Manifesto elettorale del Sindacato "Miniera futura" che invita a votare Sì

ROMANIA: Referendum su Roşia Montană non raggiunge il quorum

Il 9 dicembre in Romania non si è votato solamente per la formazione del nuovo parlamento ma in alcuni comuni della regione di Alba (nella Transilvania centrale) si è votato un referendum sullo sfruttamento dei monti Apuseni e la riapertura della miniera di Roşia Montană. Sui rischi connessi alla riapertura di questa miniera legati all’utilizzo del cianuro nell‘estrazione dell’oro e sul movimento contro tale progetto eastjournal ha dedicato numerosi articoli di approfondimento.
Dei 72.000 cittadini chiamati alle urne solamente il 43,20% ha partecipato alle votazioni invalidando in questa maniera il referendum che necessitava di un’affluenza pari alla metà più uno degli aventi diritto al voto. Nei 35 comuni in cui si è votato hanno prevalso nettamente i favorevoli al progetto di riapertura con il 62%, mentre i contrari si sono fermati al 36%. Il mancato raggiungimento del quorum rimanda le decisioni al futuro governo romeno, ma i movimenti pro e contro hanno già dichiarato che bisognerà tenere conto dei risultati. I sostenitori della miniera, fra i quali il più attivo è stato il sindacato “Miniera futura”, invocano il trionfo dei Sì e quindi in sostanza l’avallo dei cittadini che si sono recati alle urne, mentre i movimenti ambientalisti, che si erano dichiarati per l’astensione, evidenziano come fra l’elettorato totale poco poco più di un quarto della popolazione si sia dichiarata favorevole. Le associazioni per il No attaccano le modalità e le forme con cui si è svolto il referendum. Criticano la mancanza di tempo per organizzare una campagna di informazione (il referendum è stato ufficializzato il 29 novembre), pongono dubbi sulla regolarità del voto in alcune sezioni e sottolineano in particolare la disparità di forze e la mancanza di par condicio. Anche gli osservatori più distratti si sono resi conto della macchina da guerra messa in campo dalla multinazionale canadese RMGC, proprietaria della miniera. Pubblicità a dir poco invasiva nelle televisioni, su internet, nei giornali invitava gli elettori a votare sì al referendum per dare lavoro e sviluppo economico alla regione. La campagna per il Sì è iniziata già nel 2011 e non ha avuto praticamente sosta fino al giorno del voto. Si stima che la RMGC abbia speso solo nei primi 6 mesi del 2011 1,04 milioni di euro per l’acquisizione di spazi pubblicitari, una spesa equivalente a quella della compagnia di supermarket Carrefour. Da questi dati si evince come l’interesse economico per questa miniera sia enorme ed abbia pesato fortemente su una società romena impoverita dalla crisi economica.
I movimenti contrari seppur non potendo esultare per il risultato si dicono soddisfatti del mancato raggiungimento del quorum e puntano il dito contro i promotori del referendum, i consiglieri regionali di Alba, accusati di aver speso denaro pubblico per l’organizzazione di un evento che aveva come unico scopo quello di spianare la strada alla compagnia di estrazione.
Ora la decisione sulla riapertura della miniera spetterà al nuovo governo che si insedierà a Bucareşt. Durante la campagna elettorale Ponta ha preferito evitare l’argomento riservandosi di decidere successivamente. Questa votazione ha però evidenziato ancora una volta come il rapporto tra interessi economici e lavoro da una parte e l’ambiente dall’altra sia estremamente delicato, ed in ultima istanza a favore dei primi. La crisi economica che sta vivendo l’Europa potrebbe e dovrebbe essere un incentivo alla ricerca di forme di lavoro eco-compatibili ma purtroppo stiamo assistendo al contrario, ovvero le difficoltà economiche e quindi la necessità di fare cassa sono diventate una scusa per violare alcuni minimi livelli di tutela ambientale.

Chi è Aron Coceancig

nato a Cormons-Krmin (GO) nel 1981. Nel 2014 ho conseguito all'Università di Modena e Reggio Emilia il Ph.D. in Storia dell'Europa orientale. In particolare mi interesso di minoranze e storia dell'Europa centrale. Collaboro con il Centro Studi Adria-Danubia e l'Istituto per gli incontri Culturali Mitteleuropei.

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