MACEDONIA: Una questione di legittimità

di Vladimir Gligorov (trad. Gianluca Samà)

Quali sono i motivi per cui la crisi in Macedonia dura da così tanto tempo? Perché esistono questioni sulla legittimità del governo? La coalizione di governo formata dai conservatori del VMRO-DPMNE e dal BDI (principale partito albanese di Macedonia, ndt), a parte piccole modifiche nella composizione, è al potere dal 2006. Il BDI, che dopo la guerra civile del 2001 è emerso come il partito più votato dalla maggior parte degli albanesi, è al governo dal 2002 – inizialmente con i socialdemocratici del SDSM, fino alla loro sconfitta elettorale nel 2006. Da quel momento ci sono state tre elezioni anticipate: nel 2008, nel 2011 e nel 2014, alcune più combattute, altre no. Il VMRO-DPMNE è uscito vittorioso grazie ai voti dei macedoni e il BDI grazie a quelli degli albanesi in tutte e tre le elezioni. Per questo motivo la legittimità della coalizione di governo è stata ripetutamente testata e, apparentemente, confermata dai risultati elettorali.

Le ragioni principali della crisi

A ogni modo le ragioni di una persistente insoddisfazione permangono. Le principali sono: il controllo dei media e un crescente senso di esclusione di una larga parte dell’opinione pubblica, il crescente nazionalismo e l’intimidazione ideologica (che ha come bersaglio il partito socialdemocratico, cioè gli ex comunisti), la corruzione e il controllo esercitato dal partito di governo sulle risorse e sull’occupazione, e il fatto che non sono stati fatti progressi per l’integrazione del Paese nell’UE e nella NATO.

Queste rimostranze non sono state alimentate dal peggioramento dello sviluppo economico, così come accaduto in altri casi, dal momento che la Macedonia ha registrato risultati migliori rispetto alla maggior parte dei Paesi dell’area durante questi ultimi sei anni di crisi, e lo stesso si può dire per le prospettive economiche di medio termine. Skopje ha registrato risultati migliori degli altri Paesi della regione, in base ai report annuali dell’Unione Europea, anche per quanto riguarda lo sviluppo delle istituzioni, per cui ha ricevuto anche punteggi positivi negli indicatori delle agenzie di rating per quanto riguarda il clima propizio agli investimenti.Va detto, la Macedonia resta un paese estremamente povero (circa 4.000 euro il PIL pro capite annuo, 9.900 a parità di poteri d’acquisto – l’Italia è sui 30.000, ndr) e con un alto livello di disoccupazione (circa il 28% della popolazione attiva).

Quindi questa è unicamente una crisi di legittimità. Le ripetute elezioni anticipate hanno evitato che esplodesse e, nonostante l’opposizione abbia sempre denunciato brogli, prove schiaccianti non sono mai uscite fuori. Che è quando uno scandalo aiuta, come in questo caso. Dopo le elezioni dell’ultimo anno, in cui la coalizione governativa ha vinto in maniera schiacciante (poco meno del 60% contro il 30% dell’opposizione), l’opposizione ha denunciato brogli elettorali e ha rifiutato di prendere posto all’interno del Parlamento. Successivamente l’opposizione è venuta in possesso di registrazioni di conversazioni tra membri del partito VMRO e del governo che provano quanto siano diffuse la frode, la corruzione e altre attività criminali nel partito di governo, nel primo ministro e in altri ministri del governo. Questo ha innescato la crisi di legittimità che è ora visibile nelle manifestazioni di piazza.

Gli scontri violenti mancano di motivazioni politiche

Apparentemente sconnessi da questi sviluppi, sono da poco avvenuti due violenti incidenti che hanno coinvolto il cosiddetto Esercito di liberazione nazionale (UÇK – Ushtria Çlirimtare Kombëtare / ONA – Osloboditelna Nacionalna Armija ndr) e le forze di polizia: il più drammatico dei due nella città di Kumanovo (situata al confine fra Macedonia, Serbia e Kosovo) nei primi giorni di maggio. Otto poliziotti e dieci uomini armati sono morti nella sparatoria. Sebbene l’UCK abbia confermato la propria responsabilità nell’attacco, non è così chiaro ciò che è realmente accaduto. La ragione sta nella mancanza di motivazioni politiche chiare nell’azione di questo gruppo armato che, a quanto si dice, proverrebbe dal Kosovo. Ci sono anche altre questioni irrisolte nei riguardi dell’azione della polizia, le quali hanno portato alle dimissioni del ministro degli interni e del capo dei servizi, nonostante essi stessi stessero per prendere questa decisione a causa della scoperta delle loro azioni avvenuta grazie alle registrazioni telefoniche.

La mancanza di rivendicazioni politiche nelle azioni del gruppo armato è importante se vista in prospettiva degli eventi del 2001. La guerra civile di dieci anni fa fu pubblicamente motivata dalla domanda di riforme costituzionali che avrebbero dovuto conferire maggiore autonomia alla minoranza albanese (il 25% della popolazione circa). Il conflitto cessò con l’accordo costituzionale di Ocrida. In questo periodo non c’è nulla di simile, né sono state fatte richieste politiche come allora. Nonostante ci siano state espressioni di dissenso che hanno richiesto l’uso della forza da parte della polizia, che ha portato a un diffuso senso di rimorso per le vittime di entrambe le parti, nessun partito dell’Albania e del Kosovo hanno espresso sostegno per l’azione. Entrambi hanno infatti espresso il loro impegno per il mantenimento della stabilità della Macedonia, e per il completo adempimento degli Accordi di Ocrida.

