La lotta separatista che da tempo imperversa nelle regioni orientali dell’Ucraina, in particolare Donetsk e Lugansk, è ormai arrivata al centro dell’attenzione e della mediazione internazionale. Intanto Stati Uniti, Unione Europea e Russia discutono sul futuro di quest’area nel corso di telefonate, vertici e incontri internazionali, quasi come se si illudessero che le forze combattenti sul campo rispondessero direttamente a loro.
È forse così?
Se l’Unione Europea si dimostra sempre cauta nel prendere una posizione, specialmente se si intravvede il rischio di infastidire altre potenze come la Russia, quest’ultima sembra sempre più determinata a far valere il proprio status e i propri diritti a livello internazionale e, in particolar modo, nello spazio post-Sovietico, che ancora considera sua esclusiva area di influenza.
Tuttavia, dopo l’annessione della Crimea del 20 marzo scorso, la Federazione Russa sembra meno incline a una partecipazione diretta agli scontri, limitandosi a denunciare il ‘regime fascista’ di Kiev in discorsi ufficiali e attraverso le agenzie di stampa. Eppure, ultimamente, fra i separatisti filorussi sono comparsi anche dei soldati provenienti dalle repubbliche di Cecenia e Inguscezia, entrambe parte del russo Caucaso del Nord.
La triste fama della Cecenia
Questa regione è tristemente nota per le sanguinose guerre cecene del 1994-96 e 1999-2000, quando la piccola repubblica Nord Caucasica ha lottato strenuamente per la propria indipendenza da Mosca. I metodi usati all’epoca dagli indipendentisti – e tuttora presenti nelle tattiche di guerriglia dei movimenti più radicali – hanno contribuito a identificare i ceceni come combattenti sanguinari, indomiti, che non si fermano davanti a nulla. Questa reputazione è derivata anche dai vari attacchi terroristici perpetuati da signori della guerra e dai wahhabiti, gli estremisti arrivati da varie parti del mondo islamico per difendere la repubblica musulmana dai Russi infedeli. In seguito alle due guerre il Cremlino ha avuto la meglio, anche grazie al consistente supporto economico (80 bilioni di rubli, più di un miliardo e mezzo di euro nel 2010) e alla conquistata lealtà dei Kadyrov, precedente e attuale Presidente della Repubblica Cecena.
Ceceni in Ucraina
La presenza di dozzine (secondo il Financial Times) di combattenti ceceni fra le file dei militanti filorussi avvalorerebbe la tesi secondo cui la Russia stia operando direttamente sul luogo. Sia il presidente russo Vladimir Putin che Ramzan Kadyrov negano un mandato ufficiale, aggiungendo che se ci sono dei ceceni in Ucraina, essi vi sono andati di loro spontanea volontà come privati cittadini.
Non è, però, quello che emerge osservando gli scontri nell’autoproclamatasi Repubblica di Donetsk.
Alcuni gruppi sembra si facciano addirittura chiamare “Kadyrovtsy” e altri aggiungono che sia stato il Presidente ceceno a chiamarli alle armi. Insieme a loro sarebbero partiti anche sedici combattenti dall’Ossezia.
Queste milizie prendono parte attiva nelle operazioni militari dell’area, condividendone vittorie, sconfitte e ferite. Il sindaco di Donetsk, Alexander Lukyanchenko, ha dichiarato che l’operazione antiterroristica condotta dal governo ucraino avrebbe colpito anche otto cittadini russi residenti fra la Cecenia e Mosca. Inoltre, l’ospedale della capitale del Donbass ospiterebbe ancora dei feriti ceceni mentre le salme dei caduti sarebbero già state rimpatriate nel modo più silenzioso possibile.
Volontari o mercenari?
L’altro dubbio che rimane è se questi soldati vengano reclutati su base volontaria per difendere gli interessi della madrepatria (russa) o se si tratti di un vero e proprio reclutamento mercenario. I russi starebbero aiutando i separatisti attraverso finanziamenti, forniture di armi e l’invio di tecnici specializzati, sia a livello militare che organizzativo, come Alexander Borodai. Questi, formatosi a Mosca dove era editore del giornale di estrema destra Zavtra (domani) è diventato un consulente per i conflitti etnici. Dopo aver fornito le sue consulenze all’autonominatosi governatore della Crimea Sergey Aksyonov è stato designato Primo Ministro della Repubblica di Donetsk. Un’altra figura importante è Igor Girkik, nome di battaglia Strelkov, nato a Mosca e ora al comando delle operazioni a Sloviansk. Così in questa ingerenza rientrerebbero i contratti sottoscritti con i soldati ceceni, con una paga supposta secondo una (anonima) NGO cecena, di 350 dollari al giorno.
Tensioni multiple
I ceceni non sarebbero gli unici stranieri a combattere nell’est dell’Ucraina. Alcuni militanti serbi e un’intera un’unità di cosacchi dal sud della Russia sarebbero attivi.
Tuttavia, la presenza di nord-caucasici ha suscitato alcune preoccupazioni anche fra i locali. Proprio la loro reputazione sanguinaria e incline ad atti terroristici ne aliena la fiducia dei cittadini ucraini.
L’ambasciatore ucraino alle Nazioni Unite, Yuriy Sergeyev, ha chiesto chiarimenti al suo omologo russo riguardo le attività mercenarie finanziate dalla Federazione Russa nel Donbas, chiedendo se fossero presenti per combattere per l’unità dei popoli slavi o per difendere la Chiesa Ortodossa, ironia poco apprezzata da Mosca.
Intanto la tensione resta alta, con la decisione russa di sospendere nuovamente (ricordiamo le crisi del gas del 2006 e 2009) le forniture di gas all’Ucraina.
Foto: streetwrk.com