Nel corso dell’estate, i rapporti tra Georgia e la regione de facto indipendente dell’Ossezia del Sud sono peggiorati dopo la costruzione di un check-point georgiano a Tsnelisi, cittadina di confine situata quasi completamente in Ossezia del Sud. Ciò ha dato il via ad un’escalation, tanto che Olesya Vartanyan, analista per l’International Crisis Group, ha dichiarato che le tensioni hanno probabilmente raggiunto l’apice dal 2008.
Verso lo scontro?
Le forze armate russe hanno consolidato la loro presenza in Ossezia del Sud nel 2008, in seguito alla guerra russo-georgiana, e tramite la firma del trattato sull’alleanza e l’integrazione nel 2015. Quest’ultimo garantisce all’Ossezia del Sud l’appoggio russo sui fronti dell’economia e della difesa, e ha contribuito alla militarizzazione del confine con la Georgia. Qui, infatti, Mosca ha costruito circa 40 chilometri di recinzione dal 2008 ad oggi, azione considerata illegale dalla Georgia e dalla maggioranza della comunità internazionale.
Dopo la realizzazione di un nuovo tratto di recinzione, il governo georgiano ha risposto costruendo un check-point nei pressi di Tsnelisi. Da una parte, il Ministero per la Riconciliazione georgiano afferma che Tbilisi aveva ogni diritto a costruire il blocco di polizia, essendo stato posizionato in una porzione georgiana di Tsnelisi. Dall’altra, le autorità ossete non hanno esitato ad annunciare la mobilitazione di nuove milizie alla frontiera durante il 95° incontro dell’Incident Prevention and Response Mechanism (IPRM) – piattaforma di dialogo messa in atto dopo la guerra del 2008 – tenutosi il 29 agosto. Secondo la missione di monitoraggio dell’Unione Europea (EUMM, European Union Monitoring Mission), copresidente dell’IPRM, “è stato impossibile completare la discussione”. L’Ossezia del Sud aveva infatti richiesto la demolizione del check-point entro il giorno dopo e in seguito al rifiuto delle autorità georgiane, i funzionari russi ed osseti hanno abbandonato l’incontro. Il giorno seguente, il presidente osseto Anatoly Bibilov ha annunciato la costruzione di un nuovo check-point nella stessa zona.
Nei giorni seguenti un altro evento ha minato la stabilità nella regione: due droni si sono scontrati al confine. Il Comitato per la Sicurezza dello Stato dell’Ossezia del Sud accusa le autorità georgiane di aver abbattuto il loro drone; tuttavia, un gruppo di attivisti georgiani, Forza nell’Unità, ha rivendicato la responsabilità dell’accaduto.
I disagi arrecati alla popolazione locale
Il presidente dell’EUMM Erik Hoeg ha enfatizzato in un tweet i danni causati dalla costruzione di nuovi tratti di recinzione: gli abitanti dei villaggi al confine sono privati della libertà di circolazione e, per questo, sono impossibilitati a raggiungere coltivazioni e risorse idriche. Inoltre, sono frequenti gli arresti di chiunque tenti di attraversare il confine, considerato dall’Ossezia del Sud come una frontiera di Stato. Lo scorso anno un uomo georgiano è morto dopo essere stato detenuto dalle autorità ossete, che si sono mostrate restie a restituire il corpo; per questo motivo sono state mosse accuse di tortura.
Le reazioni della comunità internazionale
Federazione Russa, USA e UE hanno esortato entrambe le parti a contenere le tensioni nella regione, sebbene gli ambasciatori di diversi paesi che avevano visitato il confine abbiano condannato le attività delle forze armate russe nel territorio. Per raggiungere questo obiettivo, uno dei mezzi più efficaci è la mediazione della missione di monitoraggio dell’Unione Europea: sia il Dipartimento di Stato americano che il Ministro degli Esteri russo hanno citato l’EUMM e l’IPRM come meccanismi per portare avanti un dialogo costruttivo.
Questa posizione sembra essere in linea con le intenzioni delle due parti. In una dichiarazione del 2 settembre, fatta in seguito all’incidente tra droni, il Comitato per la Sicurezza dello Stato dell’Ossezia del Sud ha affermato che il modo migliore per risolvere la situazione sarebbe tramite l’IPRM. Il prossimo incontro è previsto per il 2 ottobre, ma non è ancora stato confermato. L’estate di tensione ha reso Tbilisi e Tskhinvali meno propense al dialogo.
Foto: agenda.ge