Mentre sto correndo verso la fetta di tribuna occupata dai padroni di casa, mi ritrovo davanti il sorriso di Danijel che ci è venuto incontro e ci urla, “sbrigatevi che è già iniziata”. Ci abbracciamo ed entriamo, mentre lui mi dice: “Ma perché volevi fare il biglietto?”
Alla rete del 2-1 perdo di vista Licu, che viene sotterrato dagli abbracci dei suoi compagni di curva che si ammassano contro la recinzione e la fanno crollare. Intorno a me ci sono occhi lucidi e sorrisi, ci abbracciamo. Qualcuno mi chiede se ho un accendino: lo cerco in tasca e do fuoco al suo fumogeno.
Momenti di calcio in giro per l’Europa dell’Est
E’ per momenti come questi che ormai da qualche anno giro i Balcani e l’Est Europa in cerca di belle storie di calcio. Dopo tutto il pallone non è che un modo per leggere e capire una società e un popolo. Anche se questo mondo nel corso degli ultimi trent’anni è diventato la periferia calcistica dell’Europa, sui suoi campi, sui suoi gradoni, sotto le tettoie che non difendono mai abbastanza dal vento, lì c’è ancora un amore incondizionato per la palla che rotola. C’è ancora un’appartenenza a una maglia, a un simbolo, a un gruppo o a una città. Qualcosa che va oltre la vittoria, qualcosa di forte e sincero che a volte si è perso nel calcio delle nostre parti.
Curva Est ritorna
Oggi riparte Curva Est, la rubrica calcistica di East Journal, che si era presa una pausa di quattro anni. Ritorna con un nuovo curatore, il sottoscritto, che proverà a darle un taglio personale, consapevole del peso che sarà riprendere il lavoro di un grande esperto come Damiano Benzoni, e soprattutto conscio dell’onore di essere ospitato sulle pagine di questo giornale, punto di riferimento per tutte quelle persone che come noi amano questa fetta di mondo.
Storie dalla periferia del calcio
Sono lontani i tempi in cui Bucarest o Belgrado vincevano la Coppa dei Campioni. Sembrano di un’altra epoca le foto della Coppa delle Coppe che arriva a Tbilisi o a Kiev. Il calcio, quello dei trofei, ha preso vie differenti, allontanandosi da Budapest, Mosca o Varsavia, ma è rimasto il calcio del tifo incondizionato o quello degli esperimenti popolari per salvare la squadra del cuore dal fallimento. Sono rimasti i faccendieri, i presidenti eccentrici e loschi, ma sono rimaste anche le leggende, le statue, le storie.
In questo percorso, che mi auguro lungo, proveremo a scovare aneddoti, visitare luoghi fuori dalle rotte del calcio mainstream. Lo faremo cercando di non cadere in facili semplificazioni, di sfuggire dagli stereotipi, ma soprattutto proveremo a trasmettervi l’amore per questo sport, come quella volta che recitai quasi tutta la formazione della Dinamo Tbilisi a un anziano tassista georgiano, che si voltò, mi guardò con occhi sognanti e quasi ci fece sbattere contro la macchina che avevamo davanti.
Curva Est riparte, viva Curva Est.