Diventa quindi chiaro come sia negli interessi di tutti andare a fondo nella vicenda degli incidenti di Kumanovo. Se questa sia una sfida alla legittimità delle politiche dei principali partiti albanesi, fra tutti il BDI, è difficile dirlo. Alcune dichiarazioni dell’UCK sembrano procedere in tal senso, ma il valore di esse è ancora da valutare. In ogni caso il partito albanese d’opposizione, il DPSH, ha partecipato alle proteste contro il governo e in particolare nell’ultima enorme manifestazione del 17 maggio. Quindi, almeno per ora, la questione principale è la crisi di legittimità, la quale trascende le linee di demarcazione etnica, a differenza di quanto lo scoppio di un conflitto inter-etnico potesse essere la volontà dell’UCK nello scatenare le proprie azioni a Kumanovo. Tuttavia queste affermazioni vanno prese con le pinze, dal momento che resta in sospeso una scrupolosa inchiesta richiesta dall’opinione pubblica e dagli attori internazionali come ad esempio l’Unione Europea.

Probabili elezioni anticipate 

Come si può risolvere la crisi? La risoluzione dipende in parte dal sostegno al governo, particolare non insignificante. Le crisi di legittimità si risolvono con la caduta del governo, quando la distinzione fra “noi e loro”, dove “loro” diventa governo e “noi” diventa società, è ben radicata. Questo non è lo stato delle cose in Macedonia.

L’opposizione ha richiesto il passaggio ad un governo tecnico che possa indire elezioni anticipate, libere e corrette. Il governo non è pronto ad accettare tutto ciò, e il risultato dipenderà in larga parte dal supporto di massa che sarà in grado di mobilitare nelle manifestazioni organizzate per il 18 maggio. Probabilmente questa gara a chi porta più persone nelle piazze continuerà fino a che non si giungerà a un qualche accordo. Questo includerà sicuramente elezioni anticipate, possibilmente concordate dai partiti con l’aiuto di alcuni mediatori internazionali, dagli USA e dall’UE, dove i primi hanno tradizionalmente più influenza della seconda.

Il governo sta gestendo la crisi successiva all’incidente di Kumanovo come se prescindesse dalla stabilità e dalla forza della Macedonia come Paese, mentre l’opposizione lavora per screditare entrambe le questioni. Essa spera di attrarre ulteriore supporto pubblico da coloro che hanno paura che un conflitto inter-etnico, spinto da forze esterne al Paese, stia prendendo piede.

Il ruolo cercato dalla Russia 

Il ministro degli esteri russo Lavrov, durante una recente visita in Serbia, ha dato credibilità al timore (di un conflitto ndr) parlando della crisi in Macedonia. Ha affermato che esiste una volontà di destabilizzazione del Paese per evitare che esso stringa rapporti più stretti con la Russia, non allineandosi al regime europeo delle sanzioni e mostrando interesse nel gasdotto chiamato Turkish Stream, che dovrebbe passare attraverso la Macedonia, giacché il progetto del South Stream è rimasto lettera morta. Questo probabilmente significa solamente che la Russia vuole un’influenza maggiore nell’area, cosa che sarà tuttavia ardua da ottenere nel caso della Macedonia.

I negoziati di accesso all’UE bloccati dalla Grecia 

La crisi dovrebbe essere una possibilità di rinnovamento per la democrazia macedonia. Importante enfatizzare che in questo caso è principalmente una sfida per la democrazia, e non il frutto di un conflitto inter-etnico come nel 2001. Certamente se la democrazia si dimostrerà inefficiente, il conflitto inter-etnico potrebbe riemergere, cosa che lascia temere l’incidente di Kumanovo. Di più la stabilità della Macedonia non è solo una questione che riguarda la democrazia, ma che riguarda anche l’area e l’integrazione euroatlantica. Tralasciando l’ammissione alla NATO, il blocco del processo di integrazione europea è un fallimento unicamente della politica di integrazione dell’UE. La Commissione ha proposto che i negoziati con la Macedonia venissero aperti ogni anno sin dal 2009. Il Parlamento europeo ha supportato l’inizio dei negoziati, ma questi sono bloccati in sede di Consiglio europeo a causa dell’opposizione della Grecia, sicché l’UE si ritrova con le mani legate. Questa non è la sede più adatta per discutere della natura del veto greco, giacché la questione non è la principale causa della crisi di legittimità della Macedonia. Tuttavia, una volta che la democrazia macedone passi il test con corrette elezioni anticipate, la questione dell’ingresso nell’UE della Macedonia andrà sicuramente rivista. Essa sicuramente farà parte delle questioni principali dell’agenda politica del prossimo governo. 

Pubblicato originariamente in lingua inglese da wiiw il 18 maggio 2015. Traduzione di Gianluca Samà

Foto: Julia Druelle

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