I rom sono una delle minoranze più discriminate al mondo. Ovunque si vada, razzismo e generalizzazioni colpiscono questa etnia, tanto peculiare e ricca di cultura quanto discriminata. Anche in Kosovo la discriminazione nei confronti dell’etnia rom è molto forte e i progetti volti alla loro inclusione sociale faticano a decollare.
Rom, ashkali ed egizi
Essere rom, in Kosovo, è una questione di identità. Il paese, diviso su linee etniche, ripercuote tale faglia anche nella comunità rom. I rom infatti si distinguono oggi tra rom, ashkali ed egiziani (RAE), differenziandosi prettamente da un punto di vista etnico e religioso. I rom propriamente detti, infatti, tendono ad essere cristiani ortodossi e parlano per lo più il serbo o il romanì, la loro lingua. Ashkali ed egizi, invece, sono prevalentemente musulmani e parlano in maggioranza l’albanese.
Rom, ashkali ed egizi vivono principalmente nel sud del paese e nella sua parte occidentale, in particolare nelle zone di Gjakovë/Đakovica, Pejë/Peć, Ferizaj/Uroševac e Prizren. Non è comunque raro incontrare rom, ashkali ed egizi anche in altre zone del paese, come nella municipalità di Fushë Kosovë/Kosovo Polje, dove rappresentano il 12,25% della popolazione, e nella capitale Pristina.
Le tutele sulla carta
Alla luce di ciò, la comunità rom in Kosovo gode di diverse tutele legislative, in campo linguistico, culturale e politico, tanto che una quota di seggi (4) all’interno del parlamento nazionale è assegnata a rappresentanti di questa comunità. Rom, ashkali ed egizi hanno dei propri partiti politici a livello nazionale e locale, e una delle sei stelle sulla bandiera nazionale del Kosovo rappresenta proprio la comunità rom. Nel 2008, inoltre, il governo kosovaro ha approvato una Strategia per l’Integrazione delle comunità rom, ashkali ed egizi. Secondo questo piano, il governo si sarebbe impegnato a migliorare le condizioni dei rom in Kosovo entro il 2015
Tuttavia, la grave mancanza di personale e soprattutto di fondi hanno ridotto notevolmente gli interventi che sarebbero stati necessari per garantire una maggiore integrazione di rom, ashkali ed egizi nella società kosovara, rimanendo dunque ancora ai suoi margini. Di fatto, il divario tra i diritti garantiti sulla carta e quelli che, invece, sono effettivamente rispettati è enorme.
La realtà
Le condizioni di vita di rom, ashkali ed egizi in Kosovo, difatti, appaiono notevolmente diverse da quelle degli altri cittadini. Se già queste non sono ottimali, come ad esempio per quanto riguarda il sistema sanitario, la disoccupazione e l’impossibilità di viaggiare liberamente, la comunità rom si trova in condizioni addirittura peggiori. L’accesso all’istruzione, alla sanità e al mondo del lavoro appare notevolmente più complesso per rom, askhali ed egizi, come sottolineato anche dalle organizzazioni internazionali che operano nel paese. A questo si aggiunge il fattore abitativo, giacché i membri di questa comunità sono spesso costretti a vivere in abitazioni fatiscenti e dove le condizioni igieniche non sono minimamente rispettate.
Le enormi difficoltà che rom, ashkali ed egizi incontrano nel trovare un posto di lavoro certamente non aiutano nel processo di integrazione di queste comunità. Il paese si trova già ad affrontare dei drammatici tassi di disoccupazione che, secondo la Banca Mondiale, si attestano al 25,7% per quanto riguarda quella generale e al 52,4% per quella giovanile. In questo contesto, il tasso di disoccupazione di rom, ashkali ed egizi è notevolmente più alto. Infatti, tra i rom il tasso di disoccupazione si attesta al 43%, quello degli ashkali al 37,7% mentre quello degli egizi al 30%. Questo è anche dovuto ai tassi di abbandono scolastico, che nel caso dei componenti della comunità rom raggiungono livelli molto elevati. Ancora più preoccupante risulta la condizione delle donne, basti pensare che solo l’1,2% delle donne rom completa la scuola secondaria e solo lo 0,4% ottiene una laurea universitaria. La discriminazione certamente non aiuta a favorire l’ingresso di rom, ashkali ed egizi nei luoghi di lavoro, persino in quelli pubblici. La televisione di stato kosovara, inoltre, non trasmette nulla che possa interessare direttamente la comunità, e non vi sono membri nel consiglio direttivo che siano rom, ashkali o egizi.
I motivi di tali discriminazioni risalgono anche al periodo della guerra. Secondo quanto riportato dalla Rosa Luxemburg Foundation, i rom – all’epoca non ancora ufficialmente divisi tra di loro in tre gruppi distinti – venivano spesso usati dalle truppe militari e paramilitare serbe in azioni contro i civili albanesi. Questo li ha spesso resi oggetto di discriminazione da parte degli albanesi e li ha sottoposti a vere e proprie vendette al termine della guerra. Il caso del quartiere Mahalla di Mitrovica è esemplificativo: questa zona abitata da rom, stretta tra il fiume Ibar e i serbi a nord e gli albanesi a sud, è stata quasi interamente raso al suolo negli anni seguenti la guerra, obbligando la comunità rom di Mitrovica a vivere in campi di fortuna, con condizioni igenico-sanitarie lontane dagli standard minimi per vivere.
Nonostante ciò, negli ultimi anni sono partiti alcuni progetti di integrazione locali, come nel caso del progetto pilota, voluto dal sindaco di Pristina Shpend Ahmeti, che ha coinvolto il quartiere di Dardania della capitale per sviluppare un’efficiente raccolta differenziata affidata a lavoratori appartenenti alla comunità rom. Proprio da questi pochi esempi positivi bisogna ripartire. Superare i pregiudizi, la memoria della guerra e favorire la collaborazione interetnica è l’unico modo per dare un futuro solido al Kosovo. Rom, ashkali ed egizi sono costretti ad affrontare la prova più complessa: la politica deve trovare la volontà e i mezzi per far sì che la loro inclusione sociale possa realizzarsi nel più breve tempo possibile.
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