RUSSIA: Domenica di proteste in difesa dei prigionieri politici

La “Marcia della rabbia delle madri”: così è stata chiamata la protesta organizzata in diverse città russe domenica 10 febbraio 2019, a Mosca, Pietroburgo, Ekaterinburg, Orël, Jaroslavl’, Kazan’, Kirov, Machačkala, Rostov sul Don. Una marcia in difesa dei prigionieri politici, più in particolare di Nastja Ševčenko, divenuta nelle ultime settimane il loro simbolo tragico.

Ševčenko è la prima cittadina russa contro cui è stato aperto un processo penale per la sua partecipazione a una organizzazione “indesiderata”: la donna lavora a Rostov sul Don per “Open Russia” (Otkrytaja Rossija), una delle 15 organizzazioni internazionali che dal 2015 sono nella lista delle “organizzazioni indesiderate”, in quanto minacciano la sicurezza di stato e l’ordine sociale (articolo 284.1 del Codice Penale della Federazione Russa). Arrestata il 23 gennaio, è stata messa ai domiciliari fino al 17 marzo. Poco dopo, il 31 gennaio, la maggiore dei tre figli di Ševčenko, diciassettenne con una grave invalidità, è deceduta dopo essere stata ricoverata in ospedale per una bronchite. Nonostante la grave situazione di salute della figlia in sala di rianimazione, il 30 gennaio la donna è stata trattenuta in lunghi interrogatori e solo la notte ha potuto raggiungere l’ospedale; la figlia è morta la mattina seguente.

Le autorità hanno autorizzato la marcia di protesta in tutte le città, tranne che nella capitale. A Mosca, tuttavia, gli organizzatori hanno deciso di manifestare lo stesso, promettendo di non fare uso di manifesti, bandiere, megafoni: una semplice marcia pacifica da piazza Puškin – il luogo storico delle manifestazioni di protesta – alla metro Kropotkinskaja, sfilando per i centralissimi boulevard Tverskoj, Nikitskij e Gogolevskij.

Nella capitale si sono radunate quasi un migliaio di persone, secondo le prime stime. I partecipanti – molti con un cuore nero incollato sulle giacche – hanno marciato pacificamente chiedendo “libertà per Nastja Ševčenko”, “libertà per i prigionieri politici”, “una Russia libera”. Tra gli slogan, accuse al governo di Putin e allo stesso presidente, critiche al sistema deliberato di torture nelle carceri e al lavoro dei servizi segreti (FSB). Tanti i giovani e giovanissimi che hanno urlato a gran voce la loro voglia di una Russia libera, antifascista (tra gli slogan, “l’antifascismo non è un reato!”), senza Putin.

L’unico momento teso della manifestazione si è registrato all’inizio, prima che la marcia partisse da piazza Puškin. Qui un uomo, con cui gli organizzatori hanno affermato di non aver alcun legame, ha manifestato contro il governo di Putin mostrando un cartello da lui preparato e catalizzando l’attenzione dei giornalisti con un lungo discorso di critica al Cremlino e alla mancanza di libertà civili. Presto gli si è avvicinato un altro uomo con un nastro di San Giorgio legato al braccio, accusandolo di non dire la verità e stracciandogli il cartello. La piccola lite è stata sedata subito dalla polizia.

A Mosca, oltre a questa marcia, ricordiamo che ogni giorno vengono portati avanti dei picchetti solitari (gli unici ammessi senza bisogno di autorizzazione) in difesa dei prigionieri politici trattenuti nelle carceri russe e in quelle dell’annessa Crimea. Anche nei giorni invernali più rigidi, ogni ora i volontari si danno il cambio davanti all’ufficio presidenziale presso la metro Kitaj-Gorod, portando avanti questa piccola importante lotta.

 

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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