Chissà quante porcate staranno facendo dalle parti di Kiev se un mediocre attore comico, protagonista di una serie televisiva in cui veste i panni di un integerrimo presidente della repubblica, sta per diventare davvero presidente. Viene da chiedersi come diavolo sia possibile. È chiaro che Volodymyr Zelensky è una marionetta, un buffone di corte. Ma di quale corte?
In un paese dove i politici vengono avvelenati con la diossina, fatti saltare in aria con le autobombe, sparati per strada da ignoti sicari, non si arriva al potere grazie alle proprie capacità, al merito, alla bella faccia che piace alla gente. Non dobbiamo essere tanto ingenui da credere che il voto in Ucraina sia l’espressione della volontà popolare. Semmai è l’espressione della capacità di influenza degli oligarchi. E dietro il buffone Zelensky ce n’è uno molto potente. Si tratta di Igor Kolomoisky.
Kolomoisky, l’uomo nell’ombra
Igor Kolomoisky era già in circolazione ai tempi dell’antico regime, ben prima dello scontro tra oligarchi che è stato il sottotesto della rivoluzione di Maidan. Ma è dopo la fuga di Yanukovich che è iniziata la sua ascesa. Nel 2014, durante i fatti di Maidan, il nostro Kolomoisky era il principale finanziatore di Pravy Sector, il “blocco destro” d’ispirazione ultra-nazionalista che scippò la rivoluzione alla società civile, aprendo la fase più violenta e cupa della protesta.
Alleato di un altro oligarca, Petro Poroshenko, ne ha poi appoggiato l’ascesa politica mantenendo però la propria autonomia. Venne infatti nominato (dall’allora presidente Turchynov) governatore di Dnepropetrovsk, che non è una città come le altre. Il gruppo di oligarchi locale, noto come clan di Dnepropetrovsk, vanta tra i suoi rappresentati Yulia Timoschenko e e il magnate dell’acciaio Victor Pinchuk, l’uomo che ha sposato la figlia dell’allora presidente Kuchma. Il clan ha mantenuto una notevole influenza anche negli ultimi anni tanto che Pinchuk, indossati i panni dell’europeista, grazie al favore di Germania e Francia, ha ottenuto il controllo dell’Agenzia per la modernizzazione dell’Ucraina, fantomatico ente che gestisce i fondi internazionali destinati al paese. Inutile dire che Pinchuk e Kolomoisky sono in buoni rapporti.
Con lo scoppio della guerra in Donbass, Kolomoisky ha dato il proprio sostegno economico al famigerato battaglione Azov, formazione paramilitare d’ispirazione ultra-nazionalista e di estrema destra. A Kolomoisky i soldi non gli mancavano certo, essendo allora proprietario della più grande banca del paese, la Privat Bank, e della UkrNafta, società a maggioranza statale di cui Kolomoisky deteneva di fatto il controllo. I miliziani delle formazioni paramilitari divennero presto una sorta di esercito privato dell’oligarca, utili per intimidire e aggredire i rivali politici in quella lotta tra bande che è da sempre il marchio di fabbrica della politica ucraina.
L’utilizzo dei media
Quando Poroshenko, spaventato dal potere di quello che ormai era un rivale sia in ambito economico che politico, decise di nazionalizzare la Privat Bank e riportare la UkrNafta sotto il controllo statale, era ormai troppo tardi. Il potere di Kolomoisky si era fatto troppo grande. Attraverso il canale televisivo di sua proprietà, 1+1, egli ha saputo promuovere la propria immagine e la propria agenda politica. Tra le trasmissioni promosse e realizzate da 1+1 spicca la serie televisiva “Il servitore del popolo“, recentemente acquistata da Netflix, che vede Volodymyr Zelensky come protagonista nei panni di un insegnante che, in virtù della propria onestà, si ritrova a vincere le elezioni diventando presidente.
Ci sarà un’alleanza con la Timoschenko?
Dalla fiction alla realtà il passo è breve. La vittoria di Zelensky pare ormai cosa fatta. Anche perché è assai probabile un’alleanza con Yulia Timoschenko, la vecchia pasionaria arancione, incarcerata ai tempi di Yanukovich, amica di Kolomoisky, che ha elevato se stessa a martire della patria senza tuttavia raccogliere grandi consensi. Candidata anche a queste elezioni presidenziali, non è riuscita a superare il primo turno fermandosi al 13%. Voti che potranno far comodo a Zelensky sancendo così il suo trionfo. In cambio – queste le voci che girano a Kiev – la ex-zarina del gas potrebbe ottenere la poltrona di primo ministro. A quel punto un accordo con la Russia per la fine del conflitto sarebbe più facile.
Dietrologie e scenari possibili
Nella sua campagna elettorale, Zelensky ha più volte dichiarato di voler riportare la pace mettendo fine alla guerra nel Donbass. Come potrà riuscirci? Difficilmente l’attore riuscirà a strappare più che una risata all’inquilino del Cremlino. Ma, evidentemente, non sarà lui a negoziare con Putin.
In effetti le premesse per una fine del conflitto ci sono tutte. Un accordo tra Kiev e Mosca sarebbe possibile qualora l’Ucraina decida di varare quella riforma costituzionale in senso federale caldeggiata dalla Russia e fermamente osteggiata da Poroshenko. Una soluzione che potrebbe piacere anche all’amministrazione Trump, desiderosa di ristabilire rapporti costruttivi con Mosca. Parlare pubblicamente di un accordo con la Russia non è popolare, al momento, in Ucraina. E infatti Zelensky si è guardato bene dal farlo. D’altro canto, l’antirussismo spinto di Poroshenko, fatto di richiami alla patria ed esaltazione dell’esercito, è uscito sconfitto dalle urne. Una pace è forse più vicina, ma somiglierà molto a una resa. La partita dell’appeasement verrà giocata dietro le quinte mentre in scena il buffone distrae il pubblico. Nel peggiore dei casi, i pomodori in faccia li prenderà il buffone.