Sabato 16 febbraio le opposizioni albanesi, guidate dalla formazione di centrodestra del Partito Democratico, hanno convocato una grande manifestazione a Tirana per chiedere le dimissioni del premier socialista Edi Rama e la creazione di un governo tecnico che porti il paese ad elezioni anticipate. Alla protesta hanno preso parte migliaia di persone provenienti da tutto il paese, mentre a Valona il premier incontrava i suoi sostenitori in una sorta di sfida a distanza tra governo e opposizione. Nella capitale la contestazione ha assunto caratteri violenti con l’assalto di un gruppo di manifestanti alla sede del governo, respinto dall’interno dalla Guardia Repubblicana con l’utilizzo di idranti e gas lacrimogeni.
La situazione
Dalla fine del comunismo in poi, il paese è stato segnato dal perenne scontro tra il Partito Socialista (PS) e il Partito Democratico (PD). Le scelte economiche adottate dal primo governo post-comunista del PD provocarono, a metà degli anni ’90, una pesantissima crisi economica con il fallimento dello “schema piramidale” che portò l’Albania ad un passo dalla guerra civile con la perdita dei risparmi di migliaia di albanesi. A distanza di più di due decenni il paese, nonostante i buoni risultati raggiunti in termini di PIL, deve fare ancora i conti con un sistema corrotto e incapace di dare risposte concrete alle necessità della popolazione, costringendo ogni anno tanti giovani albanesi ad emigrare.
Nel 2011, durante l’ultimo governo del PD di Sali Berisha, l’opposizione socialista organizzò una serie di manifestazioni di piazza che si conclusero con l’assalto alle sedi governative e con un bilancio di quattro morti. Sabato si è assistito, a parti invertite, alla riproposizione di questo scontro. La campagna dell’opposizione contro Rama è stata rilanciata l’anno scorso dopo che il governo è stato travolto da due scandali legati ai presunti rapporti tra la criminalità organizzata, dedita allo spaccio di stupefacenti, e gli ultimi due ministri dell’Interno, Fatmir Xhafaj e il suo predecessore Saimir Tahiri.
Negli ultimi mesi il malcontento dei cittadini albanesi si è espresso in varie forme con numerose manifestazioni, come quella degli studenti universitari. Nonostante l’insofferenza sempre più evidente della popolazione per le proprie condizioni di vita, l’ultima tornata elettorale del 2017 ha riconosciuto a Rama la maggioranza assoluta dei seggi mentre il PD ha fatto registrare il risultato peggiore della sua storia, sintomo della poca credibilità di cui gode il partito. La manifestazione di sabato sembra quindi andare ben oltre la capacità di mobilitazione dell’opposizione e non può esser considerata automaticamente come sostegno alla sua leadership.
Le reazioni
Il premier Rama in un’intervista per il Corriere della Sera ha minimizzato quanto avvenuto sabato a Tirana affermando che “non sta succedendo nulla” e che non ha nessuna intenzione di accettare le richieste di dimissioni avanzate dalle opposizioni. Dal lato opposto, l’ex presidente e premier Berisha, ancora oggi figura forte alle spalle dell’attuale leader del PD, Lulzim Basha, ha parlato di lotta contro “il narcopartito e narco-Stato di Rama”. All’indomani della protesta, inoltre, Basha ha minacciato la rinuncia al mandato dei propri parlamentari, rischiando di provocare il blocco dell’attività del parlamento. Basha ha inoltre sostenuto che “gli atti violenti sono stati commessi come parte dello scenario di violenza di Rama” lasciando intuire un atteggiamento permissivo da parte della polizia per presentare l’opposizione come violenta e non affidabile.
Dure critiche verso i fatti violenti di sabato sono arrivate dall’Unione europea e dagli Stati Uniti, preoccupati per un’eventuale escalation della tensione. La delegazione dell’UE a Tirana ha rilasciato un comunicato in cui si esortano le parti “a fare tutto il possibile per evitare ulteriori violenze e disagi”. Dello stesso tono il tweet pubblicato dall’ambasciata statunitense con la ferma condanna “delle violenze e delle distruzioni che hanno avuto luogo durante le proteste”.
I prossimi appuntamenti
Il silenzio dei due principali partner internazionali sui motivi della protesta e su una possibile soluzione della crisi mostrano uno scarso sostegno alle rivendicazioni dell’opposizione. Senza l’appoggio di UE e Stati Uniti sembra piuttosto complicato per il PD riuscire a spodestare il premier, che può contare ancora su una solida maggioranza parlamentare. A detta dei leader delle proteste, queste continueranno fino a quando non sarà raggiunto l’obiettivo delle dimissioni di Rama e della convocazione di nuove elezioni. La piazza è stata riconvocata per la mattinata di giovedì 21. Ci si aspetta una più bassa partecipazione rispetto a sabato ma non sono da escludere ulteriori momenti di tensione tra polizia e manifestanti.
L’abbandono della lotta parlamentare in favore del ricorso alla piazza da parte del PD rischia di alimentare le profonde tensioni presenti nella società albanese, con il pericolo che la situazione possa sfuggire al controllo del partito stesso. La primavera, in Albania, si prospetta come un periodo molto caldo per le sorti del paese nel prossimo futuro.
Foto: AP Photo/ Hektor Pustina