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ARMENIA: Il riconoscimento della Crimea gela i rapporti con Kiev

La questione della Crimea non smette di destabilizzare l’area est-europea, continuando a creare nuove conflittualità e incidenti diplomatici. L’ultimo caso in ordine temporale riguarda la recente crisi scoppiata tra Armenia e Ucraina, paesi da sempre legati da saldi rapporti di amicizia, ma che nelle ultime settimane sono arrivati ad essere molto vicini a una seria guerra diplomatica. A scatenare il contenzioso tra le due nazioni è stato proprio il recente riconoscimento da parte armena dell’annessione della Crimea alla Russia, riconoscimento che ha fatto infuriare le autorità di Kiev, che hanno minacciato conseguenze che potrebbero minare le relazioni bilaterali con il paese caucasico.

Tutto è nato da una telefonata che il presidente armeno Serzh Sargsyan ha fatto di recente a Putin, durante la quale avrebbe definito l’annessione della Crimea alla Russia come “un modello per la realizzazione del principio dell’autodeterminazione”.  Ancor prima di Sargsyan, lo stesso Ministro degli Esteri del Nagorno Karabakh rilasciò un comunicato ufficiale dove veniva dichiarato il riconoscimento della validità del referendum del 16 marzo in quanto “manifestazione del diritto all’autodeterminazione”, e unica via possibile per risolvere in modo pacifico questioni di questo tipo, dimenticando però come durante il voto in Crimea ci fossero carri armati che sfilavano minacciosi per le strade di Sevastopoli.

La reazione delle autorità di Kiev alle dichiarazioni di Sargsyan non si è fatta attendere: l’ambasciatore ucraino in Armenia, Ivan Kukhta, è stato richiamato in patria, mentre il Ministro degli Esteri ad interim Andriy Deshchytsya ha convocato per un colloquio l’ambasciatore armeno a Kiev, Armen Khachatrian, esprimendo tutta la sua preoccupazione riguardo alla linea politica adottata dall’Armenia, commentando con dispiacere la presa di posizione del paese caucasico a favore della Russia. Nonostante la forte delusione, però, al momento il governo ucraino ha dichiarato di non avere intenzione di interrompere le relazioni bilaterali con l’Armenia, come invece aveva fatto l’Armenia con l’Ungheria in seguito al caso Safarov, anche se il riconoscimento della Crimea ha incrinato non poco il rapporto tra i due paesi.

L’Armenia ha poi esplicitato la propria posizione durante l’assemblea generale dell’ONU dello scorso 27 marzo, nella quale Yerevan espresse un voto contrario a una proposta di risoluzione per il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Con questa mossa, l’Armenia, che si pensava preferisse mantenere una linea neutrale sulla questione, ha voluto dimostrare la propria lealtà nei confronti dell’alleato russo, e sostenendo il diritto all’autodeterminazione del popolo di Crimea, il governo armeno ha cercato di mettere sullo stesso piano il caso crimeano con quello del Karabakh, strizzando un occhio a Mosca sperando che questo “favore” possa venire ricambiato proprio con un’accelerata sulla sua risoluzione (La Russia è co-presidente del Gruppo di Minsk, con Francia e USA).

Non è un mistero che il paese caucasico negli ultimi anni abbia sempre avuto un rapporto privilegiato con la Russia, autentico ago della bilancia per quanto riguarda la questione del Karabakh, dicendo recentemente no all’Europa e all’Accordo di Associazione per abbracciare le sorti dell’Unione Doganale. Senza il supporto russo, l’Armenia non sarebbe in grado di fronteggiare in maniera adeguata un eventuale controffensiva azera nel Karabakh, soprattutto considerando che le spese che Baku sta intraprendendo per la “difesa” equivalgono al doppio del totale della spesa pubblica armena.

Non tutti in Armenia la pensano però come Sargsyan: c’è infatti chi, come Alexander Arzoumayan, ex Ministro degli Esteri armeno e ambasciatore USA presso l’ONU, ha preso posizione contro la decisione dell’Armenia, definendo il referendum crimeano non  “un’espressione della volontà del popolo, ma un’annessione”. La pensa allo stesso modo l’attivista Paruyr Hayrikyan, secondo cui l’autodeterminazione deve essere espressa liberamente, e non “condizionata” con la forza come è stato fatto dall’intervento militare russo. Trattasi però di eccezioni, dato che la grande maggioranza della popolazione è apertamente attestata su posizioni pro-russe e vede il riconoscimento della Crimea da parte dell’Armenia come un precedente che possa portare la stessa Russia a riconoscere il Karabakh in un futuro non troppo remoto.

Foto: Kai Mörk

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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4 commenti

  1. Ma veramente credete che qualcuno possa ancora bersi la versione secondo la quale il referendum in Crimea ha dato quel risultato perchè c’erano i militari russi a minacciare i votanti ? Ma dai, un minimo di decenza ! Il popolo della Crimea ha votato liberamente per tornare alla madrepatria, vi piaccia o no. Fatevene una ragione. Voi odiate il voto popolare, ritenete che la fonte della democrazia siano il Dipartimento di Stato USA o l’ UE e che quindi solo loro possano decidere il destino dei popoli. Per voi che la gente voti è una usurpazione.

  2. C’è un errore di logica in questa frase: “Nonostante la forte delusione, però, al momento il governo ucraino ha dichiarato di non avere intenzione di interrompere le relazioni bilaterali con l’Armenia, come invece aveva fatto L’ARMENIA con l’Ungheria in seguito al caso Safarov, anche se il riconoscimento della Crimea ha incrinato non poco il rapporto tra i due paesi.” In maiuscolo la necessaria correzione.

  3. io non sono filorusso, però fa piacere sentire una voce fuori dal coro… sarà per il mio carattere da bastian Contrario?

  4. Per citare un altro intervento: “Ma veramente credete che qualcuno possa ancora bersi la versione secondo la quale” l’Armenia fiancheggi la politica imperialista di Putin solo perché i poveri russi di Krimea oppressi dai brutali ukrajni, leccapiedi di USA e Ue si sono finalmente e liberamente ricongiunti con la Santa Madre Russia? Sicuramente prima o poi gli armeni passeranno all’incasso sulla questione del Nagorno Karabakh: perché i russi di Krimea con un “libero” referendum possono ricongiungersi con la Madre Patria e gli armeni (in assoluta maggioranza in loco) non possono fare altrettanto? Con buona pace dei candidi sostenitori del diritto di autodeterminazione dei popoli.

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