Venerdì 11 gennaio il parlamento macedone ha dato il definitivo via libera al cambio di nome del paese con l’approvazione dei quattro emendamenti costituzionali necessari ad attuare quanto previsto dall’accordo con la Grecia, siglato il 17 giugno scorso nella località di Prespa. L’intesa è valsa addirittura la candidatura per il premio Nobel per la pace per i primi ministri Zoran Zaev e Alexis Tsipras. Con questo voto il paese è pronto ad assumere il nome ufficiale di Repubblica di Macedonia del Nord, anche se la conclusione dell’iter avverrà solo dopo la ratifica da parte del parlamento greco.
La diatriba sul nome
La questione del nome del paese balcanico nasce già all’indomani dell’indipendenza di Skopje dal resto della Jugoslavia, avvenuta nel 1991. In quell’occasione venne adottato il nome di Repubblica di Macedonia, decisione contrastata da Atene che considerava la propria regione settentrionale l’unica vera Macedonia. La diatriba non si riferiva ad un semplice aspetto di toponomastica ma toccava questioni di identità storiche e nazionali.
Una prima soluzione venne offerta dall’ONU che, con la Risoluzione 817 del 7 aprile 1993, decise di adottare il nome provvisorio di Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM). Il mancato raggiungimento di un accordo definitivo tra le parti, per ben 27 anni, ha portato all’utilizzo del veto da parte di Atene all’adesione di Skopje all’Unione europea e alla NATO.
L’iter parlamentare
Il parlamento macedone aveva già approvato l’accordo di Prespa con due votazioni, la prima avvenuta il 20 giugno 2018 e la seconda il 5 luglio, dopo il rifiuto del presidente della Repubblica Gjorge Ivanov di firmare l’accordo. A questo seguì l’indizione di un referendum per il 30 settembre il cui testo recitava “Siete favorevoli all’entrata nella Nato e nell’Unione europea accettando l’accordo siglato tra Repubblica di Macedonia e Grecia?”. Nonostante il tentativo del premier Zaev di collegare l’accettazione dell’accordo all’integrazione internazionale del paese, pur con la maggioranza dei consensi espressi il referendum fallì per il mancato raggiungimento del quorum.
Convinto della necessità di chiudere una volta per tutte la questione, il 19 ottobre il governo ottenne il voto favorevole del parlamento per l’avvio del processo di riforma della Costituzione. La maggioranza dei due terzi richiesta per l’approvazione fu raggiunta grazie al sostegno decisivo di otto parlamentari del partito di opposizione VMRO-DPMNE, che ottennero in cambio l’amnistia per reati inerenti all’assalto al parlamento del 27 aprile 2017 e alle inchieste relative alla corruzione sul progetto urbanistico “Skopje 2014”. A seguito della fuga in Ungheria dell’ex premier Nikola Gruevski e ai problemi interni, il VMRO sta attraversando un periodo di forte crisi, come dimostrato dall’incapacità di opporre una seria resistenza alla ratifica dell’intesa.
Venerdì scorso il parlamento ha quindi approvato i quattro emendamenti costituzionali, concludendo così il proprio compito sull’applicazione dell’accordo di Prespa. Grazie al sostegno del partito socialdemocratico SDSM e di quelli della minoranza albanese, oltre a quello dei deputati espulsi dal VRMO-DPMNE dopo il voto di ottobre, il governo ha ottenuto la maggioranza dei due terzi (81 voti su 120) necessaria all’approvazione delle modifiche. Gli emendamenti prevedono l’utilizzo del nome Repubblica di Macedonia del Nord e il rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e la non ingerenza negli affari dei paesi limitrofi.
Le reazioni
Il premier Zaev si è mostrato entusiasta per il successo ottenuto, ben cosciente della grande credibilità acquisita nel raggiungere un risultato che nessuno prima di lui era riuscito ad ottenere. Il giorno dopo la votazione ha affermato che i parlamentari macedoni “hanno fatto la storia” e che si aspetta ora che anche i deputati greci ratifichino l’accordo. Da parte sua il primo ministro greco Tsipras ha rassicurato che il voto del parlamento greco avverrà entro la fine del mese.
Grande soddisfazione è stata espressa anche dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini e dal Commissario europeo per la politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento Johannes Hahn che in comunicato congiunto hanno descritto il voto macedone come “un’opportunità unica e storica nel risolvere una delle più antiche controversie nella regione e ad avanzare decisamente sul cammino dell’Unione europea”.
Sulla stessa linea è stata la dichiarazione del Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg che in un tweet ha affermato che “la NATO sostiene fermamente la piena attuazione dell’accordo, che è un contributo importante per una regione stabile e prospera”.
I prossimi passi
La palla passa adesso al parlamento greco dove è prevista una maggioranza semplice per la ratifica dell’accordo. Il voto non dovrebbe riservare sorprese nonostante le dimissioni di Panagiotis Kammenos, ministro della Difesa e presidente del partito nazionalista di destra dei Greci Indipendenti (ANEL), contrario alla ratifica. La decisione ha provocato una spaccatura interna al partito nazionalista con l’espulsione del ministro del Turismo Elena Kountoura e del viceministro dell’Agricoltura Vassilis Kokkalis per la loro intenzione di sostenere comunque il governo durante il voto di fiducia previsto per mercoledì. A questi si sono aggiunti altri due deputati di ANEL, il viceministro per la Protezione dei Cittadini Katerina Papakosta e il deputato Spyros Danellis del partito To Potami. In questo modo Tsipras può contare sui voti necessari a superare il voto di fiducia e proseguire con la ratifica dell’accordo.
Nonostante il voto contrario alla fiducia, inoltre, il partito centrista To Potami ha dichiarato che sosterrà la ratifica dell’accordo di Prespa quando questa giungerà in parlamento. Il voto positivo da parte del parlamento ellenico sembra quindi ormai vicino e dovrebbe svolgersi dopo l’ottenimento della fiducia da parte del governo Tsipras.
Un’eventuale e sorprendente mancata ratifica porterebbe al definitivo fallimento delle trattative, considerate come un vero e proprio modello per la risoluzione dei conflitti, e rischierebbe di ricacciare l’area in un clima di sfiducia e instabilità. La speranza dell’Unione europea è che il parlamento greco condivida la scelta dei colleghi macedoni, ponendo così la parola fine alla questione del nome della Macedonia, in modo da avviare le trattative per l’adesione del paese.
Foto: SAKIS MITROLIDIS/AFP/Getty Images
Il problema peggiore in caso di mancato accordo è che vincerebbe Putin