Si sono tenute domenica scorsa le elezioni per il parlamento ucraino che hanno visto “Il servo del popolo” (Sluha narodu), il partito del nuovo presidente, Volodymyr Zelenskyj, battere con un margine impressionante tutti i concorrenti. Il partito di Ze ha conquistato, infatti, il 43% delle preferenze staccando di circa 30 unità la seconda forza politica che entrerà nella Verkhovna Rada (il parlamento), il partito comunemente definito come filorusso, “Piattaforma di opposizione-Per la vita” (Opozycijna platforma – Za Žyttja) che ha totalizzato il 13%.
Vincitori e vinti
Si conclude così un lunghissimo periodo elettorale che ha bloccato il paese per quasi un anno, tra scandali, accuse reciproche ed incertezza. Questa forse è la notizia più positiva per l’Ucraina che vede finalmente terminare il rinnovamento delle più alte cariche elettive dello stato. Una campagna elettorale lunghissima iniziata lo scorso dicembre in previsione delle elezioni presidenziali e proseguita con l’improvviso – sebbene atteso – scioglimento anticipato del parlamento, ha visto trionfare quello che solo qualche mese fa sembrava l’uomo più inatteso, il comico, il fantoccio come lo hanno definito alcuni, che ha stravolto il panorama politico del paese.
A inseguire, in affanno, il presidente uscente, Petro Porošenko, che, sebbene capace di evitare il totale eclissamento della sua parabola politica, in poco più di qualche mese ha visto la sua figura cadere rovinosamente dal trono. Il suo nuovo partito, “Solidarietà Europea” (Evropejs’ka Solidarnist’), nato dal rebranding del Blocco Petro Porošenko che rappresentava il primo partito all’interno del parlamento uscente, ha totalizzato solo l’8% dei voti. Dall’essere il principale attore sulla scena e il vertice della vita politica del paese si ritroverà ora a giocare il ruolo di comparsa, con non più di un qualche pugno di parlamentari a sedere tra i banchi dell’opposizione.
Destino simile, non solo nei numeri, per Julija Tymošenko, la passionaria della rivoluzione arancione. Con l’8% di consensi il suo partito, “Patria” (Bat’kyvščyna), potrà entrare nuovamente in parlamento, recuperando anche qualche voto rispetto alle elezioni del 2014 (5,7%), ma il cui peso politico, data la conformazione della nuova Verkhovna Rada, sembra destinato a scemare.
E mentre i partiti di estrema destra non superano il 2% e un’altra vecchia conoscenza della politica post-sovietica, Mikheil Saakashvili, si dovrà accontentare di un misero 0,5%, a chiudere la fila di quelli che entreranno in parlamento ci sarà Svjatoslav Vakarčuk con il suo neo-partito “Voce” (Holos) (6%). La famosa rock star che durante la campagna elettorale si è presentata, tanto per cambiare, come il candidato anti-establishment abbinando i suoi vaghi proclami contro il potere oligarchico a numerose comparsate su ICTV, canale televisivo di proprietà dell’oligarca Viktor Pinčuk, e concerti gratuiti della sua band (Okean Elzy), non potrà però giocare quel ruolo di stampella per Zelenskyj che in molti gli avevano attribuito alla vigilia del voto.
Quella di “Il servo del popolo”, infatti, è una vittoria che per la prima volta nella storia della politica ucraina consegna nelle mani di un solo partito la maggioranza dei seggi in parlamento. Dato il sistema elettorale, secondo il quale metà dei 450 seggi è allocata in base al sistema proporzionale e l’altra metà su base maggioritaria in 225 (199 dopo l’annessione della Crimea e la guerra in Donbass) collegi uninominali, Zelenskyj potrà contare su una super maggioranza con i suoi 253 deputati [i dati si riferiscono all’ultimo aggiornamento da parte della Commissione elettorale centrale, i numeri ufficiali e definitivi saranno pubblicati dalla CEC entro i 15 giorni successivi alla data del voto]. Al servo del popolo non servirà quindi nessun partner di governo, ma al massimo un appoggio esterno nel caso di riforme costituzionali che richiedono la maggioranza di due-terzi. Niente coalizioni e niente negoziati con altre forze politiche. Il concentramento del potere nelle mani di un comico divenuto presidente è ora un dato di fatto, tanto che l’Ucraina potrebbe assumere le sembianze di una repubblica de facto super-presidenziale.
