Benvenuti in Romania, meravigliosa landa dove a tre mesi e mezzo dalle elezioni presidenziali ancora nel partito di governo non si sa chi sfiderà il presidente uscente Klaus Iohannis. Ebbene sì, ancora nessuno ha svelato le sue carte. Proprio mentre oggi il leader dell’Unione per la Salvezza della Romania (USR), Dan Barna, ha ufficializzato la sua candidatura, dentro al sempre coriaceo partito social-democratico (PSD) tutti litigano con tutti, e la povera premier Viorica Dancila sembra in grossa difficoltà di fronte all’arduo compito piombatole addosso dopo l’arresto di Liviu Dragnea. Ah, Liviu Dragnea. Da quando si trova dietro le sbarre la bagarre interna al PSD ha perso il suo lato oscuro, criminale, ambiguo, l’unico che permetteva al partito di non affondare nell’oscuro mare del patetico, dove adesso rischia di annegare. Dancila sta tentando di evitare il naufragio in ogni modo. Nei giorni scorsi ha chiesto e ottenuto le dimissioni del ministro dell’interno, giustificando questa sua scelta con la necessità di conferire una nuova immagine al dicastero, molto mal visto dopo gli eventi dello scorso 10 agosto, quando la gendarmeria caricò e manganellò i manifestanti pacifici. La mossa non sembra averle portato ondate di stima, ma solo domande insistenti da parte di giornalisti che quando sono di fronte a lei sembrano dimenticare gli ossequi dovuti al primo ministro. Qualcuno salvi la compagna Viorica.
Il candidato del PSD alla presidenza può forse interessare noi, ma non l’80 per cento della popolazione, che invece si gode ancora l’estatico successo di Simona Halep in quel di Wimbledon. Oltre al premio già abbastanza succulento conferitole dall’All England Club, un riconoscimento simbolico ben meno remunerativo vorremmo darlo noi a Simona, per aver pubblicamente ringraziato il suo paese subito dopo la vittoria. Un paese in cui buona parte del mondo giornalistico non perde occasione per crocifiggerla di fronte ad ogni sconfitta, salvo poi affannarsi a salire sul suo carro al momento opportuno. Un paese in cui non esistono campi in erba, ma che offre al mondo la campionessa di Wimbledon. E’ la Romania, bellezza. Un luogo di difficile comprensione, ma di tanta poesia.
Chiudiamo questo piccolo sproloquio tennistico assegnando voto 2 ai media del bel paese che in ogni contributo dedicato alla vittoria della Halep, per citare i sacrifici fatti dalla romena per vincere Wimbledon, hanno parlato in maniera debordante dell’operazione a cui si è sottoposta per ridurre il seno. Un particolare menzionato da chiunque, che manifesta uno spirito un po’ voyeuristico, un po’ gossipparo, e che ci fa capire perché non possiamo ancora fare a meno del tanto deprecabile politicamente corretto.
Tra una partita di tennis e un barbecue all’aperto, molti siti romeni hanno riportato la notizia di un francobollo emesso dalle poste francesi che disegna la Romania attuale coi confini del 1918, quindi arricchita di Bessarabia, Bucovina settentrionale e Dobrugia meridionale. Molti si sono interrogati scherzando, ma non troppo: “Forse i francesi sanno qualcosa che noi non sappiamo. E se Macron stesse lavorando per restituire alla Romania quelle terre che quel manigoldo di Stalin ci ha rubato?”. Speranze e illusioni si mischiano vorticosamente nelle afose serate estive di Bucarest. E d’altronde si sa, per i romeni la Francia è sempre stato il fratello maggiore. Bucarest era la piccola Parigi. Pur amando alla follia i retropensieri, ci risulta difficile credere che la prima preoccupazione del presidente francese Emmanuel Macron sia restituire la Moldavia agli amici romeni. E anzi, lanciamo un appello affinché questa storia di Bucarest come piccola Parigi finisca al più presto. E se alla fine fosse Parigi, in fondo, una grande Bucarest?
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