BOSNIA: L’Opinione della Commissione e la strada in salita verso l’UE

Se non una vera e proprio bocciatura, l’opinione espressa dalla Commissione europea il 29 maggio scorso circa l’avvio del processo di adesione della Bosnia Erzegovina all’Unione europea appare sicuramente come un severo monito. Le distanze tra quanto previsto dai criteri di Copenhagen e il contesto attuale della Bosnia Erzegovina sono apparse siderali. A nove mesi dalle elezioni dell’ottobre scorso, il paese resta in una situazione di stallo, incapace di darsi un nuovo governo a causa dei veti incrociati dei principali partiti sulla riforma elettorale e sull’adesione alla NATO .

Le troppe questioni politiche aperte

La Commissione identifica 14 priorità chiave all’interno del “criterio politico” definito nel 1993 a Copenhagen: istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela. Sarà il progresso del paese nelle aree di democrazia/funzionalità, stato di diritto, diritti umani e riforma della pubblica amministrazione ad essere dirimente per la possibile apertura di un negoziato d’adesione o, quantomeno, per il riconoscimento dello status di paese candidato nei prossimi anni

E sono ancora troppe le questioni aperte in queste aree per la Bosnia Erzegovina: esse traggono origine dalla complessa struttura statale e dal conflitto di competenze tra stato centrale e governi delle due entità con cui la Bosnia è stata riorganizzata dagli accordi di Dayton del 1995. Conflittualità che nemmeno una Corte Costituzionale poco autorevole e troppo assoggettata al potere politico riesce a dirimere, consegnando il paese all’immobilismo.

La Costituzione stessa, peraltro, contiene elementi fortemente caratterizzati dal punto di vista etnico, determinando una palese discriminazione tra cittadini che si riconoscono membri dei “popoli costituenti” e quelli delle minoranze. Come notato ormai 10 anni fa dalla corte di Strasburgo nella famosa sentenza Sejdic-Finci, il diritto a candidarsi alle elezioni per la Presidenza tripartita e per la camera alta (la Camera dei Popoli) è riservato esclusivamente a bosgnacchi, croati e serbi, in violazione del diritto europeo alla non-discriminazione.

Il documento della Commissione lamenta anche forti ritardi nelle riforme della pubblica amministrazione, ancora condizionata dal potere politico e troppo spesso gestita con metodi clientelari, e del sistema giudiziario:  pur riconoscendo gli sforzi fatti negli ultimi anni, si nota quanto ancora incompleta sia l’indipendenza del potere giudiziario da quello politico, condizione che ne compromette efficacia e autorevolezza.

In assenza di una corte suprema a livello statale, resta difficile il coordinamento delle corti e l’interpretazione sistematica della legge, complicando il contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione, dilagante ad ogni livello, ma anche la prevenzione e la lotta al terrorismo e agli estremismi.

Nel settore dei diritti fondamentali appare particolarmente critica la situazione riguardante la libertà di stampa e si rimarca, da un parte, un totale controllo del potere politico sul sistema informativo pubblico, denunciando, dall’altra, l’uso frequente di minacce e violenze come strumento di pressione esercitato sui giornalisti indipendenti per condizionarne l’operato.

Critiche vengono anche mosse circa la tutela dei gruppi vulnerabili come le persone con disabilità, la comunità LGBT (che a settembre si cimenterà nel suo primo Pride), i rom, i migranti e i richiedenti asilo, il cui accesso alla protezione internazionale resta inadeguato. Un giudizio negativo viene anche riportato circa il sistema scolastico ed educativo, con particolare riferimento al famigerato modello delle “due scuole sotto un tetto”.

La riconciliazione impossibile

E’ infine il cammino verso la riconciliazione post-bellica quello più complesso e quello più lontano dall’essere concluso. In entrambe le entità prevalgono i partiti nazionalistici e identitari e non è stato intrapreso alcun percorso di analisi e di presa di coscienza collettiva che possa portare ad una visione condivisa dei fatti e, quindi, al superamento delle conseguenze profonde della guerra. Da parte della classi politiche, al contrario, si assiste ad un continuo far leva su gli aspetti divisivi, al mero scopo di fortificare il proprio potere.

La Commissione evidenza la mancanza del pieno riconoscimento dell’operato dei tribunali internazionali e del rispetto delle loro decisioni e il prevalere di letture revisionistiche e negazionistiche dei fatti accertati, come quello del genocidio di Srebrenica di cui, proprio in questi giorni, ricorre l’anniversario. In un paese dove sono ancora migliaia i dispersi, rimane anche incompleto il processo di rientro dei profughi in abitazioni definitive e si calcola che siano ancora centomila le persone a vivere questa situazione.

La strada in salita

Sebbene l’opinione della Commissione non sia vincolante è difficile pensare che il Consiglio dell’Unione non tenga conto delle sue valutazioni nel redigere le sue conclusioni, attese per fine anno, soprattutto laddove viene scritto che: “i negoziati per l’adesione all’Unione dovrebbero essere aperta solo dopo che il paese abbia raggiunto il necessario grado di conformità con i criteri di membership (…)”. In particolare quando invece Albania e Nord Macedonia stanno facendo fatica a convincere il Consiglio ad aprire i negoziati d’adesione, dopo un decennio di riforme, come ricordato dalla Commissione nei rapporti annuali di quest’anno.

Per la Bosnia Erzegovina il cammino dell’integrazione europea è appena iniziato. Nel 2020 la Commissione redigerà un nuovo rapporto, ma la strada davanti è ancora lunga e il clima nel paese non sembra quello adatto per affrontarla.

Chi è Pietro Aleotti

Milanese per caso, errabondo per natura, è attualmente basato in Kazakhstan. Svariati articoli su temi ambientali, pubblicati in tutto il mondo. Collabora con East Journal da Ottobre 2018 per la redazione Balcani ma di Balcani ha scritto anche per Limes, l’Espresso e Left. E’ anche autore per il teatro: il suo monologo “Bosnia e il rinoceronte di pezza” ha vinto il premio l’Edizione 2018 ed è arrivato secondo alla XVI edizione del Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo. Nel 2019 il suo racconto "La colazione di Alima" è stato finalista e menzione speciale al "Premio Internazionale Quasimodo". Nel 2021 il racconto "Resta, Alima - il racconto di un anno" è stato menzione di merito al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.

Leggi anche

Karakazandziluk: il nazionalismo serbo nella critica letteraria in Bosnia

Il critico letterario sarajevese dimostra la strumentalizzazione di Ivo Andric e altri scrittori bosniaco-erzegovesi a favore del nazionalismo gran-serbo

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com