da BUCAREST – La primavera sembra aver fatto finalmente capolino tra i Carpazi e il Danubio, riscaldando l’aria e anche il dibattito politico. Il clima più mite e gli alberi nuovamente in fiore, tuttavia, non sembra abbiano apportato grosso giovamento alla salute dei leader socialisti. Mentre scriviamo queste righe, l’immarcescibile Ion Iliescu, l’uomo che avrebbe deciso la morte di Nicolae Ceausescu, si trova sotto i ferri a causa di gravi problemi al cuore. Anche il suo erede alla guida del partito social-democratico (PSD) Liviu Dragnea ha frequentato nelle scorse settimane gli ospedali della capitale, a causa di una ben più banale ernia del disco che lo ha costretto ad interrompere la campagna elettorale. Da buon socialista statalista, Dragnea è stato ovviamente ricoverato in strutture sanitarie private. Niente di sorprendente, per il leader di un partito sedicente social-democratico che ama la nazione e dialoga amabilmente con la chiesa ortodossa. Whitman diceva orgogliosamente che “essendo un uomo, conteneva moltitudini”. Pensava forse a Dragnea e alle sue multiformi ambiguità? Non impossibile. Il leader maximo interrogato sul perché avesse scelto ospedali privati e non pubblici, come gli onesti poveri cittadini da lui tanto osannati, ha orgogliosamente risposto che si trattava di una struttura finanziata al cento per cento da capitale romeno e non straniero. La Romania ha dato i natali all’inventore del teatro dell’assurdo, ma probabilmente delle moltitudini di Dragnea molti romeni farebbero volentieri a meno.
Dacian Ciolos e la sua lotta col comunismo
La situazione non è più rosea dall’altro lato dello schieramento politico, dove il povero Dacian Ciolos, ex primo ministro e leader del neonato partito PLUS, continua a litigare con lo spettro comunista. Dopo essere stato accusato di amicizie pericolose con ex membri della Securitate, Ciolos e i suoi alleati dell’Unione per la Salvezza della Romania (USR) hanno cercato di dimostrare la loro candida verginità proponendo una legge che vieti la diffusione di idee e dottrine marxiste, minacciando i rei con una pena di dieci anni di galera. In Romania il rapporto col regime continua ad essere manicheo; da chi lo osanna ricordandolo nostalgicamente a chi vorrebbe in galera chi ne propaga le idee, nessuno riesce a interiorizzarlo e a digerirlo. Non sembra che la proposta di Ciolos abbia scaldato i cuori della gente, se non di qualche nostalgico che ha puntualmente lanciato pubblici improperi all’indirizzo dell’ex primo ministro, che forse farebbe bene ad accantonare il passato, dove non ha molta fortuna, e ha concentrarsi sul presente.
Chi gestisce la politica estera?
Nel frattempo la sempre puntuale premier Viorica Dancila ha attirato su di sé le luci della ribalta dichiarando che la Romania è pronta a spostare la sua ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, dimenticando tuttavia un piccolo ma fondamentale particolare. Il governo non può prendere decisioni in materie di politica estera senza il consenso del presidente della Repubblica, Klaus Iohannis. Conscia della gaffe, Viorica ha cercato di salvarsi in corner dicendo di esser stata travisata. Qualche giorno prima, in un momento di tenerissima sincerità, Dancila ha dichiarato di leggere sempre durante i suoi discorsi per evitare di dire stupidaggini. Speriamo ardentemente per le sorti del paese che il ghost writer della premier non si dia alla macchia.
Iohannis e il referendum sulla giustizia
Quando non corregge gli strafalcioni della premier, Iohannis si impegna nel suo sport preferito, ossia fare opposizione al governo. Nei giorni scorsi il presidente ha proposto un referendum, da tenersi il 26 maggio in concomitanza con le europee, sulle politiche del governo in materia di giustizia. Il quesito, piuttosto vago e aperto, dovrebbe recitare più o meno così “siete d’accordo con le politiche del governo in materia di giustizia?”; una domanda che definir retorica è eufemistico. Certo è che l’eventuale mix elezioni europee-referendum potrebbe assestare un colpo ben più letale dell’ernia del disco per il povero (si fa per dire) Liviu Dragnea, che nonostante la morfina ha tuonato contro il suo acerrimo nemico Iohannis, definendolo “disperato, ossessionato e terrorizzato”.
Continua la guerra alla Kovesi?
I veri ossessionati e terrorizzati sembrano tuttavia Dragnea e i suoi, che vedono come il fumo negli occhi la possibilità che Laura Codruta Kovesi, ex procuratore della direzione anti-corruzione, possa essere nominata procuratrice capo europea. La settimana scorsa la Kovesi è stata nuovamente interrogata dai giudici che la accusano di abuso d’ufficio, falsa testimonianza e corruzione. Alla Kovesi è stato impedito di lasciare il paese e di parlare con la stampa. Una chiara misura repressiva per ostacolare la sua nomina a Bruxelles. Un fatto gravissimo, chiaramente emblema di un regolamento di conti estremo non degno di un paese europeo. Alcuni commentatori hanno addirittura affermato (esagerando) che la Kovesi potrebbe essere arrestata. A quel punto non basterà la primavera a colorare il grigiore di un paese che sta pericolosamente imboccando la strada dell’autoritarismo.
Foto: Capital.ro