Quello che si sta consumando in Albania, in queste ore, è uno scontro istituzionale ai massimi livelli, con un finale ancora tutto da scrivere: protagonisti il primo ministro in carica, Edi Rama, da un parte, e il presidente della Repubblica, Ilir Meta, dall’altra. Non una novità, a dire il vero, piuttosto la riproposizione di quanto già visto lo scorso autunno quando i due ebbero modo di contendersi sulla nomina del nuovo ministro dell’Interno, Sander Lleshaj. Oggetto della disputa, questa volta, è il rimpasto di governo messo in atto da Rama e sul quale il presidente sta mostrando più di qualche reticenza. Ma andiamo con ordine.
I fatti
Il 28 dicembre scorso il primo ministro albanese, Edi Rama, ha reso pubblico un sostanzioso cambio della sua squadra di governo, con l’avvicendamento di diversi ministri in carica: otto sui 14 totali, molti dei quali in posizione chiave, come i capi dicastero di esteri e finanze, oltre a quelli di istruzione, cultura, infrastrutture ed energia, agricoltura, relazioni col parlamento e protezione imprenditoriale. L’operazione non ha risparmiato persino la sua vice, Senida Mesi, anch’essa in procinto di essere sostituita da Erion Brace, figura di spicco del Partito Socialista (PS).
Nell’annunciare il suo intento, Rama non ha risparmiato bordate: all’opposizione, naturalmente, incolpata di aver contrastato il cambiamento, e al suo stesso governo, tacciato di essere pigro, lontano dalla realtà e sempre più “casta”. Pesanti accuse sono state rivolte anche ai media, definiti come “cestini della spazzatura”, incapaci di cogliere i presunti successi economici raggiunti dal proprio governo.
Tanto livore sembra più che altro il risibile tentativo di coprire le vere ragioni di questa manovra: ovvero la necessità di dare nuovo slancio all’operato di un esecutivo indebolito da un anno, e più, vissuto tra scandali e malaffare e culminato con le proteste di piazza che, a fine 2018, hanno scosso l’intero paese. Sono state proprio queste ultime, infatti, ad aver dato la spallata finale per l’avvio dell’operazione: operazione che a questo punto darebbe seguito, secondo quanto dichiarato da Rama stesso, alla necessità di riavvicinarsi alle nuove generazioni che, di quelle proteste, sono state le grandi protagoniste.
Lo scontro tra primo ministro e presidente
Sebbene auspicato dallo stesso presidente della Repubblica Meta che, all’indomani dell’annuncio di Rama, aveva sottolineato l’importanza di “un cambiamento di filosofia del governo”, il rimpasto proposto dal primo ministro sta trovando proprio nel presidente molte resistenze. Ad oggi solo quattro decreti-nomina sono stati firmati, quelli per la sostituzione del vice primo ministro e quelli per i dicasteri “tecnici”. Sulle altre nomine Ilir Meta ha preso tempo, ufficialmente per “verificare l’integrità dei nomi proposti”.
Ma è sulla sostituzione del ministro degli esteri, Ditmir Bushati, che lo scontro ha raggiunto il suo apice. Arrivata inaspettata, la sostituzione di Bushati giunge in un momento delicatissimo per l’Albania nel pieno del processo di integrazione europea in vista dell’atteso semaforo verde per l’apertura dei negoziati di adesione (giugno) e alla vigilia della presidenza dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), pianificata nel 2020.
Il nome proposto da Rama, Gent Cakaj, ventottenne kosovaro dal brillante curriculum di studi (due lauree e tre master) è stato infatti rigettato dal presidente Meta che, il 10 gennaio scorso, ne ha respinto la nomina. La ragione di tale diniego, spiegata da Meta stesso in una lettera indirizzata a Rama, è legata al fatto che Cakaj in qualità di viceministro degli esteri, ruolo che ha ricoperto nei mesi scorsi nelle trattative con l’UE, avrebbe violato la legge albanese che prevede l’obbligo di dotarsi di un nulla-osta di sicurezza per avere accesso alle informazioni riservate. Secondo quanto scrive Meta, tale negligenza costituirebbe non solo un “reato”, ma dimostrerebbe da parte di Cakaj “mancanza di responsabilità” e sarebbe un “segnale di pericolo”.
E’ assai probabile, tuttavia, che le ragioni di questo rifiuto siano di natura prettamente politica e legate alla posizione “aperturista” di Cakaj sull’ipotesi di scambio di territori tra Kosovo e Serbia, apertamente osteggiata in Albania, oltre che contraria alla politica di quell’Unione europea su cui, invece, tanto si punta.
Il finale ancora da scrivere
La reazione di Rama è arrivata a stretto giro di posta e in un messaggio affidato a Twitter ha condannato la scelta del presidente definendola incostituzionale e vergognosa. Difficile prevedere quali sviluppi prenderà la vicenda ma va rilevato che la costituzione albanese non prevede che il presidente della Repubblica possa rifiutarsi di nominare un ministro.
Tutto da vedere, dunque, se Rama vorrà proseguire sulla sua strada o se, come probabile e come già avvenuto con la nomina del ministro degli interni, alla fine si riuscirà a trovare una sintesi.
Foto: Tirana Post