A sei mesi di distanza dalle elezioni presidenziali, previste per il 14 giugno 2013, in Iran si prepara il terreno per ridurre al minimo il rischio di colpi di scena. Domenica 2 dicembre, infatti, il Parlamento iraniano (majlis) ha approvato alcune linee guida che rendono praticamente impossibile concorrere alle elezioni senza l’appoggio della dirigenza politico-religiosa. I nuovi candidati dovranno essere approvati almeno da 100 sui 290 membri del Parlamento e da 25 sugli 86 componenti dell’Assemblea degli Esperti, formata da giuristi e accademici islamici. Disposizioni che si sommano al potere di veto del Consiglio dei Guardiani, composto da sei religiosi nominati dalla Guida suprema, Ali Khamenei, e da sei giuristi eletti dal potere giudiziario e approvati dal Parlamento.
Che la legge venga votata in tempo utile per le prossime elezioni non è ancora certo, ma le discussioni parlamentari sono riuscite ad animare i candidati che, in punta di piedi, provano ad avvicinarsi ai blocchi di partenza. Innanzitutto il disegno di legge sembra mettere fuori gioco alcune personalità scomode: ad esempio la proposta di limiti di età compresi tra 45 e 75 anni escluderebbe di fatto la candidatura del settantottenne Akhbar Hashemi Rafsanjeni, già Presidente dal 1989 al 1997. Rafsanjeni raccoglie attorno a sé i religiosi pragmatici e la sua partecipazione alle elezioni preoccuperebbe sia gli ultraconservatori vicini a Mohammad Mezbah Yazdi sia i nazionalisti radicali attorno all’attuale presidente, Mahmoud Ahmadinejad.
Il Presidente Ahmadinejad, giunto al suo secondo mandato, non potrà più ricandidarsi, ma ha ugualmente criticato le nuove disposizioni, che accrescerebbero il potere di veto delle istituzioni vicine alla Guida suprema nei confronti del suo protetto, Esfandiar Rahim Mashaei. Mashei, inviso al clero religioso, è appena stato nominato da Ahmadinejad Segretario del Movimento dei non allineati, ruolo che gli permetterebbe di mantenere un profilo internazionale degno di un futuro capo di Stato. Questa posizione quindi gli consentirebbe di cominciare dall’estero una campagna elettorale che, in Iran, è volutamente breve; anche questa volta le candidature ufficiali verranno presentate solo a un mese dalle elezioni, dal 7 all’11 maggio.
Ci si può chiedere il perché di questo affannarsi, dato che in Iran il ruolo del Presidente è limitato e l’ultima parola spetta sempre alla Guida Suprema, carica non eletta e ricoperta dall’Ayatollah Khamenei dal 1989. Si pensa però che il successore di Ahmadinejad possa in futuro ricoprire un ruolo di primo piano nella gestione delle trattative con la comunità internazionale. Ma il vero motivo di questa agitazione sembra essere il ricordo delle ultime elezioni presidenziali del 2009: allora le accuse di brogli elettorali diedero vita a un movimento di società civile, l’Onda verde, che riuscì quasi a scalzare il governo centrale, prima di essere represso nel sangue. I principali avversari di Ahmadinejad nel 2009, il religioso moderato Mehdi Karroubi e l’architetto riformista Mir-Hossein Mousavi, sono agli arresti domiciliari dal febbraio del 2011 e il Movimento verde ha lanciato una campagna per la loro liberazione intitolata “Il mio voto è in arresto”. In un tentativo di calmare le acque, ora il Parlamento discute di togliere il controllo delle procedure di voto al Ministero degli interni, affidandolo a una commissione “super partes”, i cui 11 membri sarebbero in realtà nominati dall’onnipresente Consiglio dei Guardiani.
I vertici sono quindi preoccupati per i possibili sovvertimenti legati alle elezioni, in un Paese in cui le sanzioni della comunità internazionale e l’economia claudicante hanno già contribuito a infiammare gli animi dell’opinione pubblica. I pericoli per il sistema di potere attuale non provengono solo dall’esterno: sotto la superficie coesistono almeno due anime della politica iraniana, con il clero conservatore vicino alla Guida suprema in perenne contrasto coi nazionalisti ultraradicali di Ahmadinejad, considerati “deviazionisti” per la loro volontà di ridimensionare il ruolo dei religiosi. Il regime quindi, fiutando aria di tempesta, scruta sospettoso l’orizzonte, pronto ad affondare qualsiasi candidato scomodo, e prega che le acque chete -solo in apparenza- della politica iraniana non diano vita a una nuova Onda verde.
Per facilitare il lettore nella comprensione del sistema istituzionale iraniano abbiamo pensato di inserire un utile riepilogo interattivo, per il quale ringraziamo l’autrice dell’articolo