Viva il parlamento britannico! Bocciata la bozza di accordo con l’UE

Il parlamento britannico ha affondato l’accordo con l’Unione Europea che definiva i contorni della Brexit. Un accordo frutto di lunghe negoziazioni tra il governo britannico, in mano ai conservatori guidati da Teresa May, e i tecnici dell’UE, riassunto in cinquecento pagine di norme, regole, cavilli da cui però emergeva chiaramente un dato: se avesse accettato l’accordo, la Gran Bretagna sarebbe diventata un vassallo europeo. Bene ha fatto dunque il parlamento britannico a bocciarlo.

Un accordo in cui le regole del gioco le decide Bruxelles. Un accordo punitivo, che l’UE ha negoziato a partire da una posizione di forza. Qualcuno dirà che l’UE ha fatto bene, fuori dalle balle anche la perfida Albione, che è giusto mostrare i muscoli, che i britannici se la sono voluta. E invece no. Un negoziato non è un diktat, in un negoziato non si mostrano i muscoli ma si cerca un compromesso. La Gran Bretagna non ha perso una guerra, non deve subire la legge del più forte. Un negoziato tra partner politici e commerciali, in periodo di pace, va condotto con misura senza sputtanare la controparte. Quella bozza di accordo umiliava Londra, e il parlamento britannico ha fatto la sola cosa che un parlamento sovrano e libero poteva fare, respingerlo.

E poco conta se sarà “uscita al buio“; sarà uscita con dignità. La dignità di un paese che non ha mai piegato la testa, che ha resistito alle bombe naziste, che ricorda con orgoglio il proprio sacrificio in Europa durante due guerre mondiali. Non si può pensare di mettere i piedi in testa a un paese così. Sarà banale, ma è il nocciolo della questione. E questo governo, il peggiore dai tempi di Chamberlain, è stato inchiodato alle sue responsabilità da un parlamento coraggioso.

Certo, la Brexit andrà fatta perché il voto degli elettori va rispettato, ma c’è modo e modo. Il problema è che sulle modalità nessuno ha le idee chiare, tantomeno l’opposizione laburista guidata dal mediocre Corbyn. Il governo però si è dimostrato debole, ha calato le braghe davanti a Bruxelles, ed è stato messo in minoranza. Anche una buona metà dei parlamentari del partito di governo ha respinto l’accordo con l’UE bocciando, di fatto, dei leader incapaci, quei brexiters maldestri che hanno preso il controllo del partito conservatore dopo il voto referendario e hanno condotto il negoziato con l’UE, fallendo sonoramente. E questo non stupisce: la May, come pure Boris Johnson, rappresentano le seconde linee del partito, salite alla ribalta per uno scherzo del destino, ma impreparati all’arduo e storico compito che li attendeva. A testimoniare la scarsa credibilità di questo governo ci sono i numeri: con ben 432 voti contrari, quella di stasera è stata la peggiore sconfitta alla Camera dei Comuni per un governo in carica da quando Ramsay McDonald fu costretto a dimettersi nel 1935.

Il voto del parlamento sarà forse l’occasione per proporre un nuovo referendum sulla Brexit. Avere di nuovo Londra nel club europeo sarebbe una benedizione proprio per il suo costante puntare i piedi, rompere le scatole, essere voce stonata e fuori dal coro, ma il voto referendario non può e non deve essere calpestato e – ci scommetto – non lo sarà.

