Domenica 23 giugno hanno manifestato a Mosca circa 2000 persone. Lo scopo delle proteste era quello di denunciare le accuse infondate a danno di giornalisti e attivisti politici. Tra gli organizzatori ci sono alcuni membri del Partito Liberale russo e del sindacato dei giornalisti.
Le dimostrazioni
Migliaia di persone sono nuovamente scese a manifestare nelle strade della capitale e in una decina di altre città russe, questa volta con lo slogan “la società chiede giustizia”. La protesta di domenica, che era stata approvata dalle autorità, fa infatti parte di una sequenza di eventi scatenati dall’arresto del giornalista investigativo Ivan Golunov. Lo scopo di quest’ultima manifestazione, inizialmente indetta a supporto del reporter di Meduza, si è in seguito allargato fino a comprendere tutti i casi di accuse inventate dalla polizia stessa e di detenzioni senza fondamento che coinvolgono attivisti e giornalisti.
Il 12 giugno si era già svolta una marcia non autorizzata a Mosca per motivi pressoché identici, mentre il 16 dello stesso mese il governo ne aveva autorizzata un’altra a supporto della libertà dei media – descritta da alcuni come un evento di facciata.
Il caso emblematico di Golunov
Il 6 giugno era stato arrestato Ivan Golunov, giornalista anticorruzione che scrive per la piattaforma online Meduza, con la falsa accusa di detenzione di sostanze stupefacenti. Sebbene sia stato rilasciato per mancanza di prove l’11 giugno, nei giorni successivi la società russa ha continuato ad esprimere la propria solidarietà attraverso le suddette dimostrazioni.
Il caso Golunov sembra un esempio calzante della strategia usata dalle autorità russe per far tacere personaggi scomodi. Come ha affermato Ruslan Titov, uno dei dimostranti di domenica, “il caso di Ivan Golunov non è unico nel suo genere”. Ogni anno vengono arrestati oppositori politici, attivisti e giornalisti con l’accusa di possesso o spaccio di droga. Mentre il giornalista di Meduza è stato rilasciato, molti altri sono ancora detenuti dalle autorità. Per questo motivo, “la società chiede giustizia” anche dopo la chiusura del caso Golunov.
Foto: rferl.org