Da ZAGABRIA – Il 20 ottobre sono iniziate le proteste da parte della comunità dei disabili veterani di guerra. Da quasi un mese, riuniti di fronte al Ministero per i Veterani di guerra, i manifestanti chiedono le dimissioni del ministro Predrag Matić e di due suoi collaboratori, Vesna Nađ e Bojan Glavašević.
Ad accendere le polemiche è stata la decisione di modificare il sistema pensionistico. Inammissibile, secondo i reduci, che le autorità statali disonorino le vittime e non rispettino i diritti di chi ha servito la patria nella guerra del 1991-1995.
In queste settimane di sit-in ininterrotto, i manifestanti si sono dimostrati determinati e arrabbiati. È morta una donna disabile, un uomo è entrato in sciopero della fame, un ex soldato si è dato fuoco. Anche se quest’ultimo non appartiene alla comunità dei reduci disabili, il portavoce e leader del gruppo ha incolpato le autorità per l’accaduto.
Si denuncia la negazione dei diritti dei veterani disabili: strutture sanitarie fatiscenti, un servizio nazionale mal organizzato e trattamenti troppo costosi e non sempre disponibili. A tal proposito si è richiesta l’apertura di un ospedale dedicato alle disabilità degli ex soldati, a Zabok, non lontano dalla capitale.
Secondo il nuovo sistema, che entrerà in vigore nel gennaio del 2015, le pensioni saranno suddivise in due parti differenti. Una prima parte, finanziata dal fondo pensioni, verrà calcolata annualmente e normalmente in base agli anni di servizio prestato prima della guerra. Aggiustamenti verranno effettuati in base alla crescita del PIL, così come tutte le pensioni dei lavoratori.
La seconda parte invece è direttamente sovvenzionata dal budget statale. Qualora il budget crescesse, più risorse saranno destinate a chi, prima dei conflitti, non aveva maturato alcuna esperienza lavorativa. Un numero considerevole di allora giovanissimi riceverà solo questa parte speciale.
Secondo il presidente dell’Associazione croata invalidi veterani di guerra, Đuro Glogoški, la gravità della situazione risiederebbe nella possibilità per il governo di decidere l’ammontare delle pensioni in base al budget statale, senza consultare il parlamento. Inoltre, le pensioni di guerra avrebbero già subito consistenti riduzioni graduali dal 2002. Questa manovra costituirebbe il primo passo per una graduale annichilimento dei diritti di chi ha servito la patria.
Il ministro del lavoro Mirando Mrsić smentisce precisando che le pensioni non verranno ridotte ‘nemmeno di una lipa’. Non verranno quindi effettuati tagli, non sembrano esserci competenze legali per una mossa del genere. L’intento del governo è quello di lavorare per una maggiore trasparenza del sistema pensionistico, così come richiesto dall’Unione Europea. Infatti la nuova disposizione riguarderebbe non solo le pensioni dei veterani, ma anche quelle dei militari, dei membri del parlamento, dei partigiani della seconda guerra mondiale e di altre categorie particolari.
Attualmente, secondo i dati dell’Istituto pensionistico croato (HZMO), solo 27 reduci ricevono la pensione minima (poco più di 100 euro). La maggior parte, circa 15.600 veterani, rientra nella fascia media, con una pensione intorno ai 600 euro. Sono in 4.902 invece a ricevere circa 1200 euro mensili.
Le proteste hanno ricevuto il riscontro mediatico sperato e lo scenario politico si è schierato. Il premier Milanović sostiene il suo ministro, mentre il presidente Josipović ha cercato una mediazione fin dall’inizio, invitando i rappresentanti dei veterani ad un dialogo. I contestatori rifiutano il confronto finchè la sedia del ministero dei Veterani di guerra sarà occupata da Matić.
Josipović e lo stesso Matić si sono presentati ai sit-in, proponendo incontri in uffici istituzionali, categoricamente declinati. Matić ha dichiarato la sua volontà a difendere i diritti dei disabili di guerra, ma si rivela preoccupato per l’eco che questo ostruzionismo possa avere in Unione Europea.
L’HDZ, il partito di opposizione, appoggia apertamente le proteste e le rivendicazioni dei veterani. La candidata alle presidenziali, Kolinda Grabar Kitarović, ha fatto recentemente visita ai manifestanti.
Il 26 novembre si è svolto un vis-à-vis istituzionale. Si è riunito il comitato parlamentare per la difesa dei diritti dei veterani, di cui fa parte anche Miroslav Tuđman, figlio di Franjo, chiedendo all’esecutivo il rinvio della disposizione al 2016. Il governo ha accettato una mediazione convenendo per il luglio del 2015, esigendo in cambio il rientro delle proteste. Passo che Glogoški non ha voluto accettare. La riforma del sistema pensionistico entrerà in vigore dal primo gennaio 2015, come precedentemente annunciato.
Difficile escludere che le vicende di questo mese non abbiano connotati politici, in vista delle presidenziali che si terranno il 28 dicembre. La concomitanza con le recenti commemorazioni dell’assedio di Vukovar ha sicuramente giocato un ruolo a livello emotivo: su queste tematiche l’opinione pubblica è ancora sensibile ed il rischio di strumentalizzazione è vivo. In un momento di crisi come quella attuale, la difesa di pensioni di molto superiori al salario medio della popolazione potrebbe non rivelarsi un’ottima strategia politica.