Lo scorso 7 marzo la Duma di stato russa ha approvato in terza e ultima lettura due proposte di legge relative all’utilizzo di internet e alla libertà dei suoi contenuti. Il controllo sul web russo – il cosiddetto runet – continua ad aumentare. Nel frattempo, da alcune settimane si discute anche della possibilità di isolare la rete russa: domenica 10 marzo le proteste contro questi progetti hanno infiammato la capitale.
Vietato offendere gli organi governativi
Più che di una vera e propria legge, si tratta di una modifica alla legge federale “Sull’informazione, sulle tecnologie dell’informazione e sulla difesa dell’informazione”: una norma che, introdotta nel 2006, ha subito numerose revisioni e aggiunte di commi a partire dal 2010 (qui sono riassunte le oltre trenta redazioni diverse che si sono succedute).
La proposta approvata la scorsa settimana dalla Duma va a introdurre una nuova sanzione amministrativa per i contenuti online che esprimono “in una forma indecorosa, lesiva della dignità umana e della morale sociale, una chiara mancanza di rispetto verso la società, lo stato, i simboli statali ufficiali della Federazione Russa, la Costituzione della Federazione Russa o gli organi che esercitano il potere governativo nella Federazione Russa”.
I contenuti online che il Roskomnadzor – il servizio federale di supervisione delle informazioni – riterrà offensivi nei confronti degli organi governativi e dello stato dovranno essere cancellati entro 24 ore; in caso contrario, verranno bloccati. Interi siti o semplici post non rispettosi del governo sono, secondo questa legge, equiparati ad atti di vandalismo minore.
Le pene pecuniarie per questo reato vanno dai 30.000 ai 300.000 rubli (dai 400 ai 4000 euro) a seconda della recidività del soggetto, e possono sfociare anche nell’arresto.
La legge è passata con 327 sì, 40 no e un astenuto. Ora è al vaglio del Consiglio Federale, prima di arrivare alla firma definitiva del presidente e venire pubblicata.
Vietato diffondere fake news
Lo stesso giorno la Duma ha approvato sempre in terza lettura un’altra proposta di modifica della stessa legge federale “Sull’informazione”: si vieta la diffusione a mezzo internet delle cosiddette “fake news”, ovvero informazioni false presentate come veritiere che “rappresentino una minaccia alla vita e/o alla salute dei cittadini, alla proprietà, incitino alla violazione dell’ordine sociale e/o della sicurezza sociale o causino l’impedimento o l’interruzione del funzionamento dei servizi sanitari, delle infrastrutture viarie e sociali, degli istituti di credito, delle strutture energetiche, industriali o delle telecomunicazioni”. Conseguentemente, il nuovo reato è stato introdotto nel Codice delle sanzioni amministrative.
I siti che riportano fake news, individuati dal Roskomnadzor (e il cui grado di veridicità viene decretato dal procuratore generale della Federazione Russa), verranno bloccati se non elimineranno tempestivamente i contenuti in questione. Sotto il mirino cadono solo le risorse web, compresi i giornali online; non vengono invece toccati da questa legge i media tradizionali e i cosiddetti aggregatori di news (come Google News), che indicizzano le notizie in maniera automatica.
La pena prevista per questo reato dipende dal grado di influenza e dalle ricadute che ha avuto la notizia falsa in questione: si va dai 30.000 fino ai 400.000 rubli nei casi estremi in cui l’informazione ha provocato una morte.
La legge è stata approvata con 322 favorevoli e 78 contrari, ed è ora al vaglio del Consiglio Federale.
A determinare la falsità delle notizie – nonché il loro grado di rispetto degli organi governativi – sarà pertanto il servizio federale. Se il controllo sarà effettivamente capillare come si vorrebbe, il mondo dell’informazione web russa si ritroverà presto stretto tra le maglie di questi provvedimenti e il roboante sistema di informazione integrato che utilizza i media come soft power di propaganda. (Per approfondire, si veda la “Piccola storia della propaganda russa in cinque capitoli” di East Journal)
Runet verrà isolato?
Domenica 10 marzo oltre 15.000 persone hanno manifestato a Mosca e in altre città russe contro il progetto di legge presentato dal deputato Andrej Klišas (autore anche delle precedenti due proposte approvate) che prevede la creazione di una infrastruttura tale che permetta al web russo di funzionare in completo isolamento. Un progetto da oltre 20 miliardi di rubli che ha fatto scatenare i cori di protesta fin dall’inizio.
Le motivazioni della proposta portano il sapore di tempi passati, ricordano la guerra fredda: il progetto di un grande Firewall russo – su modello di derivazione evidentemente cinese – deve essere realizzato, spiegano, per contrastare la presenza delle “minacce esterne”.
Tuttavia, anche tra gli esperti sorgono molti dubbi. Come spiega a Novaja Gazeta Karen Kazarjan, esperto dell’Associazione russa delle telecomunicazioni (RAEK), “in Cina c’è un enorme mercato interno e per questo lì possono permettersi di orientarsi sulle proprie risorse. Noi non possiamo: nonostante i nostri 140 milioni di abitanti, il settore web è molto meno sviluppato che nel Regno Unito. Siamo al quinto posto in Europa, una posizione ben poco significativa. E in più, all’inizio il modello scelto è stato quello aperto, orientato all’esterno; ristrutturarlo ora che l’industria ha già vent’anni è quantomeno bizzarro”.
Runet e libertà di espressione
Come denuncia da tempo il centro di analisi non governativo Sova, internet in Russia negli ultimi anni è stato oggetto di una graduale quanto repentina chiusura verso la libertà di espressione degli utenti.
Dal 2012 è in funzione un sistema di filtraggio dei contenuti web che si basa sul registro dei siti vietati (qui disponibile). Ad oggi vi rientrano oltre 156 mila siti web. Ufficialmente, i contenuti che vengono bloccati dal sistema sono materiali relativi a pornografia infantile, droghe, suicidio, violenza su minori, estremismo. Tuttavia, è proprio un’interpretazione ampia e vaga del concetto di “estremismo” che permette sanzioni ingiuste di diversi siti.
Come indicato nel report annuale di Sova, presentato al centro Memorial di Mosca lo scorso febbraio, “il numero di siti bloccati ingiustamente è in crescita. Ad esempio, nel 2018 nel Registro [dei siti vietati] si sono ritrovati materiali dei Testimoni di Geova, materiali islamici assolutamente pacifisti. Nel registro ci sono anche risorse bloccate semplicemente per incomprensione”.
Secondo i dati ufficiali forniti dal Roskomnadzor, nei primi nove mesi del 2018 sono state bloccate in quanto “estremiste” 51892 risorse web. Oltre 17000 sono materiali di propaganda ISIS, altrettanti sono contenuti islamici relativi al movimento politico Hizb al-tahrir, 5000 sono siti appartenenti ad organizzazioni ucraine vietate in Russia (come Pravyj sektor o Azov), 728 incitano a disordini sociali e ad attività estremiste. Dei restanti 12000 siti il Roskomnadzor non ha indicato la natura.