SERBIA: Elezioni anticipate a marzo. Mentre Tadić spacca l'opposizione, Vučić fa il supereroe

Quella passata è stata una settimana di grande fermento politico in Serbia. Il Presidente della Repubblica, Tomislav Nikolić, ha infatti sciolto il parlamento e indetto nuove elezioni parlamentari, da tenersi il prossimo 16 marzo, in concomitanza con il voto per il nuovo sindaco di Belgrado dopo che a Dragan Đilas era stato dato il benservito lo scorso 18 novembre.

Dimostrazione di forza dell’attuale leadership

“Sono state soddisfatte le condizioni per delle elezioni corrette, democratiche e libere, dopo le quali otterremo un governo con più energia, voglia, entusiasmo, sollevato dai problemi che questo governo ha risolto ma irto di altri problemi che questo governo non ha ancora aggiustato”, queste le parole di Nikolić alla conferenza stampa del 29 gennaio.

L’impressione è che l’attuale governo voglia da un lato confermare il proprio ruolo di leadership per il paese, nel suo momento più delicato in vista dell’avanzamento del processo di negoziati con l’UE e con Pristina; e dall’altro lato traspare chiaramente l’intenzione di fare “piazza pulita” di coloro che non hanno soddisfatto le aspettative del governo.

In questo senso, va detto, il governo guidato da progressisti (SNS) e socialisti (SPS) potrà vantare di aver concluso l’accordo di aprile di Bruxelles sullo status del Kosovo, tra i primi ministri Ivica Dačić e Hasim Thaçi; e di avere fissato l’obiettivo di entrare entro il 2020 nell’UE nel corso della visita di due settimana fa a Belgrado del commissario UE per le politiche di allargamento e vicinato, Štefan Füle

Ciononostante, uno dei principali obiettivi di Aleksandar Vučić (SNS), figura chiave della politica serba odierna, è quello di consolidare la propria posizione, finora relegata al ruolo di “primo vicepresidente del governo”. È chiaro infatti che Vučić vuole ottenere un ruolo non più da vice, e per farlo ha consolidato la propria forza attraverso politiche anti-corruzione e sbarazzandosi di membri del governo inefficienti. Il rimpasto di governo di quest’estate aveva appunto questo obiettivo. Inoltre, la settimana scorsa, prima ancora che Nikolić sciogliesse il parlamento, il ministro dell’economia Saša Radulović aveva rassegnato le dimissioni, in quanto nei suoi confronti erano state lanciate accuse da più partiti per “incapacità governativa” e per essere stato “un freno alle riforme”, come lo ha definito lo stesso Vučić, nonostante fosse stato proprio lui a offrirgli il ministero nell’estate 2013.

Tadic lascia il Partito Democratico

Allo stesso tempo, l’opposizione guidata dal Partito Democratico (DS) sembra più frammentata che mai, e Boris Tadić ha deciso di lasciare i DS dopo 24 anni di militanza. Tadić, il quale dopo le ultime elezioni perse nel 2012 era presidente onorario del partito, ha motivato la sua scelta in virtù di dissidi interni tra i membri del partito, e in particolare con l’ex primo cittadino della capitale Dragan Đilas. Il motivo che ha portato alla rottura definitiva tra le due correnti DS è l’accordo per una coalizione tra i Democratici, guidati da Đilas, e la Nova stranka (Partito nuovo) dell’ex premier Zoran Živković, che a sua volta accusa Tadić di essere una marionetta nelle mani di Vučić e degli altri progressisti. Secondo Tadić, fare una coalizione con Živković significherebbe allearsi con chi ha infangato la reputazione dei Democratici, consacrandone l’epiteto di partito corrotto e affarista. Ad ogni modo, il nuovo progetto politico dell’ex presidente serbo è quello di un Nuovo Partito Democratico (anche se non esiste ancora pare verosimile questa nuova denominazione), che attrarrà molti membri dei DS ed entrerà in coalizione con altri partiti, tra cui LSV (Lega dei socialdemocratici di Vojvodina) e Zajedno za Srbiju (Insieme per la Serbia). La nuova coalizione parteciperà alle elezioni col nome di “Alleanza democratica per una Serbia moderna”.

Nel frattempo, mentre l’opposizione si sfalda e si ricostruisce, la maggioranza “progressista” ha iniziato la propria campagna elettorale, con tanto di strumentalizzazioni politiche e azioni populiste. La tempesta di vento e neve che ha colpito la Vojvodina nello scorso fine settimana ha bloccato il traffico nell’intera regione, creando disagi ad automobilisti e viaggiatori che sono rimasti bloccati nella tempesta fino a 14 ore. Per risolvere la situazione è stato necessario l’intervento dell’esercito, con tanto di carri ed elicotteri. A coordinare le operazione di messa in sicurezza delle persone intrappolate nelle vetture, Aleksandar Vučić in persona. Il primo vicepresidente, in compagnia del campione di tennis Novak Djoković, si è recato personalmente sul posto, assicurandosi ovviamente di essere accompagnato da una equipe della tv di stato, che lo ha ripreso mentre personalmente porta in braccio un bambino appena estratto da un automobile.

Questo gesto, che ha scatenato la satira sul web, è la dimostrazione che la scena politica serba sarà contraddistinta, per un’altra legislatura ancora, dalla figura di un leader solo al potere e la cui popolarità dipenderà in gran parte dall’incapacità dell’opposizione di sapersi riformare.

Foto: teleprompter.rs

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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