Il 27 marzo il tribunale distrettuale di Vilnius ha condannato in absentia l’ultimo ministro della difesa sovietico Dmitrij Jazov a 10 anni di prigione per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. La Lituania da alcuni anni infatti portava avanti un processo contro coloro che, secondo la repubblica baltica, hanno perpetrato le violenze e causato le morti di 14 manifestanti per la libertà e l’indipendenza del paese nel gennaio 1991 – la cosiddetta “Domenica di sangue”.
Oltre a Jazov – considerato dalla Lituania come principale organizzatore delle operazioni militari assieme all’allora capo del KGB Vladimir Krjučkov e al ministro degli interni sovietico Boris Pugo, oggi non più in vita –, la condanna ha colpito altre 66 persone, la maggior parte cittadini russi, come Jazov, e bielorussi. Solo in due hanno presenziato fisicamente al processo, gli ufficiali Jurij Mel’ e Gennadij Ivanov, condannati rispettivamente a sette e quattro anni di detenzione. Nessuno di loro ha accettato di dichiararsi colpevole. La Russia ha negato l’estradizione dei propri cittadini incriminati e ha anzi dichiarato il processo illegale e motivato da ragioni di natura espressamente politica.
La presidente lituana Dalia Grybauskaite ha apprezzato la decisione del tribunale di condannare “chi ha ucciso coloro che proteggevano pacificamente la libertà”. Il ministro degli esteri Linas Linkevicius ha affermato che la sentenza ossequia “coloro che hanno pagato il prezzo più alto per la libertà della Lituania”.
Un processo di lunga data
Dal 1991 a oggi la Lituania ha provato più volte a condannare definitivamente i colpevoli delle violenze della “Domenica di sangue”. Tuttavia, la maggior parte degli imputati risiede fuori dal paese; nel 1998 alla repubblica baltica riuscì solo di condannare coloro che erano rimasti in Lituania.
Nel 2010 le accuse sono state convertite da aggressione contro cittadini pacifici e tentativo di colpo di stato in crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Questa riformulazione ha accelerato il processo: si tratta infatti di accuse imprescrittibili nel tempo e i cui imputati possono essere processati anche in contumacia.
Chi è Dmitrij Jazov
L’oggi 94enne è stato l’ultimo ministro della difesa sovietico, dal maggio 1987 al crollo dell’Urss. Oltre che nella seconda guerra mondiale, il maresciallo – titolo insignitogli da Gorbačev nel 1990 – ha preso parte attiva alla crisi di Cuba nel 1962 e alla guerra in Afghanistan.
Dopo i fatti di Vilnius e l’attacco alla torre della televisione contro i manifestanti, Jazov spiegò ai deputati sovietici che, a suo avviso, “si era agito legittimamente”.
Fu ambigua allora la posizione di Gorbačev, il quale da un lato sostenne che l’operazione militare violenta non era stata con lui concordata, mentre dall’altro non condannò mai né allontanò dalle rispettive cariche i personaggi chiave degli eventi. Anzi, nel febbraio dello stesso anno a Pugo e Jazov fu accordata la possibilità di rafforzare le misure contro le manifestazioni di massa lituane.
Oggi Jazov è un politico rispettato e onorato ufficialmente in Russia. La sua riabilitazione politica iniziò già durante l’epoca di Boris El’cin; Putin nel 2014 in occasione del 90esimo compleanno di Jazov affermò di essere fiero di aver la possibilità di stargli accanto. Il maresciallo si è più volte ufficialmente espresso in difesa di Iosif Stalin e nel 2016 ha pubblicato un libro dal titolo “Il vittorioso Stalin” (Победоносец Сталин).
Chi difende “l’uomo della Storia” il maresciallo Giuseppe Stalin sarebbe da difendere da tutti noi…e invece da East Journal naturalmente (come sempre) no.. invece chi scrive difende i fascisti baltici…( dimenticando che la seconda armata lettone si schieró con i nazisti nella 2 guerra mondiale e come le minoranze russe se la passano oggi con “democratici” …baltici Evviva l’altro maresciallo Dmitrij Jazov.
Stefano