L’autunno politico romeno si prospetta più che mai rovente, riscaldato da un governo che annaspa da giorni dopo aver perduto la maggioranza in parlamento e delle elezioni presidenziali imminenti che si terranno il 10 novembre, con eventuale secondo turno il 24. Due vicende apparentemente slegate, ma in realtà legate a doppio filo.
Un governo senza maggioranza
Fino alla fine di agosto l’esecutivo si è basato sulla coalizione tra il partito social-democratico (PSD) e l’ALDE (Alleanza dei Liberali e dei Democratici), una formazione sedicente liberale ma dall’apparato ideologico quanto mai fluido, guidata da un politico navigato come Calin Popescu-Tariceanu. Questi, dopo l’arresto dell’ex leader PSD Liviu Dragnea, sperava di trovare la strada spianata verso la candidatura alla presidenza della Repubblica come rappresentante della coalizione di governo. Sul suo cammino si è interposta, tuttavia, la premier Viorica Dancila, che ha avocato a sé la candidatura relegando Tariceanu al ruolo di puro comprimario all’interno dell’alleanza. Di fronte al rifiuto di Dancila, Tariceanu ha risposto ritirando i propri ministri e togliendo l’appoggio parlamentare al governo, gettando ancor di più il PSD nel caos totale nel quale affoga dal giorno della condanna definitiva di Dragnea.
Dalla fine dello scorso mese il paese è di fatto retto da un esecutivo senza maggioranza. Nelle prossime settimane il governo verrà sfiduciato dal Parlamento, ma con ogni probabilità resterà in carica ad interim fino alle elezioni presidenziali; portare avanti delle consultazioni e delle negoziazioni per la formazione di una nuova maggioranza in piena campagna elettorale aumenterebbe ancor di più la confusione. L’unica reale alternativa a questo scenario è la nomina di un governo tecnico che trascini il paese alla fatidica data del 10 novembre.
Iohannis può davvero perdere?
E’ questa la grande domanda che gli osservatori si pongono poche settimane prima di una campagna elettorale dall’esito quasi scontato. Il presidente uscente, sostenuto dal partito liberale, gode ancora, infatti di un’ampia popolarità, e non sembrano esserci oppositori in grado di scalfirne la posizione. Come già sottolineato, il PSD proporrà il primo ministro Viorica Dancila, probabilmente più per disfarsene che non per reale convinzione. Dancila è perennemente sbeffeggiata su quasi tutti i media nazionali a causa delle numerose gaffes incamerate in quasi due anni di premierato, e la popolazione non nutre alcuna fiducia nei suoi confronti. Sembra addirittura impossibile che possa raggiungere il ballottaggio; una notizia funerea per quello che fino al 2016 era il partito più potente del paese. Con un PSD ormai ridotto al lumicino, l’unico vero avversario di Iohannis sarà il candidato della coalizione di centro-destra USR-PLUS, Dan Barna, un politico moderato, non ideologicamente lontanissimo da Iohannis, con posizioni progressiste nel campo dei diritti civili (fu l’unico a opporsi seriamente al referendum per la difesa della famiglia tradizionale tenutosi nell’ottobre 2018), ma che spesso si lascia andare a slogan anti-casta che rasentano pericolosamente il confine del populismo.
La coalizione che guida insieme all’ex premier Dacian Ciolos ha registrato un ottimo risultato alle europee e mira ad ottenere la maggioranza assoluta alle prossime elezioni parlamentari del 2020, dove proprio Ciolos ha già dichiarato di presentarsi come candidato premier.
Quale sarà il prossimo esecutivo?
Difficile fare previsioni su quel che sarà il nuovo governo. Se, come sembra, tutto verrà rimandato a dopo le elezioni, fondamentale sarà il ruolo che giocherà il nuovo presidente.
Se, come sembra, Iohannis verrà riconfermato, questi cercherà di dare una sua impronta molto netta al nuovo governo, magari con l’inserimento diretto del partito liberale. Difficile immaginare un nuovo incarico ad un esponente PSD (sarebbe il quarto primo ministro diverso espresso dai social-democratici nel corso della legislatura).
Nonostante la confusione politica, un dato importante emerge; qualunque sia l’esito delle presidenziali, che vinca Iohannis o Barna, la Romania avrà un presidente fortemente europeista. Il PSD, che negli ultimi anni ha incarnato le istanze più anti-europee e conservatrici, sembra ormai destinato ad un inesorabile sconfitta, almeno fino alla comparsa del prossimo leader carismatico che, tuttavia, non si vede all’orizzonte.
La Romania si dimostra quindi un unicum nella regione, dove le forze populiste sono ancora ben lontane dalla dipartita politica.
Questo pezzo è frutto della collaborazione tra East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso
foto: kanald.ro