Lo scorso 22 gennaio, le autorità azere hanno ritirato le accuse di cattiva condotta contro il blogger Mehman Huseynov, il cui rilascio dal carcere sembra quindi avvicinarsi. Secondo quanto dichiarato dall’ufficio del Procuratore generale, le motivazioni di questa decisione sono legate alla giovane età del ragazzo, alla sua buona condotta e al fatto che non costituisca un pericolo per la società.
L’attivista ventiseienne era in carcere dal marzo del 2017, condannato per diffamazione dopo aver denunciato violenze subite dalla polizia. Lo scorso dicembre, a pochi mesi dalla data prevista per il rilascio, gli era stata imputata l’aggressione di una guardia carceraria, con il rischio di vedere la sua detenzione estesa fino a sette anni.
Huseynov è noto in patria, soprattutto tra i giovani, per le sue inchieste sulla corruzione nel paese. Questo ha dato alle sue peripezie giudiziarie una grande risonanza mediatica. Allo sciopero della fame che lui stesso ha iniziato il 26 dicembre per protestare contro la natura politica della sua condanna, si sono uniti altri attivisti e giornalisti, inclusa Khadija Ismayilova, del cui caso avevamo scritto recentemente.
Inoltre, sabato 19 gennaio, il Concilio Nazionale delle Forze Democratiche, la coalizione dei partiti di opposizione ha indetto una manifestazione in supporto del blogger.
Alla protesta, autorizzata dalle autorità, si è unito un numero di persone che varia tra le 2800, secondo i dati del ministero dell’Interno, e le 10 mila, in base a quanto dichiarato dagli organizzatori.
La manifestazione, una rarità nel panorama politico azero, è stata tenuta sotto stretta sorveglianza dalla polizia. Internet mobile è stato disattivato nella zona di Baku dove si è svolta, mentre le autorità diffondevano false previsioni del tempo per scoraggiare i cittadini alla partecipazione.
Motivazioni di una vittoria
Si è trattata di una piccola vittoria, ma un’evoluzione da seguire con attenzione, in un paese che risulta in fondo alle classifiche sulla libertà di espressione di organizzazioni quali Freedom House e Reporter senza frontiere.
Anar Mammadli, presidente dell’ONG Election Monitoring and Democracy Studies Centre ha dichiarato al portale Open Caucasus Media di considerare il prossimo rilascio di Huseynov come conseguenza dello sdegno che il suo caso ha causato nell’opinione pubblica.
Il parziale ammorbidimento delle autorità azere nei confronti dell’opposizione può essere anche visto come il risultato di una rafforzata pressione internazionale. Forte del fatto di essere una fonte di petrolio alternativa alla Russia per i paesi europei, Baku ha, nel corso degli anni, agito quasi impunemente sul fronte dei diritti umani, pur essendo parte di organi garanti quali il Consiglio d’Europa.
La crisi economica che ha investito il paese caucasico negli ultimi anni a causa del crollo del prezzo mondiale del petrolio, ha parzialmente cambiato le cose.
La negoziazione per un accordo di associazione con l’Unione europea è diventata una opportunità per favorire gli scambi con il più importante partner commerciale dell’Azerbaigian. Forte della sua posizione sul tavolo delle trattative, Bruxelles ha posto il rispetto dei diritti umani come condizione per la firma del documento.
Il concetto è stato ribadito dall’Alto rappresentate per gli Affari esteri, Federica Mogherini, lo scorso 17 gennaio alla plenaria del parlamento europeo, nel giorno in cui l’assemblea ha adottato una risoluzione a favore del rilascio di Huseynov e degli altri prigionieri politici azeri.
Sono piccoli passi se considerato che il presidente Ilham Aliyev – in carica dal 2003 – è riuscito, meno di un anno fa, a ottenere l’estensione del proprio mandato fino al 2025. Gli avvenimenti dello scorso anno nella vicina Armenia, però, hanno dimostrato come la situazione politica si evolva rapidamente nel Caucaso meridionale. Una nuova generazione, nata dopo il crollo dell’Unione sovietica, è maturata politicamente e sembra più assertiva nel contrastare il vecchio sistema di potere.
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Immagine: Novator