Il governo turco ha annunciato che organizzerà nel corso della prossima primavera un evento commemorativo per celebrare il centenario della Campagna di Gallipoli, una delle più importanti battaglie della Prima guerra mondiale che vide contrapporsi britannici e francesi agli ottomani, guidati dal generale Mustafa Kemal (non ancora Atatürk) e supportati dai tedeschi. La Campagna di Gallipoli, ideata dagli Alleati per strappare i Dardanelli agli ottomani al fine di occupare Costantinopoli e far capitolare l’Impero, si rivelò però un fallimento colossale per britannici e francesi, che dopo aver subito pesanti perdite vennero respinti dagli ottomani, e furono costretti alla ritirata.
L’evento, come confermato dalla stessa giunta di Çanakkale, la provincia turca che include la penisola di Gallipoli, si terrà tra il 23 e il 24 aprile. Secondo il quotidiano turco Hürriyet, il presidente Erdoğan avrebbe invitato alla manifestazione più di 100 capi di stato, tra i quali, e questa è la notizia, anche Serzh Sargsyan, il presidente dell’Armenia, paese con cui la Turchia non intrattiene di certo buoni rapporti. Secondo quanto ricordato da un funzionario governativo al quotidiano Hürriyet, turchi e armeni combatterono insieme quella battaglia, e per questo alla cerimonia sarebbe stato invitato anche Sargsyan. Il gesto, che a prima vista può apparire come un tentativo di riappacificazione tra Ankara e Yerevan dopo anni di scontri diplomatici, potrebbe invece essere stato pensato con un secondo fine preciso, così come la stessa data dell’organizzazione dell’evento lascia spazio a più di qualche perplessità.
Infatti il 24 aprile, giorno in cui in Turchia si celebrerà il centenario dell’inizio della Campagna di Gallipoli, non è un giorno qualsiasi per gli armeni. Il prossimo 24 aprile ricorrerà infatti un altro centenario, quello del genocidio armeno, pianificato e messo in atto proprio dai turchi ottomani. Il Medz Yeghern (Grande Male), come viene chiamato il genocidio dagli armeni, viene considerato a tutti gli effetti il primo genocidio del novecento, e in totale costò la vita a circa un milione e mezzo di persone. Lo sterminio ebbe inizio proprio nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915, quando in tutta Istanbul, allora capitale dell’Impero, si verificarono una serie di improvvisi rastrellamenti ai danni della popolazione armena. Obbligati a lasciare le loro abitazioni, gli armeni di tutto l’Impero vennero deportati verso la Mesopotamia attraverso vere e proprie marce della morte alle quali la maggior parte di essi non sopravvisse.
Inoltre, la data scelta dalla Turchia per commemorare il centenario della Campagna di Gallipoli fa discutere: lo sbarco delle truppe ANZAC (Australian and New Zealand Army Corps) nella penisola di Gallipoli, che diede di fatto il via alla campagna militare, non avvenne il 23 o il 24 aprile, ma bensì nelle prime ore del 25 aprile 1915; appare dunque strano che il governo turco abbia deciso di commemorare Gallipoli nei due giorni precedenti il vero e proprio centenario. Secondo alcuni dietro alla scelta della data ci potrebbe essere la volontà da parte del governo turco di sovrapporre la celebrazione del centenario della Campagna di Gallipoli proprio al ricordo del centesimo anniversario del genocidio armeno, per cercare di far passare quest’ultimo in secondo piano. Per chi sostiene questa tesi, il fatto di avere invitato oltre 100 capi di stato stranieri alla manifestazione confermerebbe la volontà di Erdoğan di voler tenere lontani gli occhi della comunità internazionale da Yerevan, dove il prossimo 24 aprile si svolgerà presso il Tsitsernakaberd (il memoriale del genocidio armeno) una solenne celebrazione a ricordo del centenario del Medz Yeghern, che verrà presumibilmente seguita da tutto il mondo.
Intanto Sargsyan ha risposto a Erdoğan, declinando l’invito e ricordando come la Turchia, prima di organizzare manifestazioni all’insegna della pace nel mondo, dovrebbe assumersi le responsabilità derivanti dal proprio passato, riconoscendo il genocidio armeno. Qualcuno ha però parlato di occasione persa, perché se Sargsyan si fosse recato il 24 aprile in Turchia, data e luogo di inizio del Medz Yeghern, avrebbe avuto comunque una storica occasione per commemorare le vittime del genocidio. A Istanbul si trova per esempio la stazione ferroviaria di Haydarpaşa, da dove il 24 aprile 1915 tutti gli intellettuali armeni della capitale vennero inviati in Anatolia per essere sterminati, dando di fatto il via al genocidio armeno. Commemorare il 24 aprile ad Haydarpaşa, il luogo dove iniziò tutto, non sarebbe stato probabilmente da meno che ricordare le vittime al Tsitsernakaberd di Yerevan, città che comunque venne risparmiata dalla tragedia in quanto non appartenente all’epoca all’Impero Ottomano.
