Cronache dalla Romania, tra gelicidio e Securitate

da BUCAREST- Chi abitualmente legge le nostre colonne ha imparato che niente di quel che succede tra i Carpazi ed il Danubio è sorprendente. Un vecchio saggio diceva che la Romania non è un luogo, ma uno stato d’animo: mai affermazione fu più pertinente. L’atmosfera che in questo freddo gennaio ha permeato Bucarest è stata totalmente surreale, e non solo per il gelicidio che negli ultimi giorni ha afflitto la capitale trasformandola in un grigio scenario da fine dei tempi, tra alberi ghiacciati e lastre di ghiaccio volanti che, staccandosi dai tetti, provano a dimezzare i capi di ignari passanti. Il mese è iniziato in pompa magna, con la grande celebrazione per l’inaugurazione del semestre di presidenza dell’UE, e si chiude mestamente tra le critiche di Bruxelles, il leu in caduta libera, e il ritorno dei fantomatici archivi della Securitate, pronti a decapitare, proprio come le lastre di ghiaccio di Calea Victoriei, la carriera politica di rampanti uomini nuovi.

La presidenza più bistrattata

Nessuno stato membro all’alba del suo turno di presidenza ha ricevuto più critiche e sberleffi della povera Romania; persino l’uomo che più di ogni altro dovrebbe difenderla, il presidente Klaus Iohannis, l’ha definita totalmente impreparata a guidare la combriccola europea: da queste parti, a quanto pare, ogni scarrafone non è bello a mamma sua. Da Bruxelles sono arrivate e continuano ad arrivare critiche per il modo in cui il paese è governato, e per il mancato rispetto di standard politici da tempo richiesti. Delle critiche paternaliste di cui oggettivamente si poteva anche fare a meno. Lungi da noi difendere il governo a guida socialista, puntualmente falcidiato da chi scrive, e non solo. Tuttavia, il resto del continente non pullula certo di statisti illuminati, e accanirsi contro la Romania all’inizio della sua prima presidenza è sembrato uno sparare sulla croce rossa. In compenso, Bucarest è tornata, almeno per un mese, al centro della scena giornalistica europea. E’ stato bello stare essere protagonisti. Adesso torniamo nel nostro microcosmo di generale disinteresse. Salvo cataclismi (che non possiamo comunque escludere), ci si rivede a giugno, quando arriva il Papa.

Il leu crolla

Come se non bastasse la malinconia da fine della festa, la partenza dei giornalisti e dei riflettori europei è coincisa con il crollo del leu, che attraversa una delle sue più acute svalutazioni dal 2012. Al momento della stesura di queste righe, un euro viene cambiato con 4,77 lei. I più pessimisti dicono che nel giro di qualche giorno potremmo arrivare a 1 euro per 5 lei. Secondo gli analisti, la svalutazione si deve alle ultime misure fiscali non particolarmente lungimiranti del governo, che hanno causato la sfiducia degli investitori. Per rendere il tutto più interessante e dinamico il PSD (partito social-democratico) ha accusato la Banca Nazionale di portare avanti un mirato progetto di svalutazione del leu, probabilmente su ordine di qualche demoniaco potere occulto straniero. Immaginiamo già Soros trattare e cospirare contro il leu insieme ai tecnici della Banca Nazionale, sorseggiando bourbon e accarezzando un gatto persiano bianco.

La Securitate è viva e lotta insieme a noi

La Romania probabilmente non si libererà mai della Securitate, la terribile polizia politica di Ceausescu. Anche se fisicamente non è più tra noi (e anche su questo, forse, ci sarebbe da discutere), essa aleggia nelle impolverate carte degli archivi; il suo ricordo è pronto a riemergere per arginare sul nascere nuove carriere politiche. L’ultimo a farne le spese è stato Dacian Ciolos, ex primo ministro, fondatore di un nuovo partito (PLUS), con il quale correrà alle europee. Pochi giorni dopo l’ufficializzazione della nascita del nuovo soggetto politico, ha fatto capolino sulla scena pubblica romena una notizia: il padre di uno dei collaboratori di Ciolos è stato un ufficiale della Securitate. Apriti cielo, scandalo, cataclisma, gogna. Il popolo delle anime candide si è levato contro il povero Ciolos che, in un momento di rassegnata e sconsolata sincerità, si è lasciato andare ad un commento mortifero per i suoi sondaggi. Egli ha infatti fatto notare che, se si dovesse eliminare dalla scena chiunque abbia avuto anche un solo lontano rapporto con la Securitate, allora non resterà più nessuno a far politica, dal momento che tutti per un motivo o per l’altro ci hanno avuto a che fare. Affermazione politicamente infelice ma umanamente condivisibile, che Ciolos ha poi ritrattato nei giorni seguenti sulla scia della pubblica indignazione. Caro Dacian, tutta la nostra compassione: forse per la prima volta, dopo tanti anni, qualcuno a Bucarest ha finalmente detto ciò che sentiva. E’ stato ripagato con una lastra di ghiaccio in testa. Per fortuna l’inverno finirà, il ghiaccio si scioglierà, e forse, prima o poi, qualcun altro si azzarderà a dire ciò che pensa senza il timore di essere (figuratamente) decapitato.

Foto: redbull.com

Chi è Francesco Magno

Ha conseguito un dottorato di ricerca in storia dell'Europa orientale presso l'università di Trento. E' attualmente assegnista di ricerca presso la medesima università. E' stato research fellow presso il New Europe College di Bucharest e professore di storia dell'Europa orientale presso l'università di Messina. Si occupa principalmente di storia del sud-est europeo, con un focus specifico su Romania, Moldavia e Bulgaria.

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Un commento

  1. ” Immaginiamo già Soros trattare e cospirare contro il leu insieme ai tecnici della Banca Nazionale, sorseggiando bourbon e accarezzando un gatto persiano bianco.”

    non sarebbe la prima volta…e poveri noi neanche l’ultima…che soros decide le sorti di una nazione…la nostra compresa…non comprendo lo stupore del giornalista..proprio non lo comprendo…

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