Niente cibo ai migranti. Questa è la politica del premier ungherese Viktor Orbàn nei confronti delle migliaia di irakeni, siriani, afghani, pakistani bloccati al confine tra Serbia e Ungheria. Secondo il Comitato ungherese di Helsinki, una Ong che fornisce assistenza legale a chi arriva in Europa attraverso la rotta balcanica, sono almeno otto i casi documentati. Le autorità ungheresi hanno negato per giorni il cibo ai migranti dopo aver respinto le loro richieste di asilo politico, nella speranza che questi, spinti dalla fame, rientrassero in Serbia. Solo una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo, che può intervenire in casi di plateale violazione dei diritti umani con un procedimento d’urgenza, ha garantito che venga fornito cibo ai migranti.
Le politiche di Orbàn sull’immigrazione
Il governo ungherese non è nuovo a questo tipo di politiche in materia di immigrazione. Almeno dal 2015 Orbàn, leader del partito nazionalista Fidesz, porta avanti politiche aggressive che puntano alla chiusura delle frontiere nei confronti di chi tenta di entrare in Europa. Quattro anni fa le autorità ungheresi ordinarono la costruzione di un muro, sormontato da filo spinato, lungo tutto il confine con la Serbia. Poco dopo venne introdotta una tassa specifica per le Ong che si occupano di assistenza ai migranti. Inoltre, ottenere asilo politico in Ungheria è molto difficile: nel 2018 sono state accolte soltanto 365 richieste sulle migliaia presentate. In proporzione, si tratta di 35 persone per ogni milione di abitanti del paese, contro una media europea di 650. Nel marzo scorso Fidesz ha cominciato la campagna elettorale per le europee con una serie di manifesti che accusavano l’Ue di voler ricoprire l’Ungheria di migranti. Infine lo scorso 20 aprile le strutture che gestiscono le zone di transizione, dove i migranti attendono l’esito della richiesta di asilo, hanno annunciato di non essere più obbligate a fornire cibo a chiunque passi il confine fra Serbia e Ungheria.
La reazione del governo
Le autorità ungheresi non hanno negato le accuse mosse dalle Ong. Il portavoce del premier Viktor Orbàn, Zoltán Kovács, ha anzi respinto le critiche alla politica di rifiuto del cibo, dicendo che le autorità avrebbero fornito “di tutto per le persone che hanno il diritto legale di rimanere nella zona di transito”. Secondo Kovàcs il cibo non è stato dato solo a coloro le cui richieste di protezione internazionale sono risultate inammissibili. “È come un approccio professionale”, ha dichiarato il portavoce del premier ungherese, “quando gli affari sono finiti, non possiamo farci più niente”. Kovács ha insistito sul fatto che il governo di Budapest concede l’asilo solo a persone che arrivano nel Paese “non solo con una storia ma con prove reali” del fatto che le loro vite sono state messe in pericolo in patria.
Ungheria: un modello per la destra europea?
La questione dell’immigrazione è al centro delle politiche del governo Orbàn, e uno degli assi sui quali l’esecutivo ungherese resta in piedi e conserva i più alti indici di gradimento tra la popolazione, che si abbassano drasticamente quanto si parla invece di politica interna, lavoro, disoccupazione giovanile. E queste politiche, se potrebbero inasprire la crisi già in atto fra Fidesz e il Partito popolare europeo, piacciono invece ai leader della destra nazionalista del continente: lo stesso Matteo Salvini, leader della Lega e ministro dell’Interno italiano, qualche giorno fa ha espresso apprezzamento per le politiche di Orban. In un’intervista rilasciata alla televisione nazionale ungherese Salvini ha dichiarato che le autorità magiare hanno “protetto i confini con il filo spinato lungo centinaia di chilometri, risolvendo il problema” dell’immigrazione: un tema su cui il governo italiano e quello ungherese sembrano sempre più vicini.
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