Nell’ultimo periodo è sembrato che Turchia e Armenia potessero tentare un lento riavvicinamento, soprattutto dopo che il 24 aprile scorso Erdoğan commemorò per la prima volta le vittime del genocidio armeno. La verità è che però i due paesi sono ancora lontani dal poter normalizzare le proprie relazioni diplomatiche, normalizzazione che dovrà per forza passare anche attraverso la risoluzione della spinosa questione legata al riconoscimento del genocidio armeno. Ma su questo punto le parti sono ancora molto distanti.
Di seguito riportiamo il testo integrale della lettera di risposta che Sargsyan ha inviato al presidente turco.
Caro Sig. Presidente,
Ho ricevuto il suo invito a partecipare agli eventi commemorativi del centenario della Battaglia di Gallipoli.
In effetti, la Prima guerra mondiale è uno dei più orribili capitoli nella storia del genere umano, nel corso del quale milioni di vite innocenti andarono perse e molti destini furono distorti.
Un artigliere armeno, il Capitano Sargis Torosyan, prese parte alla Battaglia di Gallipoli. Egli si adoperò per la protezione e la sicurezza dell’Impero, che servì fedelmente, e per il suo eroismo venne premiato con gli onori militari dall’Impero Ottomano. Ma intanto, in quello stesso anno, i premeditati massacri su larga scala e le deportazioni forzate del popolo armeno da parte dell’Impero Ottomano raggiunsero il loro apice, e lo stesso Sargis Torosyan non venne risparmiato. I suoi genitori furono parte di quel milione e mezzo di vittime armene: furono uccisi brutalmente, mentre sua sorella morì nel deserto siriano.
Fu un massacro senza precedenti che ispirò Rafael Lemkin a coniare il termine “genocidio”, e fu l’impunità di quel crimine che preparò il terreno per l’Olocausto e i genocidi in Ruanda, Cambogia e Darfur.
Secondo lei, le battaglie di Gallipoli sono un particolare esempio di relazioni amichevoli non solo per la Turchia, ma per il mondo intero, e il campo di battaglia un monumento all’amaro patrimonio della guerra e un ricordo di pace e amicizia. Lasciando da parte l’importanza della famosa battaglia di Gallipoli o il controverso ruolo della Turchia nella Prima e nella Seconda guerra mondiale, è necessario ricordare che la pace e l’amicizia in primo luogo sono date dal coraggio di confrontarsi con il proprio passato, la giustizia storica include anche la memoria universale, che non deve essere selettiva ma riconosciuta pienamente.
Ahimè, la Turchia continua la sua tradizionale politica di negazionismo continuando a “perfezionare” la sua macchina di distorsione della storia. Quest’anno, per la prima volta, la Battaglia di Gallipoli verrà commemorata il 24 aprile, quando in realtà, iniziò il 18 marzo 1915, e continuò fino alla fine del gennaio 1916, e le forze alleate sbarcarono sulle coste di Gallipoli il 25 aprile. Quale scopo persegue tutto questo, se non distogliere l’attenzione della comunità internazionale dal 100° anniversario del genocidio armeno? Intanto, prima di avviare un evento commemorativo, la Turchia ha una responsabilità più grande nei confronti del suo stesso popolo e di tutta l’umanità – riconoscere e condannare il genocidio armeno.
Pertanto, vorrei consigliarle durante il suo appello per la pace nel mondo di non dimenticare di mandare un messaggio al mondo per riconoscere il genocidio armeno e onorare la memoria di un milione e mezzo di vittime innocenti. È dovere di ognuno di noi lasciare in eredità una storia priva di distorsioni alle generazioni future, e in questo modo evitare il ripetersi di crimini e preparare la strada per la riconciliazione e la cooperazione tra nazioni, in particolare quelle a noi vicine.
P.S. Sua Eccellenza, qualche mese fa, io le estesi un invito a venire a Yerevan per partecipare alle cerimonie di commemorazione per onorare la memoria delle vittime del genocidio armeno, il 24 aprile 2015. Non è accettabile per noi essere ospitati dal nostro ospite senza aver ricevuto prima una risposta all’invito esteso all’ospite stesso.
Foto: Esther Lee