i russofoni, come dire: tanto clamore per nulla) e ben venga la ripresa di South Stream, la sicurezza energetica dell’Europa è roba troppo seria perchè sia lasciata in balia dei capricci della simpatica repubblica delle badanti…
Solo per l’affetto che porto per quella che viene definita spregiativamente la “simpatica repubblica delle badanti” mi auguro che i progetti degli oligarchi miliardari della Gazprom e del loro manutengolo finiscano a “padellate in faccia”.
Capisco lo sconcerto e il disorientamento degli abbagliati dall’Uomo del Destino”, ubriachi della più becera propaganda del Cremlino, soprattutto ora che sembra che arrivi il “contrordine compagni, abbiamo scherzato”.
Ma come, non era tutta una mortale preoccupazione per la sorte dei russi etnici, segregati e discriminati, minacciati di genocidio? Quali conti della serva! Putin che si preoccupa del baratro finanziario (e si comporta di conseguenza…) il puro statista che si abbassa a fare i conti del bottegaio, ma diamine cosa dice !!!
Quale ASSE, c’era la “brillante” annessione della Crimea, la guerra a bassa tensione nel Donbass, le centinaia di migliaia di profughi, il comandati militari supremi (reduci da qualche rievocazione in costume), i reggimenti dai coloriti nomi (e dalla oscura composizione), gli ideologhi con la barba lunga e il lanciarazzi in mano, i pope benedicenti, le bandiere zariste,tutta roba seria…
Si giocavano i destini dell’Eurasia, non i conti a Londra degli oligarchi e le spese a Parigi delle loro mogli. Si faceva la STORIA, non tanto clamore per nulla…
Almeno se dobbiamo raccontare le barzellette, raccontiamole seriamente!
Complimenti! Un articolo interessante ed equilibrato. Con la Germania, Francia, Italia e numerosi altri paesi dell’Ue che fanno affari d’oro con la Russia e si contendono il suo mercato (e il suo gas) l’Ucraina non sta facendo certamente i suoi interessi allontanandosi economicamente da una tale economia, perdendo tra l’altro i grandi vantaggi che gli derivano dall’essere un suo partner storico. Certamente nessuna delle grandi economie occidentali farebbe un tale errore.
Sarà anche un errore, però mi sembra che tutti gli stati excortina di ferro sono nell’UE e nella Nato (DA GENNAIO 2014 ultima candidata all’UE è la Serbia…) e delle repubbliche europee ex sovietiche, tranne l’inossidabile Bielorussia, sono o stanno per entrare nell’EU….
Naturalmente stanno tutti sbagliando.
Talvolta maggioranza significa che tutti gli stupidi stanno dalla stessa parte.
Talvolta “raffinati “mots d’esprit nascondono il vuoto cosmico di saccenti senza idee.
La prego di non insultarmi infatti io non le ho dato del saccente senza idee ma vedo che Lei l’educazione di rispettare le idee altrui non la conosce.
Vede non stanno sbagliando è lei che sbaglia a fare informazione parziale, infatti la Serbia è vero che chiede di entrare nella EU ma ha stretto un accordo commerciale strettissimo con la russia con abbattimento di dazi doganali per entri creando un vasto mercato, che farà molto comoda alla EU come porta di ingresso e viceversa, quindi dia le informazioni complete.
Inoltre l’Ungheria paese della EU , aggiungo ed invaso dai russi ai tempi della guerra fredda, ha stretto accordi commerciali e di partnariato strettissimi con la Russia di Putin, (oddio cosa ho detto) , sopratutto nel campo energetico.
Bulgaria collabora con Italia Germania e Russia per la costruzione del south Stream quindi come vede è Lei che pensa che tutti odino la Russia e Putin solo perché li odia Lei.!!!!
Premetto che sono un europeista convinto nonostante le magagne, ma ora sta diventando una “cozza glia”di stati che ci “azzecca” una lingua cultura economia storia di un Estone con un Cipriota di un Bulgaro con un Maltese?
Ora si parla di Turchia, Israele etc ma ha senso?
Abbiamo fatto tanto per unire stati più o meno simili con storie e culture più o meno simili e adesso, senza razzismo, si vogliono far entrare paesi che nulla hanno a che fare con l’Europa …sembra che ormai il binomio EU NATO sia totale cioè se si fa parte della NATO si entra in europa e viceversa.
L’Europa non era nata con questo spirito mi spiace.
Ma forse perché l’Europa è fatta di estoni e ciprioti e bulgari e maltesi e… e tutti quelli che condividono una comune storia, cultura e tradizioni: se posso avere qualche dubbio su Turchia e Israele, per gli altri paesi europei dal Baltico al Mediterraneo, dall’Irlanda agli Urali non vedo quali limitazioni si possano porre.
Per quando riguarda la NATO vorrei far notare che fino all’altro ieri era un residuato della Guerra Fredda… Era tornato in auge con la crisi jugoslava, ma poi almeno per l’Europa sonnecchiava tarpatoda tagli delle spese militari sempre più consistenti.
Sta’ a vedere che adesso gli aggrediti sono i cattivi perché si difendono dall’aggressore….