UCRAINA: Bye bye Mrs.Timoshenko

di Matteo Zola

Yulia Timoshenko è sotto accusa per aver corrotto i giudici della Corte Costituzionale. Il caso risale al 2003 ma è stato frettolosamente chiuso nel 2005. Oggi che la Timoshenko ha perso ogni potere e influenza sulla vita pubblica ucraina, la Procura ha deciso di riaprire l’inchiesta.  Tira una brutta aria per l’ex premier ucraino, la “pasionaria” che incantò l’Occidente, la “principessa del gas” già accusata nel 2001 di aver stoccato enormi quantità di metano, facendo aumentare le tasse sulla risorsa. A tali accuse seguì l’arresto e il fulmineo rilascio, ma in quel periodo la strada per il potere si stava spianando e Yulia Timošenko approfittò del suo potere economico per tessere rapporti d’affari e relazioni personali con i politici più in vista degli anni Novanta, compreso lo stesso Presidente Kucma. Non mancò di avere stretti contati con la russa Gazprom, l’agenzia russa del gas metano, con cui invece inizierà una “guerra” nel decennio successivo quando si affermerà definitivamente come personaggio politico.

Oggi l’appeal politico di Yulia è ai minimi storici. Quando, dopo la vittoria di Yanukovich, chiamò il popolo in piazza a protestare furono solo duemila i manifestanti su  quattro milioni di abitanti di Kiev.  Ma la Timoshenko grida ancora al complotto, la Procura agirebbe su mandato di Yanukovich intenzionato a mandarla in prigione per levarsela di torno.

In Ucraina l’aria sta cambiando, e non solo perché la rivoluzione arancione ha lasciato il passo al governo filorusso di Yanukovich: “Da una parte comunisti nostalgici mettano Stalin su un piedistallo, cosa che ha fatto rabbrividire uno come Kuchma, mentre dall’altra i nazisti di ritorno facciano Bandera cittadino onorario – scrive Stefano Grazioli, giornalista di Limes, sul suo blog– cosa che i signori del Simon Wiesenthal Center, mica di una bocciofila rossa, non apprezzerebbero certo, visto la lettera di protesta scritta qualche mese fa quando Yushchenko fece del collaborazionista nazista un eroe nazionale”.

Già, perché se è vero che il filorussismo di Yanukovich sta consegnando il Paese in mano al Cremlino, è pur vero che il nazionalismo ucraino è figlio del collaborazionismo col nazismo durante la Seconda Guerra mondiale e nasce con la pulizia etnica a danno dei polacchi nelle provincie di Volinia e Galizia dal ’39 al ’43. E di quel nazionalismo la “rivoluzione arancione” è in parte erede. Se l’opinione pubblica occidentale ha applaudito la vittoria di Yushenko e Timoshenko, sei anni fa, lo ha fatto ignorando l’eredità storica del nazionalismo ucraino ma, soprattutto, la corruzione e l’ambiguità di una classe politica non migliore -seppur diversa- da quella attualmente al potere.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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