La Cina ha usato il deterioramento dei rapporti tra Russia ed Unione Europea per rafforzare la propria posizione nel vecchio continente, con particolare attenzione all’Europa orientale. In questo quadro, il Caucaso ha assunto un ruolo chiave nello sviluppo della cosiddetta Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta che – nelle intenzioni di Pechino – assicurerà l’accesso ai mercati europei. L’obiettivo cinese non è quello di competere con l’influenza russa nella regione ma di mettere al sicuro i propri interessi economici nell’area post-sovietica, aumentando i propri investimenti. L’ostilità americana allo sviluppo cinese impone a Pechino di aprire nuove vie per procurarsi petrolio, gas, e diversificare le rotte per il trasporto di idrocarburi. In tal senso, sono già stati siglati importanti accordi con l’Azerbaigian che prevedono la partecipazione a un comune fondo di investimenti e la costruzione della ferrovia Baku-Tbilisi-Kars.
L’asse Tbilisi-Pechino
I governi caucasici, e quello georgiano in particolare, vedono nella Cina la possibilità di affrancarsi dall’influenza russa. Già nell’agosto 2018 è stato siglato un memorandum of understanding tra la compagnia energetica di stato georgiana e la China Tianchen Engineering Corporation allo scopo di “realizzare ricerche per valutare una possibile cooperazione nell’ambito del settore petrolchimico”. Parole prudenti che malcelano quello che, di fatto, è la base per un futuro accordo energetico tra la Georgia e la Cina. Tra i molti accordi economici che legano Pechino e Tbilisi nell’ambito delle esportazioni (di vino, soprattutto, con i cinesi interessati anche all’acquisto di tremila ettari di terreno coltivabile a vite), spiccano la fondazione di una Banca di Sviluppo georgiana a capitale cinese e la creazione di una zona di libero scambio tra i due paesi.
Verso l’Abcasia e il mar Nero
Anche le repubbliche separatiste georgiane sembrano interessate dall’espansionismo cinese nel Caucaso. Pechino ha espresso al governo abcaso il desiderio di comprare vecchie infrastrutture allo scopo di rinnovarle per meglio collegare la Via della Seta al mar Nero e verso i mercati dell’Ucraina, della Moldavia e della Turchia. Un’offerta che le autorità locali hanno declinato, preoccupate dall’influenza cinese. È tuttavia lecito vedere nella prudenza degli abcasi l’ombra lunga di Mosca.
Una presenza militare cinese?
Al momento le ambizioni cinesi sono puramente economiche ma non è da escludere, in futuro, anche un interesse di tipo militare. La presenza russa nella regione impedirà alla Cina di replicare il “modello Gibuti“, dove Pechino ha recentemente aperto una base militare a tutela dei propri interessi economici nel Corno d’Africa, ma la presenza di truppe di peacekeeping cinesi a protezione della Via della Seta non è un’ipotesi da fantapolitica. Mosca potrebbe trarre giovamento appaltando ai cinesi la gestione della sicurezza nella regione, ricevendo in cambio benefici economici nella partecipazione alle rotte commerciali verso l’Europa.