Da Zagabria – Kolinda Grabar-Kitarović è il nuovo presidente della Repubblica di Croazia. La candidata del HDZ ha sconfitto il presidente uscente Ivo Josipović (SDP) al secondo turno, con un sottilissimo margine di vantaggio: 50,7% contro 49,3%. Al primo turno, il 28 dicembre scorso, la Grabar-Kitarović aveva ottenuto il 37,2% dei voti, mentre Josipović conduceva con un vantaggio minimo, 38,4%. A caratterizzare il primo turno era stata la bassa affluenza, 37% circa, causata anche da una serie di forti nevicate che aveva impedito a molti di recarsi alle urne. Kolinda Grabar-Kitarović diventa così il sesto presidente della Repubblica di Croazia, e prima donna a ricoprire questa carica.
Il ristretto margine che ha deciso le elezioni, appena 32.435 voti, conferma dunque l’aspettativa di una dura lotta tra i due candidati che aleggiava in chiusura di campagna elettorale. Il risultato rappresenta una Croazia particolarmente divisa, non solo tra i due candidati ma anche tra i due partiti storici che dall’indipendenza si alternano alla guida del paese – HDZ e SDP. La sensibilità delle elezioni presidenziali è stata anche dimostrata dall’alta affluenza degli elettori per questo secondo turno che si è assestata al 59% degli aventi diritto.
Come ha votato la diaspora?
Di particolare importanza sono anche i voti dei croati all’estero di cui il 91,1% ha votato per la candidata del HDZ. Si è votato in 50 paesi, per un totale di 37.028 elettori: di questi, 33.737 hanno votato per Kolinda Grabar-Kitarović mentre il presidente uscente Ivo Josipović ha conquistato appena 3.291 preferenze.
La Bosnia-Erzegovina è il paese in cui la mobilitazione elettorale dei cittadini croati è stata più elevata con ben 17.229 elettori regolarmente registrati e di cui il 93% ha votato per la candidata del HDZ. Uno scenario del tutto simile si è registrato anche in Germania e Australia, dove la diaspora croata è particolarmente presente e dove storicamente il HDZ ha avuto un forte appoggio.
Scenari futuri
Per i prossimi cinque anni, dunque, a guidare il paese sarà una donna, già ambasciatrice della Croazia negli Stati Uniti, nonchè funzionaria di alto grado presso la NATO. La sua vittoria rappresenta sicuramente un grande ritorno sulla scena politica del HDZ, soprattutto in previsione delle elezioni politiche che si terranno nell’autunno 2015. La sconfitta di Josipović, più che una sconfitta personale è una sconfitta per tutto l’SDP, il partito di maggioranza in Croazia e il principale partito della coalizione di governo.
Il premier Zoran Milanović, leader del SDP, non ha mai sostenuto pubblicamente il presidente uscente. Mentre Tomislav Karamarko, il leader del HDZ, ha guidato la Grabar-Kitarović sin dai suoi primi passi nella campagna elettorale. Da parte sua, Josipović non è riuscito a distanziarsi definitivamente dal partito che l’opinione pubblica croata accusa di non essere stato in grado di salvare il paese dalla crisi.
Inoltre, Josipović è stato vittima del successo elettorale al primo turno di Ivan Sinčić, un ventiquattrenne che in poche settimane di campagna elettorale è riuscito da solo, senza coalizioni né fondi capitali, quali quelli di HDZ e SDP, ad aggiudicarsi il 16,6% dei voti e a consolidare la forza politica del suo partito, Živi zid – ovvero “muro vivente”, a causa dei cordoni di persone che venivano interposti dai suoi sostenitori tra i poliziotti e quegli abitanti che dovevano essere sfrattati. Sinčić verrà da molti considerato il “peccato originale” dell’SDP perchè ha spezzato sì l’opinione pubblica croata ma ha soprattutto spezzato gli elettori del centro sinistra, quelli dell’SDP.
Le promesse
Dopo il discorso di Ivo Josipović, primo presidente a non riuscire a confermarsi al secondo mandato, che riconosce la propria sconfitta, è arrivato anche il primo discorso della Grabar-Kitarović, il cui insediamento ufficiale al Pantovčak avverrà il 19 febbraio.
“La Croazia sarà tra i paesi più sviluppati dell’UE e del mondo. Noi siamo quelli che porteranno il paese fuori dalla crisi”. Le prime parole della neo-eletta presidente si rivolgono dunque all’intera nazione, affinché “non ci siano più divisioni” e affinché “tutti coloro che amano la patria si uniscano e collaborino per un futuro migliore”.
Le promesse di Kolinda si basano dunque su tre punti semplici e concisi: “lavorare per la Croazia; unirsi e andare avanti insieme, senza divisioni; e condurre una politica che porti alla crescita, allo sviluppo, alla stabilità sociale e ad una vita dignitosa in Croazia“.
Dopo aver riaffermato la volontà di posizionare la Croazia “dove le spetta” tra i membri UE e NATO, la Grabar-Kitarović conclude il suo discorso sostenendo che il suo staff comincerà a lavorare fin da subito per compiere quello che economicamente, socialmente e soprattutto politicamente rappresenta un “miracolo”: trasformare un paese in crisi.
Foto: poslovni.hr