I rapporti diplomatici tra Bosnia Erzegovina e Croazia hanno preso una strana piega nelle scorse settimane, quando un portale di giornalismo investigativo ha accusato la Croazia di aver messo in atto un piano destinato a presentare falsamente la Bosnia come un focolaio del terrorismo, e il ministro per la sicurezza bosniaco ha confermato le accuse.
La ricostruzione dei fatti
Mercoledì 13 marzo il portale online bosniaco Žurnal ha rivelato, sulla base di fonti anonime, che agenti segreti croati avrebbero cercato di convincere esponenti salafiti a contrabbandare armi ed esplosivi verso le loro moschee in Bosnia. Secondo Žurnal un cittadino bosniaco residente nell’UE, Č.H., sarebbe stato ripetutamente fermato dai servizi di sicurezza croati al confine. Questi avrebbero cercato di far leva sulla sua adesione a gruppi salafiti – che avrebbe potuto creare allarme nel suo paese di residenza – per ricattarlo e convincerlo a contrabbandare armi ed esplosivi in una moschea nelle vicinanze della città di Zenica. Una volta piantate le armi nella moschea, Č.H. avrebbe dovuto informare un certo Davor a Zagabria. Un blitz delle forze di polizia avrebbe quindi portato alla scoperta delle armi. Secondo Žurnal sarebbero coinvolti nel complotto anche il viceministro alla sicurezza bosniaco, Mijo Kresic, e un giornalista della televisione pubblica della Republika Srpska legato al console croato a Tuzla.
Le reazioni
Il ministro per la sicurezza bosniaco, Dragan Mektic, ha confermato le accuse di Žurnal e affermato al portale Factor.ba che il piano è stato sventato dal controspionaggio bosniaco. “Hanno scavato nel suo passato e lo hanno ricattato”, ha detto Mektic. “Questo cittadino lavora e ha famiglia in un paese dell’UE, lo hanno minacciato di causargli problemi lì”. Le armi, ha affermato Mektic in un’intervista al New York Times, avrebbero potuto poi essere state presentate come parte di un piano terroristico. L’intelligence croata, ha dichiarato Mektic, intendeva presentare la Bosnia come “paese di campi d’addestramento per terroristi e una minaccia per la sicurezza regionale“. “L’azione di intelligence ha fatto seguito alle dichiarazioni della presidente croata Kolinda Grabar-Kitarovic secondo cui la Bosnia era piena di armi e di terroristi, che io ho negato come falsità senza senso“, ha affermato Mektic.
Due dei membri della presidenza collegiale bosniaca – il bosgnacco Safik Dzaferovic, e il socialdemocratico croato-bosniaco Zeljko Komsic – hanno affermato che, se confermate, le accuse potrebbero avere gravi implicazioni. Il presidente di turno, il serbo-bosniaco Milorad Dodik, ha rifiutato di commentare. Il ministro Mektic, anch’egli serbo-bosniaco, è uno dei suoi principali avversari politici.
Le autorità croate, dal canto loro, hanno negato ogni addebito. Il ministero degli esteri croato ha respinto le accuse come “false e tendenziose”, mentre il primo ministro Andrej Plenkovic le ha definite “un’assurdità”. Ma il deputato dell’opposizione socialdemocratica, Bojan Glavasevic, ha affermato di aver già presentato una interrogazione parlamentare e che, se le accuse si dimostrassero fondate, la Croazia avrebbe incitato al terrorismo sul territorio di un altro paese.
La procura bosniaca indaga
La Procura di stato bosniaca ha aperto un’inchiesta sulle indiscrezioni giornalistiche. “Un procuratore del dipartimento speciale è incaricato d’urgenza di determinare le circostanze del sospetto reclutamento salafita per il contrabbando d’armi”, recita una dichiarazione dell’istituzione. La procura ha annunciato che chiamerà come persona informata sui fatti anche il ministro Mektic. Ma Mektic ha affermato di non avere alcuna fiducia nella procura di stato, che il reportage di Žurnal ha inoltre accusato di essere controllata dagli stessi cospiratori.
Secondo il giornalista della TV di stato bosniaca Aleksandar Brezar, “Sulle ali delle teorie cospirative del 2016 ampiamente pubblicate sui media croati, o dall’inizio della campagna di disinformazione che etichettava i musulmani bosniaci come legati al terrorismo – come la falsa narrativa sui campi d’addestramento per terroristi – le informazioni pubblicate da Žurnal e confermate dal ministro Mektic indicano un tentativo attentamente pianificato di delegittimare la Bosnia. Tale piano va contro l’immagine della Croazia come migliore amica della Bosnia, come è spesso ripetuto nei circoli europei, e mette in dubbio anche le parole dell’eurodeputata croata Marijana Petir, che ha spesso ripetuto la sua preoccupazione riguardo la presenza di gruppi islamici radicali in Bosnia.” Petir è stata in passato ritratta in foto a braccetto con il criminale di guerra croato, Dario Kordic.
In passato, difatti, le relazioni croato-bosniache erano state già messe a dura prova dai tentativi della Croazia di ricollegare la Bosnia al terrorismo. Più di un anno fa, la presidente croata, Kolinda Grabar-Kitarovic, aveva provocato indignazione per le sue dichiarazioni – sulla base di informazioni dei servizi croati – secondo cui “diverse migliaia di terroristi” sarebbero tornati in Bosnia Erzegovina dopo la caduta dell’autoproclamato Stato islamico in Siria ed Iraq. Circa 200 uomini e 70 donne hanno lasciato la Bosnia Erzegovina per raggiungere l’ISIS. Solo pochi tra loro sono tornati, venendo poi processati come combattenti all’estero.
In gennaio, invece, l’ambasciatore croato a Sarajevo, Ivan Del Vechio, era stato rimosso dopo uno scandalo relativo alla sua partecipazione alle festività incostituzionali della Republika Srpska, inclusa l’onorificenza ad un militare serbo condannato per crimini di guerra durante la guerra in Croazia.
Foto: N1
Le assurde accuse che procedono da una immaginazione lussureggiante e sregolata.