Oggi su Il Foglio esce un articolo, a firma di Daniele Raineri, che aggiunge alcuni tasselli chiave allo scenario siriano. Secondo il giornalista del quotidiano diretto da Giuliano Ferrara, l’amministrazione Obama e la Cia del direttore David H. Petraeus avrebbero voltato le spalle ai ribelli siriani in guerra contro il governo di Bashar el Assad.
Scrive Raineri che “il 2 settembre il direttore della Cia è atterrato all’aeroporto Atatürk di Istanbul con un aereo privato per parlare ai servizi turchi, che sul dossier siriano sono i partner coinvolti più da vicino. Otto giorni dopo, il 10 settembre, altri funzionari della Cia ma di grado inferiore hanno partecipato a un incontro segreto ad Ankara con gli uomini degli altri quattro servizi segreti che appoggiano i ribelli. C’erano il Milli Istihbarat Teskilat (Mit) turco, la Dgse francese, la Direzione d’intelligence generale (in arabo: al Mukhabarat al Amah) dell’Arabia Saudita e l’intelligence militare del Qatar“.
Turchia, Francia, Arabia Saudita e Qatar. Gente che ha interessi in ballo. Come abbiamo più volte affermato i “ribelli” siriani sono in buona misura wahhabiti e salafiti, portatori di un Islam radicale promosso dal governo dell’Arabia Saudita che tende a realizzare un proprio disegno politico ed energetico. Disegno condiviso dall’emirato qatariota che, tramite la propria televisione di Stato, Al-Jazeera, ha dato al mondo immagini di massacri di civili e “ribelli” eroici. La Turchia mira alla creazione di un’area cuscinetto nella regione di Aleppo sulla quale amministrare una sorta di potestà, in previsione di un possibile smembramento della Siria. I francesi cercano con ogni mezzo nuovi canali di approvvigionamento energetico: l’hanno fatto in Libia, vogliono farlo in Siria, istituendo regimi “amici” disponibili a fare ampie concessioni alle compagnie di Stato transalpine.
Prosegue Raineri: “Turchi e francesi volevano l’imposizione di una no fly zone oltre il confine con la Siria e l’apertura di corridoi umanitari. La Cia si è opposta. I sauditi e il Qatar hanno proposto di rifornire i ribelli con armi controcarro e antiaeree, ma la Cia ha di nuovo detto no. Gli americani sono troppo preoccupati dalla possibilità che le armi possano cadere nelle mani dei gruppi filo al Qaida“. Come dicevamo in un altro articolo, il risultato delle elezioni americane dirà molto sui destini del conflitto siriano. E’ possibile che Obama scelga una via diplomatica, accordandosi con Putin (che dal canto suo non cessa di armare al-Assad) mentre Romney sembra d’altro avviso. Nel corso dell’ultimo dibattito televisivo pre-elettorale, Romney ha rispolverato retoriche da Guerra Fredda che non sembrano far pensare a una disponibilità di dialogo con il Cremlino. Che la Siria diventi il teatro di una guerra per interposta persona tra Russia, Stati Uniti e sauditi, sembra un’ipotesi poco allettante ma non del tutto inverosimile. Molto dipenderà dal nuovo inquilino della Casa Bianca.
Quel che le decisioni della Cia sembrano confermare è un sostanziale fallimento dell’amministrazione Obama in merito alla questione siriana. Il New York Times scrive che “secondo un diplomatico del Medio Oriente che lavora intensamente con la Cia, Petraeus ha tentato di selezionare e formare un’opposizione con cui sia possibile lavorare”, ma non c’è riuscito. L’errore più grande dell’amministrazione Obama è stato quello di credere nella rivolta (in principio pacifica) dell’opposizione ad al-Assad, una rivolta forse finanziata e sicuramente “favorita” da Washington. Una “rivoluzione” che, dopo i primi morti, è stata “scippata” dai salafiti e dai wahhabiti, inviati dall’Arabia Saudita, alleata non troppo fedele di Washington. Il rischio, quindi, è oggi quello di finanziare l’estremismo islamico finanziando la rivolta contro al-Assad. Un rischio da evitare. Anche se gli interessi americani nella regione, non da ultimo la destabilizzazione dell’Iran, non potranno essere accantonati. Ci sono dunque da attendersi sviluppi, forse un cambio di strategia?
L’interessante di questo articolo è che viene dal quotidiano diretto da Giuliano Ferrara, noto “asset” della CIA.
Il che fa pensare ad una precisa volontà di lanciare un messaggio.