Non so dire se il governo cadrà (la Camera potrebbe persino avocare a sė i poteri) ma certo questa sera il parlamento britannico ha detto che non ci sta a farsi umiliare dall’UE, che i negoziati vanno ripresi (e Bruxelles non potrà fare orecchie da mercante) e che questo governo si è rivelato inetto. Il parlamento ha inoltre rappresentato bene gli umori dei cittadini che un accordo così non lo volevano, rifiutando la subalternità cui l’accordo avrebbe condannato il Regno Unito. Soprattutto il parlamento ha detto di non avere paura, nemmeno di una “uscita al buio”. Ha fatto più buio di così sui cieli di Londra.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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8 commenti

  1. Girello Destrorsi

    Tutto giusto e condivisibile. Ma manchi di sottolineare un punto che è importante secondo me per comprendere il perché di questo scontro tra UE e GB. E’ che la UE – per come è fatta ora – non può NON punire la Gran Bretagna per la Brexit. Non può semplicemente dire: “Bene, avete scelto di uscire. Facciamolo nel modo migliore e senza scossoni”. Creerebbe un pericolosissimo precedente per cui si PUO’ uscire dall’Europa senza drammi; si PUO’ decidere di uscire dall’UE senza fronteggiare o paventare pericolosi scenari di default, drammi economici e popoli alla fame. E questo l’Unione Europea non può permetterlo al momento.

    A tutti, me compreso, piacerebbe una Unione Europea in cui le nazioni e i popoli e i governi sono contenti di condividere quello – non tutto – che hanno: storia, politica estera, moneta, economia…
    Purtroppo al momento a me sembra che si basi più che altro sul teorema di base che non si PUO’ tornare indietro e che chi ci prova (come la GB e ancora prima la Grecia) verrà severamente punito.

    Poi è chiaro che, come dici tu, Stati enormi e popoli notoriamente orgogliosi (come quello britannico) possono permettersi di “uscire al buio”. Altri no. E bisogna sottostare ai diktat.

    • Caro Girello

      non è che non abbia pensato a quanto dici e anzi lo trovo condivisibile ma, ahimè, son di quelli che male si adatta ai principi di realtà che enunci. Secondo me l’Unione deve essere costruttiva e condiscendente, anche se potrebbe trattarsi di un autogol. Forse così facendo metterà a repentaglio la propria esistenza (se si può star fuori con tutti i vantaggi dello star dentro, che è poi quello che assurdamente chiedeva May, allora perché impegnarsi a star dentro?) ma credo che anche procedendo per la via del “muso duro” si arriverà prima o dopo a raccogliere i cocci. Molte strade potrebbero condurre alla fine dell’UE ma ce ne sono di più dignitose di altre…

  2. caro Matteo, la lettura del “muso duro” non mi pare particolarmente adeguata. Ci sono problemi, su tutti quello del confine con l’Irlanda, che semplicemente non ammettono soluzioni morbide. Bene ha fatto il parlamento a rifiutare il deal. Anche questa è una presa d’atto. I giochi – in realtà – sono stati fatti al referendum. Il Parlamento non può far passare un deal che porta a regole diverse tra Irlanda del Nord e resto dell’UK, la UE non può (non è una questione di muso) non avere un confine tra chi adotta le sue regole e chi non le adotta. Non può non avere un confine tra Irlanda e UK. I ragionamenti potrebbero finire qui. Quindi o sarà hard Brexit, o non sarà Brexit. Con il problema enorme in questo caso, nel diritto anglosassone, di creare un precedente assai pericoloso. E è una divergenza radicale, una parlamentare è stata uccisa sul primo referendum, pensa alla tensione che accompagnerebbe il secondo. Quindi la cosa più probabile è che l’UK se ne vada senza alcun deal, verso una assai probabile decadenza economica e una altrettanto probabile irrilevanza. Scelta democraticamente dal popolo sovrano. E un po’ bue. Amen.

