Sono passati otto mesi dalle ultime elezioni in Bosnia Erzegovina e non si è ancora giunti ad un accordo per la formazione di un nuovo esecutivo. Allo stato attuale, le posizioni divergenti dei partiti bosniaci in merito al processo di adesione della Bosnia Erzegovina alla NATO sono tra gli ostacoli maggiori verso la risoluzione dello stallo istituzionale. Mentre la classe politica bosniaca resta divisa, gli organismi internazionali temono che il ritardo nella formazione del governo possa rallentare il consolidamento delle riforme necessarie al paese.
La NATO al centro della disputa
Un primo passo formale verso l’adesione della Bosnia Erzegovina alla NATO è stato compiuto lo scorso 5 dicembre, quando i ministri degli Esteri dei paesi dell’organizzazione euro-atlantica si sono espressi a favore dell’attivazione del Piano d’azione per l’adesione (Membership Action Plan, MAP). Il MAP, che è stato progettato come un programma di assistenza e sostegno pratico per i paesi che intendono aderire all’Alleanza Atlantica, è a sua volta subordinato alla preparazione di programmi annuali nazionali (National Annual Programme, ANP). In questi ultimi, i paesi interessati a una futura adesione alla NATO indicano alcune misure da attuare in campo militare, economico, giuridico e politico.
Mentre i rappresentanti dei partiti politici bosgnacchi si sono espressi a favore dell’attivazione del MAP, i serbo-bosniaci si oppongono. Questi ultimi, attraverso le posizioni dell’Alleanza dei Socialdemocratici Indipendenti (SNSD) sono principalmente in contrasto con il principale partito conservatore bosgnacco, il Partito d’Azione Democratica (SDA). Entrambi i partiti si accusano a vicenda di causare l’attuale impasse istituzionale: se l’SDA pone l’attivazione del MAP come una condizione essenziale per la formazione del governo, l’SNSD rifiuta vivamente tale ipotesi, non dicendosi disposta ad accettare ulteriori misure per l’integrazione della Bosnia nella NATO.
La natura dello stallo istituzionale
Al momento l’SDA e l’SNSD, insieme ai croato-bosniaci dell’HDZ-BiH, sono riusciti a trovare un accordo solamente in merito alla distribuzione dei ministeri. Oltre alla paralisi sulla formazione del governo, l’inconciliabilità delle posizioni tra i partiti bosniaci è esemplificata dalla mancata costituzione del governo della Federazione di Bosnia Erzegovina – una delle due entità del paese – nonché dall’inattività degli organi parlamentari della Bosnia Erzegovina.
Sullo stallo politico del paese si sono espressi sia l’Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina , Valentin Inzko sia il Consiglio per l’attuazione della pace (Peace Implementation Council, PIC) sottolineando entrambi la necessità di una formazione delle autorità esecutive e parlamentari a tutti i livelli di governo. Una posizione simile è stata espressa dalla Commissione europea nell’Opinione sulla domanda d’adesione della Bosnia Erzegovina all’Unione europea, dove è stata evidenziata la “necessità di coordinamento e armonizzazione delle posizioni politiche del paese, in particolare per quanto riguarda l’allineamento e l’attuazione della legislazione derivante dall’acquis dell’UE.” Mentre il Consiglio UE ha sostenuto che “la politica di partito e la mancanza di volontà di compromesso non dovrebbero bloccare le legittime aspirazioni dei cittadini bosniaci di avanzare verso l’Unione europea”.
Quando verrà superata l’impasse?
L’incapacità dei partiti bosniaci di risolvere l’attuale impasse politica è indice di una mancata lungimiranza della classe dirigente, interessata a porre veti piuttosto che fornire soluzioni concrete ai problemi della cittadinanza. Il costo di queste inadempienze ricade in larga misura sulle nuove generazioni, sempre più propense ad abbandonare il paese in ricerca di migliori opportunità lavorative. Come sottolineato dal Rapporto analitico 2019 della Commissione europea la disoccupazione giovanile si attesterebbe intorno al 40%, comprovando, oltre alla sfiducia crescente verso le istituzioni, la grave mancanza di prospettive di realizzazione personale nel proprio paese. In aggiunta a questi fattori, l’aumento estivo dei flussi migratori attraverso la Bosnia Erzegovina costituisce una problematica ulteriore per le autorità locali. Con il protrarsi della crisi istituzionale nel paese vi è il rischio di fornire risposte ancora più insufficienti riguardo la gestione dei transiti, a discapito delle popolazioni locali, dei migranti e delle associazioni che lavorano sul campo.
Alla luce di quanto espresso, la risoluzione dell’attuale stallo istituzionale richiede un’assunzione condivisa di responsabilità tra i maggiori partiti bosniaci. Secondo il leader del HDZ-BiH Dragan Cović, l’esecutivo verrà formato a breve, un’opinione che tuttavia non sembrerebbe essere pienamente condivisa dagli esponenti degli altri schieramenti in campo. Per Bakir Izetbegović, presidente del partito bosgnacco SDA, il blocco istituzionale verrà sciolto soltanto se i partiti troveranno un compromesso sul processo di adesione alla NATO. Mentre il leader dei serbo-bosniaci del SNSD, Milorad Dodik, non si dice al momento ottimista sul raggiungimento di un accordo tra le parti. Nel frattempo a pagarne le conseguenze sono i cittadini bosniaci, ormai scoraggiati da otto mesi di lunghe attese e preoccupati che ulteriori rallentamenti possano minare il normale funzionamento dei vari livelli di governo nel paese.
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