C’è un nome che tutti gli esperti di architettura e design berlinesi conoscono, ma che nella sua Bosnia è ancora poco conosciuto. E’ quello di Selman Selmanagić, architetto e designer formatosi al Bauhaus che ha lasciato la firma sulla ricostruzione della Berlino socialista nel secondo dopoguerra. Una parabola di vita – da Srebrenica alla Germania al Medioriente e ritorno – che, nelle parole di Miljenko Jergovic, “è una di quelle emozionanti biografie del ventesimo secolo che assomigliano più a un romanzo d’avventura che alla vita di una persona“.
Dalla valle della Drina al Bauhaus
Nato a Srebrenica durante l’amministrazione austroungarica nel 1905, Selmanagić si forma come mastro carpentiere alla Scuola d’artigianato di Lubiana e lavora alla fabbrica dei vagoni ferroviari di Sarajevo e nella sua Srebrenica negli anni ’20.
Seguendo il suo grande interesse per l’architettura, nel 1929 Selmanagić si trasferisce in Germania per studiare al Bauhaus, la famosa scuola di architettura ed arti applicate che produce una vera e propria rivoluzione dell’estetica e dell’architettura nel periodo interbellico.
Diplomatosi con il Diploma Bauhaus n. 100, firmato da Ludwig Mies van der Rohe e Ludwig Hilberseimer, come ricorda lo storico Edin Hejdarpasic nel 1932 Selmanagić era non solo un astro nascente dell’architettura, ma anche membro del Partito Comunista Tedesco.
Gli anni trenta in Medio Oriente e il ritorno a Berlino durante la seconda guerra mondiale
Con la presa del potere nazista nel 1933, come molti dei suoi insegnanti e colleghi del Bauhaus, Selmanagić lascia la Germania. Per acquisire esperienza lavora fino al 1939 in numerosi studi di architettura in Europa e nel Medio Oriente: nel 1933/35 è Istanbul, nel 1935 a Giaffa, nel 1935-38 a Gerusalemme, prima come libero professionista con Richard Kauffmann, in seguito come architetto indipendente. Viaggi di studio lo condussero nel 1935/36, tra gli altri, in Turchia, in Egitto e nel 1938 in Italia.
Scrivendo a un amico verso la fine degli anni ’30, Selmanagić descrive la sua strana posizione di architetto comunista e musulmano in una terra sempre più divisa, con arabi ed ebrei come clienti in competizione. “Ho visto che [l’appartenenza] dipende dalla forma esteriore: se indosso un fez pensano che io sia musulmano, se non lo faccio, non lo fanno… Rifiuto tutte le teorie sulle razze e sulle religioni, perché so che questo deriva solo dagli sviluppi capitalistici generali… Ma per vivere, ho dovuto recitare il loro teatro nonostante le mie opinioni“.
Nel 1939, in circostanze poco chiare, Selmanagić torna di colpo a Berlino, contattando i restanti colleghi del Bauhaus e della Rote Kapelle e lavorando per i cinema cittadini. La sua breve visita a casa in Jugoslavia nel 1941 ci ha lasciato notevoli foto di Srebrenica poco prima della seconda guerra mondiale. Dopo aver lavorato come libero professionista per Egon Eiermann, lavora nel reparto costruzioni dal 1939 al 1942 e poi come architetto cinematografico presso l’UFA fino al 1945. Durante questi anni ha partecipato attivamente alla lotta antifascista della resistenza.
Architetto e designer della nuova Berlino socialista
Quando i sovietici liberano Berlino e fondano la Germania dell’Est, Selmanagić viene nominato a posizioni di primo piano negli studi e nelle accademie di pianificazione urbana. Oltre agli edifici e agli stadi, Selmanagić ha disegnato gli iconici interni della Germania dell’Est, dalle sedie agli eleganti banchi dei negozi.
Insieme ad altri sette architetti, Selmanagić lavora nel collettivo di pianificazione di Hans Scharoun (Planungskollektiv) incaricato della ricostruzione e sviluppo della città nel periodo dal 1945 al 1950. Tra gli edifici su cui ha lavorato ci sono il Duomo di Berlino, la Neue Wache e la Humbold University.
In seguito Selmanagić divenne responsabile della pianificazione dei siti culturali e ricreativi presso il consiglio comunale della Grande Berlino. In questo ruolo, è stato tra l’altro responsabile della costruzione nel 1950 dello stadio Walter Ulbricht, il più grande stadio di calcio e atletica della DDR. Parallelamente, fu architetto del 1945 dei laboratori tedeschi di VEB Dresden-Hellerau. Nel 1950 ricevette la cittadinanza della Repubblica Democratica Tedesca.
Dal 1950 fino al suo pensionamento, è stato a capo del Dipartimento di Architettura dell’accademia d’arte di Berlino-Weißensee. Dal 1951 ha tenuto una cattedra per la costruzione e il design d’interni.
Gli ultimi anni e la sua riscoperta nel centenario del Bauhaus
Dopo essersi pensionato nel 1970, è stato docente ospite presso l’Università tecnica di Graz, dove insegnava anche il suo ex collega del Bauhaus, Hubert Hoffmann. Nel 1973 tiene anche lezioni sul tema “Architettura del Bauhaus” presso la Facoltà di Architettura di Lubiana. Selmanagić muore nel 1986 a Berlino Est e viene sepolto nella sua città natale, Srebrenica, nella Bosnia jugoslava.
Alla figura di Selman Selmanagić è dedicato il volume di Aida Abadzic–Hodzic, Selman Selmanagic und das Bauhaus (Sarajevo 2014, Berlino 2018). “Selmanagić è un grande esempio di come una persona riesca a laurearsi in una scuola d’arte e a trovare il suo posto in una società grazie al suo talento, alla sua conoscenza, alla sua perseveranza, alla responsabilità nei confronti degli impegni e dell’impegno sociale. È ora che questi diventino valori fondamentali del tempo in cui viviamo, e soprattutto della società che stiamo cercando di plasmare. Questo è un valore speciale e una lezione della storia della vita di Selmanagic“, ha dichiarato l’autrice, storica dell’arte dell’Università di Sarajevo.
- Questo articolo include testo della voce Wikipedia su Selman Selmanagić, curata dall’autore.