La campagna elettorale per le prossime elezioni parlamentari del 3 marzo non poteva iniziare nel modo più controverso in Estonia. Lo scorso 7 gennaio, a una fermata dei tram nel centro di Tallinn, sono apparsi sei manifesti con cerchi blu e rossi su sfondo bianco e una scritta in doppia lingua, estone e russo: da una parte “Qui solo estoni”, dall’altra “Qui solo russi”. Ogni poster riportava infine un numero di telefono da chiamare per ascoltare il messaggio automatico della voce registrata: “Ciao! Il 3 marzo ci saranno le elezioni per il rinnovo del Riigikogu [il parlamento estone]. Noi ci saremo. Noi, estoni e russi, abbiamo bisogno di essere uniti. Assicurati di essere dalla parte giusta”.
I manifesti hanno fatto risentire la numerosa minoranza russofona che vive nel Paese baltico: il 25% dei cittadini estoni sono parlanti russi, percentuale che raggiunge il 38% nella capitale.
Tutti i partiti politici, ad eccezione del nuovo movimento politico Estonia 200, hanno negato sin da subito il proprio coinvolgimento; anche la società che ha venduto lo spazio pubblicitario si è rifiutata di dichiarare quale organizzazione l’avesse acquistato.
La sera dello stesso giorno in cui sono stati affissi i cartelli, alcuni grandi adesivi, raffiguranti una lingua con i colori della bandiera estone unita a una con la bandiera russa, sono apparsi a coprire parte dei manifesti in segno di protesta.
Le critiche sono arrivate anche da media russi vicini alle posizioni del Cremlino; tra i titoli più propagandistici apparsi sulla stampa: “Scandalo in Estonia: apparsi poster con la scritta Qui solo russi”. Anche la televisione di stato della Russia, Rossija-1, in un programma televisivo non è stata da meno, definendo il caso dei manifesti elettorali apparsi a Tallinn come “qualcosa che non si vedeva da molto tempo, forse dai tempi dell’apartheid in Sud Africa”.
Pesanti attacchi sono arrivati anche dal ministro dell’Interno estone Katri Raik che ha paragonato la divisione di russi ed estoni messa in scena sui manifesti elettorali alla segregazione degli ebrei durante il regime nazista.
La situazione si è parzialmente chiarita quando l’8 gennaio la principale esponente del movimento Estonia 200 Kristina Kallas ha confermato in un’intervista che la campagna è stata organizzata dal suo partito. Kallas ha sostenuto che non si aspettava si potesse creare una polemica così grande sul tema dell’integrazione tra russi ed estoni, che è ancora divisivo nei vari settori della società
Parlando di integrazione, rimangono ancora irrisolte le questioni della riforma dell’utilizzo della lingua d’insegnamento ai vari livelli di educazione scolastica. Altra riforma necessaria sarebbe quella del diritto di cittadinanza che vede attualmente 189 minori possessori del cosiddetto “passaporto grigio” nonostante siano nati in Estonia dopo il ritorno all’indipendenza del 1991. Questo tipo di passaporto dà lo status di non-cittadinanza, che era però stato pensato per i cittadini dell’ex Unione Sovietica che avevano rifiutato o non erano stati in grado di ottenere la cittadinanza estone.
L’obiettivo di Estonia 200 è stato semplicemente quello di usare i manifesti come uno “specchio della società” che vede il processo di integrazione ancora in divenire. Questo tipo di campagna elettorale ha avuto il merito di tenere aperto il dibattito, ma il demerito di aver dato materiale ai media vicini al Cremlino per fare disinformazione e destabilizzare l’opinione pubblica. Ora sta all’intera classe politica discutere e stabilire chiaramente quale strada intraprendere per i prossimi cinque anni.
Immagine: Delfi.ee