    • Caro Marco

      riconosco che il “muso duro” sia una lettura dei fatti parziale e non adeguata a spiegare la complessità delle ragioni che hanno condotto il Regno Unito a questo punto di non ritorno. Si tratta di una chiave interpretativa utile ai fini dell’articolo per spostare l’attenzione da Londra a Bruxelles. Non per dare sempre la colpa all’UE, come s’usa oggi, ma per ventilare una speranza (che è anche una convinzione) ovvero che si riaprano i negoziati, che l’UE vada incontro a un paese in evidente crisi politica evitandogli umiliazioni che, nel lungo termine, potrebbero nuocere a tutti. La storia insegna a non umiliare gli altri paesi nel trattati, tanto più che questa non è una guerra. Un caro amico, edotto in materia europea, mi dice che l’UE “più di così non poteva fare”. Tertium non datur. Ecco, sono convinto che in politica la terza via sia sempre possibile. Se il rapporto tra UE e UK è politico, ovviamente… Un saluto e grazie del commento

      Matteo

  3. Non ho apprezzato questo articolo, l’ho trovato un po’ banale nei contenuti (rispetto al resto dei testi proposti sul sito). Ad ogni modo volevo ringraziarvi per il lavoro che fate (di altissima qualità su tematiche poco dibattute). Grazie

    • Caro Sebastiano

      l’articolo è un commento volto a favorire un confronto, interno ed esterno alla redazione, e se appare un po’ “terra terra” è chiaramente una scelta. Le parole utilizzate e il tono generale sono quelli dell’articolo di fondo, un po’ polemica e un po’ provocazione. Anche questo fa parte della pubblicistica, e il nostro è pur sempre un giornale. Una chiacchiera ‘da bar’ ogni tanto credo possiamo permettercela, chissà che non ne nascano confronti costruttivi. Almeno, questa èra l’intenzione. Un saluto

      Matteo

  4. L’Unione Europea deve sostituire l’URSS in un patto di non concorrenza con gli USA e gli inglesi lo hanno capito dall’ascesa della Russia di Putin. E questo agli inglesi non va giù e con il nuovo comunismo edulcorato dell’UE non vogliono averci nulla a che fare. Ma possono permetterselo? Lo chiedano a Trump e no all’Europa che non c’è e che questa macchinazione non ha comprerso. Saluti.-

  5. Grazie per questo articolo. Finalmente un’analisi sulla situazione. Gli euristi che criticano questo articolo pensano alla decadenza del Regno Unito? Che carini… Peccato che l’Europa con la politica economiche che si è data da ormai 27 anni, dai trattati di Maastricht, sia in pieno decadimento, le uniche economie che crescono bene nella UE sono quelle all’infuori dell’eurozona e la UE si è dimostrata per quello che è, un peso morto per tanti paesi e un luogo di sfruttamento per giovare l’economia tedesca (fra l’altro solo il grande capitale, perché la popolazione tra Hartz IV, Germania Est mai rimessa in sesto ecc. non se la passa tanto bene). Il sogno europeo ha obnubilato le capacità critiche di molte persone, paesi in crisi come Spagna, Francia, Portogallo (basta andare a vedere le proteste della popolazione contro le politiche del governo di “sinistra” ligio ai diktat europei), per non parlare della Grecia ecc. non insegnano niente? Ma chi non vuole vedere il disastro non lo vedrà neanche quando gli passa sotto casa. Pur essendo stato critico molte volte con alcuni pezzi di East Journal devo dire che questo commento sulla trattativa del signor Zola ha centrato in pieno la questione Brexit e in definitiva ha smascherato la UE per quello che è. Un collettore di interessi ai danni dei popoli, perché voler punire e non accettare una volontà democraticamente espressa e gestire le cose in modo da provocare solo danni sia per loro che per i restanti paesi della UE, vuol dire non avere principi e valori. Quei principi e valori che a parole sono sbandierati ai quattro venti ma nei fatti sono totalmente assenti. Il Regno Unito è stato abbastanza saggio da non entrare nella moneta unica e gli ha dato maggiori possibilità di manovra in campo economico (anche se la gestione dei conservatori è stata pessima soprattutto per le fasce deboli), cosa che a noi italiani è preclusa e gli effetti si vedono. L’UE è un esperimento fallito, meglio prenderne atto.

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