Venerdì 19 luglio Ramush Haradinaj ha annunciato le sue dimissioni da primo ministro del Kosovo. La motivazione alla base di tale scelta è stata spiegata dallo stesso Haradinaj: l’ormai ex-primo ministro ha ricevuto una convocazione per un interrogatorio da parte della Corte speciale per i crimini dell’Esercito di Liberazione del Kosovo (UÇK), tribunale con sede all’Aja che indaga sui presunti crimini commessi tra il 1998 e il 2000 dall’UÇK nella sua guerra contro le forze della Serbia di Slobodan Milošević. Questa decisione lascia presagire elezioni anticipate, da svolgere probabilmente a settembre.
L’annuncio
L’annuncio pubblico di Haradinaj ha colto tutti di sorpresa. È stato lui stesso davanti ai giornalisti ad informare l’opinione pubblica della convocazione ricevuta dall’Aja in qualità di sospetto, e della sua decisione di presentarsi per l’interrogatorio come semplice cittadino, e non come primo ministro del Kosovo.
L’ormai ex-premier, che durante la guerra è stato uno dei leader dell’UÇK, si è detto innocente e pronto ad affrontare le accuse davanti ai giudici. Il lunedì successivo Haradinaj ha presentato le dimissioni formali al presidente della Repubblica Hashim Thaçi, prima di volare all’Aja nella giornata di martedì. Al momento, tutto lascia pensare che ci saranno elezioni anticipate, e già si parla del prossimo 8 settembre come possibile data.
La Corte
Non è al momento noto per quali reati Haradinaj è stato convocato, ma è stato lui stesso ad ammettere che verrà ascoltato in qualità di sospetto. La Corte Speciale, propriamente chiamata Specialist Chambers and Specialist Prosecutor’s Office, è nata per perseguire i presunti crimini commessi dall’Esercito di Liberazione del Kosovo contro civili serbi, rom ed albanesi, sulla base delle accuse raccolte in un report del 2011 del Consiglio d’Europa e dalle indagini condotte da una Special Investigative Task Force (SITF).
A differenza del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY), la Corte Speciale deve la sua fondazione ad una legge approvata dal parlamento di Pristina, dunque è parte del sistema giuridico kosovaro, ma, proprio come il Tribunale, ha sede a l’Aja e ha giudici internazionali, per garantirne la sicurezza. Negli ultimi mesi, il Tribunale ha chiamato a testimoniare diversi ex-esponenti dell’UÇK, ma nessun rinvio a giudizio è stato ancora emesso.
Un déjà-vu
L’annuncio di venerdì scorso ha rappresentato una sorta di déjà-vu. Già nel 2005, difatti, Haradinaj aveva deciso di dimettersi da primo ministro dopo aver appreso di essere indagato dall’ICTY per crimini di guerra. L’accusa per Haradinaj ed i suoi uomini era quella di aver costituito un’impresa criminale congiunta per consolidare il potere dell’UÇK tramite violenze a danno di civili serbi, albanesi e rom, accusati di collaborare con il nemico.
Il processo si concluse nel 2007 con un’assoluzione completa, ma a causa dei sospetti sulla poca sicurezza garantita ai testimoni, Haradinaj venne processato una seconda volta, ottenendo nel 2012 una nuova assoluzione.
La scelta
Le interpretazioni riguardanti la decisione presa da Haradinaj sono diverse. Da un lato, c’è stato un generale apprezzamento, anche da parte degli avversari politici, per la scelta di rassegnare le dimissioni e di presentarsi davanti ai giudici non come rappresentante del paese, ma come singolo cittadino.
Dall’altro, diversi analisti hanno messo in luce come la coalizione di governo fosse ormai al capolinea, e Haradinaj abbia semplicemente colto l’occasione giusta per fare un passo indietro, pronto però a ripresentarsi alle prossime elezioni, magari giocando nuovamente la carta dell’eroe nazionale.
Era ormai da mesi, difatti, che l’alleanza tra il partito di Haradinaj, l’Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK), e il partito del presidente del parlamento Kadri Veseli (ma, soprattutto, partito fondato e controllato dal presidente Thaçi), il Partito Democratico del Kosovo (PDK), mostrava chiari segnali di cedimento, a partire dagli scontri quotidiani tra Haradinaj e Thaçi su questioni cruciali come le tasse imposte sui prodotti serbi e l’ipotesi di scambio di territori tra Pristina e Belgrado.
Il futuro
Le dimissioni di Haradinaj aprono dunque, di fatto, l’ennesima campagna elettorale. I protagonisti di sempre sono pronti a sfidarsi, salvo poi trattare alleanze e coalizioni all’indomani del voto. Sarà un agosto particolarmente caldo in Kosovo: difficile dire oggi se il paese vivrà un vero cambiamento o se, ancora una volta, tutto deve cambiare perché tutto resti come prima.
Foto: Al Jazeera