L’ennesimo scandalo sembra in procinto di scuotere ancora una volta il partito AKP di Erdoğan, che da mesi sta attraversando la fase più critica della sua storia. Questa volta ne sarebbe però coinvolto personalmente il premier, lasciando presagire pesanti conseguenze sul futuro dell’attuale governo turco.
Alle otto di mattina del 17 dicembre 2013, Recep Tayyip Erdoğan telefona al figlio Necmettin Bilal per avvertirlo che è in corso una grande operazione anti-corruzione, e alcuni dirigenti del suo partito ne sono pesantemente coinvolti. A preoccupare il premier turco più di ogni altra cosa è la possibilità di una perquisizione. Gli Erdoğan hanno infatti un piccolo segreto di famiglia: nascondono nelle loro diverse residenze un miliardo di dollari, di provenienza evidentemente illecita, che è necessario fare sparire al più presto. Inizialmente presi dal panico, padre e figlio riescono ad organizzare un piano piuttosto efficace e metterlo in pratica con successo. Coordinandosi per telefono e con l’aiuto del resto della famiglia, i due riescono a disfarsi sostanzialmente di tutto il denaro nell’arco della giornata, affidandolo a persone di fiducia o reinvestendolo.
Questo è quanto emerge da cinque intercettazioni telefoniche, di provenienza ancora da chiarire, diffuse su internet la sera del 24 febbraio. Se l’autenticità delle registrazioni dovesse venire confermata, si tratterebbe sicuramente della più grande bufera mai abbattutasi sul governo di Erdoğan in questi dieci anni. Soprattutto negli ultimi mesi l’AKP non è stato certamente risparmiato da scandali e polemiche di varia natura, ma sarebbe la prima volta che il premier e la sua famiglia vengono direttamente coinvolti, palesando un arricchimento personale illecito di proporzioni a dir poco scioccanti. Facile immaginarne le possibili conseguenze sull’elettorato dell’AKP, quel “partito bianco” (Ak Parti, proprio in riferimento all’onestà e all’integrità morale) che ha sempre fatto della lotta alla corruzione un cavallo di battaglia.
Le reazioni del mondo politico turco non si sono fatte particolarmente attendere. Erdoğan, denunciando ancora una volta un complotto nei suoi confronti, ha ovviamente dichiarato che le registrazioni sono un falso. D’altro canto, il principale partito di opposizione CHP invoca a gran voce le dimissioni del governo. Al di là di questi prevedibili schemi di contrapposizione politica, la questione centrale su cui si concentrerà l’opinione pubblica turca nei prossimi giorni concerne sostanzialmente l’autenticità delle intercettazioni: se questa dovesse venire confermata, allora la leadership di Erdoğan potrebbe venire messa radicalmente in discussione.
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