Un cambiamento radicale?
A dimostrare l’umore popolare in Ucraina non è solo la vittoria di un partito anti-sistema, ma anche il livello di affluenza ai seggi che si è attestato sul 49,8%, il più basso di sempre.
Infatti, una breve occhiata alle liste e ai nomi dei candidati che hanno preso parte alle elezioni che si sono appena concluse è in un certo senso sufficiente per scorgere i numerosi paradossi della politica ucraina. Se potessimo riportare le lancette indietro catapultando un elettore nel lontano 1998, ad esempio, troveremmo, forse, almeno una delle possibili spiegazioni della popolarità di quelli che ora in Ucraina si definiscono come gli ‘uomini nuovi’ della politica. Se negli ultimi 20 anni i partiti hanno continuato a nascere e proliferare come funghi, molte delle facce cha hanno popolato e continuano a popolare il sottobosco di queste pseudo organizzazioni politiche non sono cambiate, se non per l’inesorabile impatto del tempo.
Un elettore catapultato indietro nel tempo, con due rivoluzioni ed una guerra sulle spalle, si troverebbe probabilmente meno spaesato di quello che uno possa immaginare. Nel 1998 Petro Porošenko, il presidente uscente nonché leader di “Solidarietà Europea”, era il candidato numero 11 nelle liste del partito Social-democratico. La sua rivale di oggi, quella Julija Tymošenko entrata nuovamente in parlamento, già allora era una delle figure di spicco dell’Unione Pan-Ucraina “Comunità”. Viktor Medvedčuk, il potente cardinale grigio della politica ucraina che colleziona partiti e canali televisivi e che oggi è membro e principale sponsor del partito pro-russo “Piattaforma di opposizione-Per la vita”, sedeva comodamente non lontano da Porošenko tra i candidati del partito Social-democratico.
E se il nostro sfortunato viaggiatore nel tempo avesse preferenze radicali? Anche all’estrema destra dello spettro politico potrebbe facilmente trovare facce note. Oleh Tjahnybok, oggi leader del partito “Libertà” (Svoboda) che ha accolto per l’occasione delle elezioni tutta una serie di partiti di estrema destra come Pravij Sektor e Corpo Nazionale, fu eletto per la prima volta proprio nel 1998 tra le fila del Partito social-nazionale ucraino.
E’ forse solo un caso che proprio i due candidati che oggi rappresentano quegli ‘uomini nuovi’ che in contesti europei non esiteremmo a definire come populisti, quel lontano 1998 se lo dovrebbero ricordare piuttosto bene. Volodymyr Zelenskyj proprio nel 1998 esordiva come il leader del gruppo Kvartal-95 (successivamente trasformato in un vero e proprio studio televisivo), mentre Svjatoslav Vakarčuk si spostava da Lviv a Kiev con il suo gruppo musicale Okean Elzy, pubblicando il loro primo album.
Ora non rimane altro che aspettare le prime mosse della nuova maggioranza, a partire dalla formazione del nuovo governo. E se le priorità di Zelenskyj sono quelle di finire la guerra, assicurare il ritorno di tutti i prigionieri ucraini e di avviare finalmente quella lotta alla corruzione che tutti promettono da anni, gli ucraini si aspettano ora fatti concreti anche in altri campi. Una delle tante promesse di Ze e della sua squadra riguarda il rinnovamento generale del sistema politico del paese, a partire dall’abrogazione dell’immunità dei parlamentari, una legge per l’impeachment del presidente e una concreta riforma del sistema elettorale. Il tempo delle attese è finito. Per Zelenskyj è giunta l’ora di dimostrare che gli ‘uomini nuovi’ saranno capaci di passare, finalmente, dalle parole ai fatti. Altrimenti tra altri 20 anni saremo ancora qui a ricordare il lontano 1998.