Con la decisione del presidente Andrej Kiska di non volersi ricandidare alla guida del paese, il popolo slovacco si ritrova privo del suo uomo politico di riferimento, mentre la competizione elettorale in vista delle presidenziali di marzo si fa sempre più aperta e assolutamente imprevedibile.
Un anno complicato per la democrazia slovacca
Nel tradizionale discorso presidenziale di fine anno, Kiska ha tracciato un bilancio dei principali fatti che hanno riguardato il paese. La Slovacchia si trova in una fase politica molto delicata, preda di un’instabilità esplosa nel 2018 con l’omicidio, dai risvolti ancora opachi, di Ján Kuciak e Martina Kušnírová, e le conseguenti dimissioni del premier Robert Fico a seguito delle accese proteste di piazza.
Alla guida dell’esecutivo, formato dall’inedita coalizione tra socialdemocratici, nazional-conservatori ed esponenti della minoranza ungherese, è salito il vice-premier Peter Pellegrini, che si è trovato suo malgrado a trascorrere buona parte del mandato tentando di rimettere insieme i pezzi di un governo indebolito e ancora nel mirino dell’opinione pubblica. Il paese ha ora bisogno di ritrovare solidità e trasparenza, ma a due mesi dalle consultazioni presidenziali la situazione politica appare incerta e in balia di improvvisi colpi di scena.
Cosa (non) dicono i sondaggi
L’ultima rilevazione di dicembre dell’istituto di ricerca slovacco AKO vede in testa il liberale Robert Mistrík, candidato della principale formazione politica di opposizione “Libertà e Solidarietà” (SaS). L’imprenditore co-fondatore del partito otterrebbe circa il 16% delle preferenze, le stesse che i sondaggi assegnerebbero al leader della minoranza ungherese Béla Bugár (Most-Híd).
Intorno al 12% sarebbero accreditati Milan Krajniak del partito “Siamo Famiglia” (Sme Rodina) di ispirazione conservatrice e l’ex ministro della giustizia Štefan Harabin, candidato indipendente vicino a posizioni di estrema destra. Zuzana Čaputová del neonato partito “Slovacchia Progressista” sarebbe quotata al 10%, raccogliendo qualche voto tra gli elettori delusi dalla sinistra. Il cristiano-democratico František Mikloško otterrebbe poco più del 9% mentre il leader neofascista Marian Kotleba (LSNS) arriverebbe al 7%. A seguire, una piuttosto numerosa platea di candidati minori si attesterebbe sotto al 5% delle preferenze.
In una situazione così frammentata e incerta, l’unico dato leggibile da questi numeri è l’assenza di un candidato credibile per la vittoria elettorale. All’appello manca il partito socialdemocratico, ancora in testa nelle intenzioni di voto nonostante il calo di consensi subìto a seguito dei continui scandali di corruzione che lo colpiscono a cadenza regolare. La principale forza politica del paese non può puntare su un candidato debole, rischiando di perdere la partita presidenziale e di minare la propria credibilità in vista delle consultazioni europee. Per questo, a poco più di due mesi dall’appuntamento elettorale si ritrova ancora senza una proposta credibile.
I possibili nomi
Il ministro degli esteri in quota socialdemocratica Miroslav Lajčák ha rifutato l’offerta di Fico che lo voleva alla guida del paese, deludendo le aspettative di quanti nella sinistra slovacca speravano di aver trovato il candidato vincente. Lajčák ha però recentemente dato dimostrazione di poter cambiare idea. Rassegnate le dimissioni dall’incarico ministeriale a dicembre a seguito della mancata adesione della Slovacchia al Patto ONU sulle Migrazioni, ha poi fatto marcia indietro su pressione del premier Pellegrini e del presidente Kiska, decidendo di rimanere al suo posto.
Lajčák avrebbe un gradimento intorno al 30% tra l’elettorato slovacco, e non si esclude che la decisione di presentare le dimissioni possa essere stata una mossa politica calcolata, al fine di testare il gradimento personale e analizzare le reazioni politiche. L’attuale ministro degli esteri ha il vantaggio di non essere ufficialmente iscritto al partito socialdemocratico, rendendo la sua figura più appetibile per l’elettorato slovacco deluso dalla condotta dello Smer-SD, e più forte anche in vista del turno di ballottaggio dove Lajčák potrebbe incassare il sostegno dell’intera coalizione governativa.
L’altro nome papabile per le forze di maggioranza potrebbe essere quello di Andrej Danko. Ufficialmente non ancora candidato alla competizione elettorale, il presidente del parlamento e leader del Partito nazionale slovacco raccoglierebbe circa il 15% delle preferenze. A suo svantaggio, resta difficile credere che i socialdemocratici non presentino un candidato interno. Se si trattasse di un profilo debole però, Danko potrebbe attrarre il voto filogovernativo in un probabile ballottaggio, soprattutto se in corsa contro un candidato dell’estrema destra.
A due mesi dal voto non è possibile fare una previsione sull’esito delle consultazioni. In ogni caso, il fatto che non si conoscano ancora i candidati alla presidenza dei due principali partiti di governo non è certamente un bel segnale per la futura stabilità politica del paese.
Foto: tvnoviny.sk