La nuova Carta magiara risveglia gli incubi del passato nazista e comunista
da Il Corriere della Sera
L’Europa a poco a poco sta diventando di nuovo un ricettacolo di fantasmi. Fantasmi nuovi e vecchi si aggirano per le nostre città, nelle nostre strade, nelle nostre case. E anche nella nostra mente. Chi avrebbe creduto, fino a quindici, vent’anni fa di sentir risuonare vecchie marce che incitano all’odio, parole d’ordine che toccano i toni del forsennato razzismo, del becero disprezzo per gli altri, per chi non siamo noi? Chi noi? I membri della nostra Nazione, della nostra Regione, città, del nostro quartiere, pianerottolo.Non abbiamo forse visto un bambino ucciso perché appartenente a una famiglia troppo rumorosa?
C’è una tendenza a esaltare tutte le forme di egoismo. Tutto questo succede nel nostro Paese, sul nostro Continente. Su quel Continente, sul quale duemilacinquecento anni fa è nata la democrazia. E anche se certi slogan che risuonano oggi in Ungheria come in Finlandia, simili a quelli di alcuni nostri partiti, che incitano al volgare disprezzo (föra di bal) possono suonare soltanto come battute elettorali, pure fanno sorgere dalla terra, dai soffitti delle case, dagli scantinati, vecchi fantasmi macabri, fantasmi di morte.
In Ungheria come da noi. Chi, come me, in questi Paesi, ha visto la propria famiglia sterminata dai nazisti tedeschi e anche da quelli casalinghi, a sentire il vocìo di questi fantasmi, non può restare indifferente. Le sfilate di guardie nazionaliste, le mezze frasi antisemite buttate lì mettono paura. C’è un partito che ha il 18% dei voti, che basa i suoi programmi su atteggiamenti di questo tipo. Un mio amico ha preferito trasferirsi a Berlino. Un altro in Israele. Nei Paesi dell’Europa centrale questi fantasmi si infilano dappertutto nelle case, come i famosi «Poltergeist», delle favole e dei film d’orrore.
E ora nella civilissima Ungheria, nel Paese di dieci milioni di abitanti che può annoverare dieci premi Nobel tra scienziati e scrittori, che ha dato i natali all’inventore dei computer, ai più grandi musicisti del secolo passato come Liszt, Bartòk o Ligeti o Kurtàg, a insigni psichiatri e medici, nelle pieghe della nuova Costituzione varata in questi giorni dal Parlamento con i due terzi dei voti, si insinuano le figure di questi fantasmi. La costituzione abolisce il nome di Repubblica Ungherese e conferisce quello di Paese Magiaro. (Magyarorszàg). Questo forse per ammonire certe minoranze tra le quali zingari e ebrei? Quella Costituzione è stata varata e progettata da un solo partito di nome Fidesz. La sinistra si è ritirata dall’aula, al momento della votazione. Ma i due terzi erano della Fidesz.
Molti articoli vincolano i voti a venire ai due terzi della maggioranza. Quindi chissà quanto peseranno sulla politica ungherese del futuro. I fondi delle pensioni sono proprietà dello stato. Le tasse (16%) sono uguali per tutti per i ricchi e per i poveri. C’è una legge che inficia pesantemente la libertà dei mezzi di comunicazione. Tutto però entro un limite ambiguo e non sempre identificabile. Durante la conversazione con un vecchio amico avvocato civilista domando come la gente prende tutto questo. «Con indifferenza. Sì, la settimana scorsa ci sono state quattro manifestazioni, ma il resto è: indifferenza». Come sappiamo l’indifferenza è un morbo terribile. Può condurre a disastri. È possibile che il Paese in cui sono cresciuto, dove ho imparato ad amare la letteratura, la musica, dove tutti i bambini sapevano (e molti sanno ancora) suonare qualche strumento, dove avevo appreso e poi divulgato l’amore per l’Italia, è possibile che queste disgustose figure prendano vita di nuovo?
«Il 57% degli ungheresi dichiarano che avrebbero preferito il referendum a questa sorta di appropriazione», mi dice un amico scrittore. «Ma si vede che dormono. Se ne accorgeranno al risveglio». Molti chiamano la Costituzione ungherese Costituzione di Pasqua. Sarà firmata dal presidente infatti lunedì. La Resurrezione dunque. Resurrezione della grande Ungheria (mire territoriali?). Ma torniamo all’amore per l’Italia. A dire il vero molti affermano a Budapest che i consiglieri per la comunicazione del premier ungherese siano gli stessi del Primo Ministro italiano. Populismo dunque? Sì, c’è la promessa di un milione di nuovi posti di lavoro. Non abbiamo sentito per caso questa stessa frase qui da noi?
Il lavoro secondo la Nuova Costituzione sarà obbligatorio per tutti (come sotto il regime di Stalin). Questo pare soddisfare coloro che affermano che i rom non amano il lavoro. E per questo, se è il caso, vanno puniti. Da parte mia questo mi riporta a sessant’anni fa, quando, terminato il liceo davvero brillantemente, mi vidi negata la possibilità di accedere agli studi universitari. Non ero figlio di operai, nè di contadini poveri. Ma di un poverissimo piccolissimo borghese: autore di cruciverba, panettiere, garzone cartolaio, calciatore. Io andai a lavorare come panettiere. Poi venne il ’56 e la rivolta. Cosa contrapporre allora oggi ai pericolosi fantasmi del passato?
Il sogno dell’Europa, per esempio. (La nuova costituzione ungherese decreta che la moneta ufficiale è il fiorino. Niente euro, dunque. Due terzi dei voti per abolire questo). Il sogno dell’Europa, senza mire di supremazia per puro populismo, per puro egoismo, pura indomabile, inesauribile avidità di ricchezza. Gli esempi positivi ci sono. (Guardiamo al nord). E se non ci fossero, bisognerebbe inventarli. Inventare è una delle principali facoltà degli esseri umani.
Foto: Presseurop