Nel corso dell’autunno 2018 si è consumato l’epilogo del caso Agrokor in Croazia, apertosi nell’aprile 2017, quando il colosso agroalimentare a forte rischio fallimento fu commissariato con una legge ad hoc dal governo croato.
Lo scorso 7 novembre, dopo un anno dalla sua iscrizione nel registro degli indagati per falso in bilancio e appropriazione indebita, Ivica Todoric, ex-presidente e proprietario di maggioranza dell’Agrokor, è stato finalmente estradato in Croazia. Nel frattempo, si è concluso il commissariamento straordinario dell’Agrokor e i creditori internazionali hanno rilevato il conglomerato croato.
Continuano invece gli scambi di accuse tra Todoric e il governo croato. Con l’arresto di Todoric, l’ex-ministro dell’economia Martina Dalic celebra la fine del “capitalismo clientelare” in Croazia. Mentre, dal canto suo, Todoric, in libertà vigilata, si candida alle elezioni e accusa la leadership croata di svendere il paese al capitale straniero.
L’estradizione di Todoric
Il magnate Ivica Todoric è stato estradato in Croazia un anno dopo la sua fuga all’estero dell’ottobre 2017, che seguì il mandato d’arresto emesso dalla corte distrettuale di Zagabria per i reati di falso in bilancio e appropriazione indebita. Dopo un mese di latitanza, a novembre 2017, Todoric si era consegnato alla polizia di Londra, dichiarando di essere un perseguitato politico. A ciò seguirono un anno di verifiche da parte dei tribunali di Londra, che hanno poi confermato l’estradizione il 25 ottobre 2018.
Secondo l’accusa, Ivica Todoric avrebbe coperto le perdite dell’Agrokor gonfiando il valore delle controllate della compagnia e alterando i libri contabili. Inoltre, mentre la compagnia era virtualmente fallita, la famiglia Todoric si sarebbe appropriata di circa 133 milioni di euro.
Va qui ricordato che l’Agrokor, con un fatturato di 6,5 miliardi di euro l’anno, è la più grande società per azioni dell’Europa sud-orientale. La società è presente in Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Ungheria, Slovenia e Serbia, dove impiega più di 130.000 persone. Infine, il valore dell’Agrokor è pari da solo al 16% del PIL croato.
La scambio di accuse tra Todoric e il governo croato
Da quando è fuggito nell’ottobre 2017, Todoric ha sempre dichiarato di essere vittima di una congiura internazionale, orchestrata dal governo croato e dal fondo di investimento americano Knighthead Capital Investments, per privarlo della propria compagnia.
Nella realtà, nel corso dell’estate del 2017, in seguita all’analisi approfondita dei libri contabili e all’emersione dei falsi in bilancio, è avvenuta una rottura tra il governo croato e Ivica Todoric fino ad allora d’accordo sulle modalità di salvataggio statale dell’Agrokor. In seguito a questa rottura, Todoric cominciò a inviare alla stampa croata i diversi scambi di mail che precedettero l’adozione della legge ad hoc per il salvataggio statale della compagnia.
La pubblicazione di queste mail portò allo scoppio di uno scandalo quando fu chiaro che i professionisti che a vario titolo fornirono una consulenza gratuita all’allora ministro dell’Economia Martina Dalic furono poi ricompensati con posizioni di rilievo nel commissariamento straordinario e nella ristrutturazione dell’Agrokor. A stretto giro, il primo ministro Andrej Plenkovic, benché rifiutando le accuse di clientelismo e conflitto di interessi nei confronti della Dalic, ha comunque riconosciuto il metodo non ortodosso con cui fu gestito il commissariamento e quindi richiesto le dimissioni al suo ministro a maggio 2018.
Il reciproco scambio d’accuse tra Ivica Todoric e Martina Dalic è proseguito anche dopo le dimissioni di quest’ultima. Tanto che, dopo le dimissioni, costei si è fiondata nella stesura di un libro dal titolo altisonante: “la fine del capitalismo clientelare in Croazia”. Dove per “capitalismo clientelare” si intende un tipico sistema economico dei paesi post-comunisti in cui le grandi imprese nazionali prosperano e accumulano risorse grazie alla commistione tra potere politico e oligarchie economiche.
In questo libro, la Dalic inscrive quindi l’episodio del collasso dell’Agrokor, del suo commissariamento e dell’arresto di Todoric, nell’onda lunga di quella transizione economica che dall’economia socialista jugoslava, attraverso le oligarchie e le clientele di era Tudjmaniana, starebbe finalmente portando la Croazia a divenire una piena economia di mercato. In disaccordo con questa lettura, Todoric, in libertà vigilata, ha dichiarato che si candiderà alle elezioni nazionali “per cambiare veramente il paese”.
La fine del commissariamento
Nel frattempo, i creditori internazionali hanno raggiunto a luglio 2017 un accordo sul nuovo assetto societario dell’Agrokor, poi confermato dalla corte commerciale di Zagabria a ottobre 2018. Secondo l’accordo raggiunto, i crediti nei confronti dell’Agrokor sono stati convertiti in azioni della società. Tre società sono state quindi fondate in Olanda per ripartire i proventi della compagnia tra gli ex-creditori, ora azionisti, per gestire il ripagamento dei debiti rimanenti pari a 1,3 miliardi di euro e pianificare le ulteriori dismissioni, e per la possibile futura uscita dei creditori dall’azionariato dell’Agrokor.
Il nuovo assetto societario vede la banca russa Sberbank come socio di maggioranza con il 39,2% delle azioni, seguita dagli ex-obbligazionisti con il 25% delle azioni, la cui maggioranza è gestita dalla Knighthead Capital Investments. Partecipazioni minori sono poi detenute dalla russa VTB bank (7,5%) e dall’italiana Unicredit (2,3%).
In capo a quasi due anni, l’Agrokor è quindi uscita dal rischio fallimento. Il governo croato ha effettivamente raggiunto il suo principale obbiettivo: evitare che il collasso dell’Agrokor colpisse altri settori economici e assicurare il pagamento dei crediti ai piccoli fornitori agricoli. Tuttavia, il nuovo assetto societario è ora composto da fondi speculativi e banche d’investimento poco interessati alla gestione a lungo termine. È quindi probabile che l’azienda venga ulteriormente spacchettata e svenduta per permettere a quest’ultimi di rientrare dell’investimento.
La saga del collasso dell’Agrokor volge così al termine: un ex-ministro in odore di conflitto di interessi celebra la fine del “capitalismo clientelare” in Croazia, un ex-proprietario sotto processo si candida alle elezioni, mentre viene spostata verso il nord Europa la sede deputata a distribuire i proventi del maggior conglomerato dell’Europa sudorientale. Probabilmente l’epilogo più scontato per una storia di transizione economica in un paese post-comunista d’Europa: dalle acquisizioni di proprietà statali a prezzi simbolici, agli abusi finanziari coperti dal potere politico, alla sede in Olanda.