Da VARSAVIA – Dopo la nomina di Bruxelles, dove il carismatico premier polacco Donald Tusk è stato nominato nuovo Presidente del Consiglio europeo, succedendo al lussemburghese Van Rompuy, lo scettro del potere a Varsavia passa ad Ewa Kopacz, 57 anni, nominata a inizio settembre e già presidente del Sejm, la camera bassa del parlamento polacco.
La nuova premier, che precedentemente ha ricoperto anche la carica di ministro della Sanità ed ha esercitato per anni la professione medica come pediatra, ha il compito difficilissimo di ridare fiducia a Platforma Obywatelska (Piattaforma Civica, PO), il partito di governo fortemente in crisi tra divisioni interne, che sconta nel consenso anche la permanenza al potere per ormai sette anni. La vittoria alle urne appare come una sfida in salita, ma non impossibile, ma un nuovo governo se da un lato può ridare linfa vitale al paese d’altra parte rappresenta un’incognita rischiosa.
Gli scettici sono molti anche nella stessa PO e nella sua base elettorale, che non sembra aver apprezzato le prime nomine del governo. Non mancano le critiche alla stessa premier, tacciata di scarso carisma e decisionismo. Tra le scelte più discusse sui nuovi dicasteri vi è quella degli esteri, affidato a Grzegorz Schetyna, politico di primo piano ma poco adatto ad un ruolo simile. Già speaker del Sejm e ministro dell’interno, Schetyna parrebbe avere poca dimestichezza con lo scenario internazionale – persino la madre del nuovo capo della diplomazia polacca, intervistata dalla stampa locale, avrebbe dichiarato perplessità sull’incarico. La scelta di Kopacz è stata in parte spiegata come una manovra di partito, volta ad assicurarsi la fiducia di uno dei più autorevoli membri del partito e capo di una corrente, spesso indicato come un diretto rivale della neopremier, attraverso un ruolo di prim’ordine.
Dopotutto, nonostante il momento davvero delicato per la politica estera polacca con la crisi Ucraina aperta e insoluta, il nuovo governo sembra mirare a concentrarsi maggiormente su affari interni, proprio per arrivare con risultati concreti alla competizione elettorale tra un anno.
Inoltre, la scelta di un profilo di politica estera più basso potrebbe essere ben accolta a Bruxelles: un ministro degli Esteri meno carismatico e più “di partito” potrebbe sicuramente portare a posizioni più caute per la Polonia, più vicine a quelle ufficiali dell’Unione e meno di “rottura” rispetto ai paesi dell’Europa occidentale, sulla posizione da tenere riguardo alla crisi.
L’ex capo della diplomazia polacca Radosław Sikorski, celebre per una linea di politica molto dura e recentemente candidato ad alto rappresentante prima della nomina di Federica Mogherini è stato relegato a sua volta a un ruolo di altissimo prestigio ma politicamente meno divisivo, andando a sostituire proprio Kopacz come presidente della camera.
Proprio sulla politica estera, nel discorso con cui oggi (1 ottobre) ha chiesto ed ottenuto la fiducia del parlamento, Kopacz promette un approccio ‘pragmatico’ all’Ucraina, nonostante dichiari di non accettare alcun tipo di modifica dei confini in Europa ottenuti con la forza, condannando quindi una replica di ciò che successe la primavera scorsa in Crimea. Le premesse sembrano indicare quindi una politica estera meno attiva, da parte del paese che sicuramente si è dimostrato il più ostinato nella denuncia dell’aggressione Russa in Ucraina e sostenitore delle proteste di Majdan prima, e dell’Ucraina di Poroshenko poi.
Pare così che Varsavia abbia scelto di smorzare i toni sul tema della sicurezza connessa al vicino orientale: il nuovo premier dichiara che in questa “sfida” la Polonia non è sola, avendo dietro l’Unione Europea e la NATO. Non conviene quindi dividere le posizioni dell’occidente, e tantomeno isolare il paese dandosi obbiettivi di politica estera inarrivabili: “il sostegno dei polacchi per un’Ucraina ‘più Europea’ non può prendere il posto degli ucraini, che hanno il dovere di forgiare il futuro del proprio paese”.
