Il primo ministro e le sue donne, i servizi segreti, le intercettazioni illegali, la retata della polizia nella sede del governo, le dimissioni: questi i tratti salienti di uno scandalo che sta scuotendo la Repubblica Ceca da due settimane. All’ombra del castello di Praga è andata in scena una vicenda farsesca e tragica insieme che ha un protagonista assoluto, Peter Necas, primo ministro boemo dal 2010 e leader del partito conservatore Ods.
La bionda e le spie
Necas ha annunciato le sue dimissioni il 17 giugno scorso a seguito di un’indagine sull’uso di intercettazioni telefoniche illecite. Tali intercettazioni sarebbero state ordinate dal suo capo di gabinetto, la bionda Jana Nagyova, con cui il primo ministro ha una relazione. Proprio la Nagyova avrebbe ordinato ai servizi segreti militari di spiare la moglie del primo ministro, Radka, forse allo scopo di favorire la rottura del matrimonio.
Ma ben più rilevante è il ruolo della Nagyona, descritta dai media boemi come una eminenza grigia nelle cui mani si concentrava molto (troppo) potere: per gli inquirenti ha ricoperto un ruolo chiave nelle dimissioni forzate dell’ex ministro dell’agricoltura, Ivan Fuksa, colpevole di essere contrario alle politiche di austerità introdotte da Necas. Anche il deputato dell’Ods, Peter Tluchor, contrario all’austerità, avrebbe rassegnato le dimissioni dopo le pressioni ricevute dalla Nagyova. I due, però, in cambio hanno ottenuto importanti ruoli dirigenziali in aziende private “amiche” del primo ministro. Gli inquirenti accusano la Nagyova di appalti fraudolenti, corruzione politica e l’aver fatto spiare illecitamente delle persone. Secondo la polizia la Nagyova disponeva di un potere illimitato e godeva della fiducia assoluta del premier con il quale collabora dal 2006.
Il blitz della polizia nella sede del governo
Necas in un primo momento ha cercato di resistere, ma nella notte del 16 giugno scorso la polizia anticrimine ha fatto irruzione (con circa 400 agenti) negli uffici del governo, sequestrando decine di chilogrammi d’oro, circa 6 milioni di euro, nonché documenti rilevanti per le indagini. Sette esponenti del governo di Peter Necas sono stati tratti in arresto. A seguito di questo blitz il primo ministro ha rassegnato le dimissioni.
Un nuovo governo, tecnico
Si è così aperta una fase convulsa. Il presidente della repubblica, Milos Zeman, ha lavorato per costituire un governo ad interim, composto da tecnici mentre l’opposizione socialdemocratica, forte dei sondaggi che la danno in netto vantaggio, ha chiesto a gran voce il voto anticipato. Tuttavia, nella giornata del 26 giugno, Zeman ha dato all’economista Jiri Rusnok, già ministro delle finanze proprio di un governo Zeman, di formare il governo provvisorio dei tecnici. Rusnok, esponente del partito social-democratico, ha ora trenta giorni per ottenere la fiducia del parlamento formando un governo che traghetti il paese alle elezioni del giugno 2014.
La vicenda ha scosso la Repubblica Ceca, abituata all’instabilità politica, e ha mostrato il livello di corruzione e debolezza della politica boema. Accanto alle corruttele, questa vicenda a tinte rosa ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica in un paese fiaccato dalle misure di austerità. Nei resoconti della stampa ceca non sono mancati i particolari boccacceschi sul rapporto tra la Nagyova e Necas. Ora sono arrivati entrambi al capolinea.
Vicenda molto interessante.
Da notare poi che, per come si sta gestendo adesso il periodo di transizione, sembra di assistere a una versione ceca di quello che è avvenuto in Italia nel novembre 2011.