Ottobre 2012: alcuni ministri del Consiglio europeo su Giustizia e affari interni hanno sollecitato la re-introduzione dell’obbligo del visto sui passaporti dei cittadini di Macedonia, Montenegro, Serbia, Bosnia e Albania. A chiederlo sono stati i rappresentanti di Germania, Austria, Belgio, Lussemburgo, Olanda e Svezia, paesi con le più elevate percentuali di richiedenti asilo da parte dei migranti balcanici, a causa dell’aumento sistematico delle richieste d’asilo.
La decisione di permettere la circolazione nell’area Schengen senza obbligo di visto risale alla fine del 2009 per Macedonia, Montenegro e Serbia. Dal 2010 anche per gli albanesi e i bosniaci è garantita la stessa situazione. Come riporta l’Economist qualche giorno fa, rifacendosi al rapporto ESI 2013 (che a sua volta si basa su dati Eurostat), nel 2009, prima dell’adozione del sistema di liberalizzazione dei visti (visa-free travel), le richieste di asilo in arrivo da cittadini balcanici erano circa 9.860. Nel 2012 si è arrivati a 33.530. Si sottolinea inoltre come tra i 19.650 che hanno presentato domanda di asilo in Germania, Lussemburgo e Svezia, solo 15 sono stati ufficialmente riconosciuti idonei (2009-2011).
Il fenomeno delle false richieste viene presentato come crescente e in quanto tale preoccupante. Varare le numerose domande, la maggior parte infondate, è un onere eccessivo per i paesi ospitanti. Infatti un richiedente asilo, qualora non abbia i requisiti per ottenere lo status, ha comunque il diritto di godere dei sussidi previsti e dell’ospitalità provvisoria finché non sia ufficiale il verdetto negativo. Il rapporto ESI però ricorda come nel 2011 le circa 26.000 richieste di asilo provenienti dai Balcani Occidentali rappresentavano solamente il 9% del totale in UE.
In un primo momento il problema dell’abuso di domande è stato affrontato dall’Unione con un monito ai governi dei Balcani ad adottare alcune misure per ridurne l’impatto: campagne di informazione sui diritti e doveri dei richiedenti asilo, istituzione di controlli sulle compagnie di trasporto, maggiori ausili economici per le minoranze etniche. Misure che, nella loro semplicità, hanno rivelato la loro inefficacia. L’intensificazione dei controlli alle frontiere, paventata come soluzione, è problematica: se, come si puntualizza, la maggior parte dei migranti è rom, bloccarli (sempre che se ne nutra l’intenzione) potrebbe essere interpretato come un atto discriminatorio.
Di questo fenomeno, denuncia e spiega l’ESI, non dovrebbero essere accusati solamente i governi balcanici. Non è il flusso migratorio in sé a generare il problema dei costi. Andrebbero analizzate le politiche di gestione che si propongono. La Germania è il paese che riceve più richieste dai migranti balcanici. A luglio 2012 però ha incrementato i benefici per i rifugiati e i richiedenti asilo: il sussidio monetario è passato da 120 a 420 euro mensili. Questo ha avuto un impatto immediato sull’aumento delle richieste. Vanno poi ricordati i tempi procedurali per l’accettazione o il diniego del diritto di asilo: dai due, tre mesi per la prima istanza, fino agli otto mesi per la seconda.
L’Austria invece, nonostante la sua vicinanza geografica e la sua radicata comunità di origine balcanica, in questi anni ha addirittura registrato un calo di richieste, che in questo paese vengono decise in massimo tre settimane. Con o senza ricorso, chi si è visto rifiutato lo status deve lasciare il paese entro due settimane. Anche in Francia la procedura impiega circa venti giorni, e con il primo diniego si perdono i sussidi e il diritto a rimanere in territorio francese.
La proposta avanzata per le reintroduzione del sistema dei visti risulta un chiaro messaggio politico (il tema immigrazione è sempre caro alle campagne elettorali), ma è da inquadrarsi come un passo indietro nel processo di integrazione, e come tale, perde credibilità.
Foto: Presseurop.eu
Leggi anche:
– BALCANI: Come salvare la liberalizzazione dei visti, traduzione del sommario esecutivo del rapporto ESI 2013
To add to the issue: when it was put forward for voting only Germany was in favor. Serbia dealt with this issue bilaterally, so now it has been marked as a country of safe origin. Only Germany hasn’t done it. Political disaster.