Un momento degli scontri durante il pride di Bialystok. Foto Afp

POLONIA: I nazionalisti assaltano il Pride a Bialystok

Lo scorso 20 luglio oltre ottocento manifestanti hanno marciato a Bialystok per chiedere uguaglianza e diritti per la comunità Lgbt. Si è trattato del primo pride per la città più grande della Polonia orientale, organizzato nell’ambito delle manifestazioni sullo stesso tema che hanno coinvolto numerose città polacche negli ultimi mesi.

Durante la manifestazione un gruppo di alcune decine di militanti di estrema destra ha attaccato il corteo, prima con insulti, sputi e lanci di oggetti, poi con il lancio di gavettoni pieni di feci e urina. Infine il gruppo ultranazionalista ha attaccato numerosi manifestanti con mazze, catene e pietre. Molti partecipanti al corteo sono dovuti fuggire dalla zona, cercando rifugio in negozi e farmacie e cambiandosi in corsa per non essere riconosciuti come partecipanti al pride. Alla fine della giornata, secondo il capo della polizia di Bialystok, Tomasz Krupa, sarebbero state arrestate venti persone, e quattro di queste sono state accusate di aver aggredito anche degli agenti di polizia.

Bialystok: una storia di discriminazione, ma anche di tolleranza

Non è un caso che questi fatti di intolleranza si siano verificati a Bialystok. La città è infatti una delle roccaforti del partito ultranazionalista Diritto e Giustizia (PiS), oggi al governo, che qui alle ultime elezioni europee ha preso oltre il 55% delle preferenze su una media nazionale di ben dieci punti percentuali inferiore. I partiti favorevoli ai diritti civili per la comunità Lgbt in città hanno avuto risultati al di sotto delle aspettative: Piattaforma Civica (PO) si è fermata al 30%, contro il 38% della media nazionale, mentre Primavera (Wiosna), unica forza socialdemocratica a totalizzare un risultato rilevante, si è fermata attorno al 3% a Bialystok, circa la metà del risultato ottenuto a livello nazionale.

Eppure, anche se oggi è diventata una delle roccaforti della reazione e della destra ultranazionalista polacca, Bialystok non ha solo vissuto numerosi eventi di discriminazione, ma ha anche una grande tradizione di resistenza all’oppressioneNell’Ottocento la città è stata un grande esempio di pacifica convivenza tra cattolici e ebrei, che arrivarono perfino a rappresentare la maggioranza assoluta degli abitanti. Nel 1941, quando i nazisti occuparono la città, a Bialystok viveva ancora una delle più importanti comunità ebraiche di tutta la Polonia. I tedeschi distrussero la grande sinagoga di legno nel centro della città e diedero il via alle persecuzioni contro gli ebrei, che vennero prima richiusi in un ghetto, e poi sterminati: oltre tremila persone morirono il 27 giugno 1941, mentre molti altri vennero deportati nei campi di concentramento di Treblinka, Majdanek e Auschwitz. E tuttavia fu proprio nel ghetto di Bialystok che alcune centinaia di ebrei diedero vita a una delle più importanti rivolte contro l’occupazione nazista. E come un tempo per la comunità ebraica, oggi la città è un simbolo composito della lotta per i diritti civili, a metà fra reazione e tolleranza, discriminazione, e lotta contro l’oppressione: elementi che oggi come allora si intersecano a Bialystok e in tutto lo Stato polacco.

L’aggressione e il clima politico

L’aggressione di sabato scorso si inserisce in un quadro complessivo in cui la discriminazione dei membri del movimento Lgbt è una realtà concreta. Al di là della recente offensiva politica del governo contro il movimento, il partito Diritto e Giustizia (PiS) ha impostato tutta la campagna elettorale verso le elezioni politiche di ottobre sul tema dei diritti civili. Per Jaroslaw Kaczynski, eminenza grigia del partito, le coppie Lgbt sono “una minaccia per la nazione e la famiglia”. Nel frattempo numerosi comuni e una assemblea regionale si sono dichiarati liberi dall’ideologia Lgbt, un termine che richiama fin troppo Judenfrei, termine usato dai nazisti nei paesi occupati per definire le zone dove la presenza ebraica era stata eliminata. Il tutto in un clima politico molto teso, un contesto in cui solo pochi mesi fa si è inserita l’uccisione, durante un comizio, del sindaco di Danzica, membro del partito liberale di opposizione al PiS.

Nonostante questo, gli eventi di sabato scorso non devono trarre troppo in inganno. Per quanto riguarda la questione dei diritti civili, è vero che un settore oggi maggioritario della politica polacca sostiene la linea dura della discriminazione dei membri del movimento Lgbt. Ma esiste anche una Polonia diversa, aperta e tollerante: negli ultimi giorni si sono svolti numerosi pride in varie città polacche, tutti senza particolari incidenti e con una certa partecipazione popolare. Esiste una parte dell’opinione pubblica polacca, soprattutto fra le nuove generazioni, che vede favorevolmente la concessione dei diritti civili ai membri del movimento Lgbt, e che elettoralmente trova espressione nella formazione liberale Piattaforma Civica (PO), in misura minore nel partito socialdemocratico Primavera (Wiosna), guidato dall’attivista omosessuale Robert Biedron, e nel mare dell’astensione che anche in Polonia rappresenta circa la metà dell’elettorato. Una Polonia molto diversa da quella dei sostenitori di Diritto e Giustizia, che va tenuta in considerazione se si vuole raccontare la situazione polacca in tutta la sua complessità.

 

Foto Afp

Chi è Davide Longo

Nato nel 1992, vivo e lavoro a Varese. Sono laureato in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Milano, ho studiato lingua e cultura cinese e ho trascorso un periodo di studio all'Università di HangZhou, Zhejiang, Repubblica Popolare Cinese. Oggi sono docente di Italiano e Storia nella scuola secondaria di primo grado. Appassionato di storia e politica sia dell'Estremo Oriente, sia dei Paesi dell'ex blocco orientale, per East Journal scrivo di Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, senza disdegnare i Balcani (concepiti nel senso più ampio possibile). Ho scritto per The Vision e Il Caffé Geopolitico e sono autore di due romanzi noir: Il corpo del gatto (Leucotea, 2017) e Un nido di vespe (Fratelli Frilli, 2019).

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