Riguardo alle questioni di sicurezza, Kopacz dichiara che farà il possibile per aumentare l’impegno e le forze americane sul territorio polacco, affermazione che rimanda molto a una delle ultime vicende legate al ministro Sikorski, quando dichiarò, in una conversazione privata destinata a dar scandalo, l’inutilità dell’alleanza con gli USA.
Quanto alle politiche europee, Kopacz rivendica la necessità di lavorare per un strategia comune più efficace e solidale in materia di energia, in vista di una maggiore diversificazione degli approvvigionamenti (specialmente per quanto riguarda il gas russo). Il realismo in materia non si ferma neanche davanti al progetto di riduzione delle emissioni dei gas serra: il nuovo governo, in linea coi suoi predecessori rifiuta gli obiettivi europei, ritenendoli troppo ambiziosi e costosi per il proprio paese.
Nonostante tutto la partita di Kopacz si gioca soprattutto sulla politica interna, come è emerso chiaramente dal discorso di insediamento e dalle indiscrezioni trapelate nelle scorse settimane. A questo proposito, Kopacz ha mantenuto un approccio di cauta apertura all’ipotesi di adozione dell’euro da parte della Polonia, rassicurando l’elettorato sulla necessità di provare prima di tutto una stabilizzazione dell’eurozona. Kopacz ha poi promesso nuovi investimenti nell’istruzione e nella previdenza sociale, ipotizzando una maggiore spesa pubblica nel welfare, con misure che sicuramente mirano ad ampliare il consenso e la fiducia dei polacchi nelle istituzioni. Al centro di una politica fiscale espansiva c’è soprattutto la famiglia e la donna, con il raddoppiamento dei fondi agli asili nido, la creazione di nursery nei luoghi di lavoro, l’eliminazione del cibo spazzatura nelle mense scolastiche, libri di testo gratuiti per i primi due cicli di istruzione e nuovi centri di assistenza agli anziani. Occorrono dunque risorse economiche ingenti, che Mateusz Szczurek, ministro delle finanze al governo già da un anno, ha precisato verranno raggranellati da risparmi su altri fronti, precisando solo che non si intende ricorrere a un aumento del debito.
Riuscirà la nuova premier, seconda donna a ricoprire la carica dopo Hanna Suchocka (che guidò il paese nei turbolenti primi anni novanta) a ridare fiducia a un elettorato stanco e annoiato, per lo più indifferente davanti alle “solite” proposte dei “soliti” politici?
In un paese che (come quasi tutti i membri più orientali dell’UE ) registra un affluenza estremamente bassa alle urne, la cittadinanza europeista e giovane che ha beneficiato delle accresciute opportunità di viaggio all’estero e del miracolo economico stenta a far sentire la sua voce, se non altro dal punto di vista elettorale.
Il rallentamento della crescita economica, il susseguirsi di scandali architettati ad hoc da stampa e opposizione politica sembrano aver fatto perdere la fiducia in un governo comunque molto apprezzato a Bruxelles. L’altra faccia della medaglia è l’intensificarsi dell’appoggio alla destra più intransigente e dell’insofferenza verso un’Unione Europea cui si risponde con un peculiare sciovinismo, che combina nazionalismo e religione. La forza radicale di Jan Palikot, che nel 2011 si attestò al 10% facendo presagire una possibile rinascita della sinistra polacca pare dissolta nel nulla e l’unico barlume di novità sembra giungere proprio dalla destra conservatrice di Jaroslaw Kaczynski e Jan Korwin-Mikke.
A Kaczynski in particolare, Kopacz ha fatto appello per avviare una pacificazione dello scenario politico polacco, dopo la fortissima polarizzazione che divide i due maggioritari partiti di centrodestra dell’arco costituzionale polacco, chiedendo di porre fine a ostilità personali e rompere il ciclo dell’odio che aleggia sulla politica polacca, alludendo alla tragedia aerea di Smolensk, una questione mai sopita che Kaczynski ha spesso accusato il governo Tusk di coprire.
Foto: scigacz.pl