Dopo un anno e mezzo, si è concluso con una condanna il processo sul fallito colpo di stato in Montenegro dell’ottobre 2016, considerato un tentativo russo di ostacolare l’ingresso di Podgorica nella NATO. Nove cittadini serbi, tre montenegrini e due russi sono stati condannati per terrorismo e per aver creato un’associazione criminale.
Il golpe e l’ombra del Cremlino sul Montenegro
Secondo i risultati delle indagini, i golpisti intendevano rovesciare il governo e uccidere il primo ministro Milo Đukanović, per poi installare un nuovo esecutivo favorevole a Mosca, con i russi che avrebbero coordinato l’operazione dalla Serbia. Un vero e proprio complotto internazionale che rappresenterebbe il più grande tentativo della Russia di ostacolare l’ingresso nella NATO di un paese europeo. Mosca, tuttavia, ha preso le distanze: il portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, ha parlato di accuse “assurde” e ha negato ogni coinvolgimento della Russia.
Un tentativo fallito, visto che i congiurati sono stati arrestati alla vigilia delle elezioni, vinte poi nuovamente da Đukanović, e il Montenegro è successivamente diventato membro NATO nel 2017. Per la Russia si è trattato di una sconfitta geopolitica, con la Serbia che è rimasta l’unico paese dei Balcani a non essere membro NATO o a volerlo diventare.
Le condanne e le risposte
Le condanne più pesanti sono state riservate a Eduard Shishmakov e Vladimir Popov, entrambi cittadini russi, condannati in contumacia rispettivamente a 15 e 12 anni, mentre Andrija Mandić e Milan Knežević, politici montenegrini del partito di opposizione filoserbo Fronte Democratico, hanno ricevuto una condanna a cinque anni. Shishmakov e Popov sono sospettati di essere agenti del GRU (Glavnoe razvediyvatel’noe upravlenie), i servizi segreti delle forze armate russe accusati anche dell’attacco a Sergej e Julija Skripal’ a Salisbury e di interferenze durante le presidenziali USA del 2016.
I condannati hanno tuttavia respinto le accuse. Mandić e Knežević sostengono che si tratti di una sentenza politicamente motivata e hanno intenzione di presentare ricorso. Anche il testimone dell’accusa Saša Sinđelić, un nazionalista serbo che avrebbe coordinato i contatti con Shishmakov e Popov, ha ritrattato, sostenendo che in realtà l’intenzione fosse semplicemente di manifestare contro Đukanović, non di rovesciare il governo. La dichiarazione, tuttavia, contraddice tutte le testimonianze precedenti, in cui Sinđelić aveva affermato di aver ricevuto telefoni criptati e 200.000 dollari dal Cremlino per pianificare il colpo di stato. Interrogato a proposito della contraddizione, si è difeso sostenendo che non voleva essere responsabile di condanne “politiche”.
Foto: Balkan Insight