Secondo la Corte costituzionale russa, il controverso scambio di territori tra le repubbliche nord-caucasiche di Cecenia e Inguscezia, ufficializzato lo scorso settembre, avrebbe valore legale. Il verdetto, emesso lo scorso 6 dicembre, contraddice una precedente sentenza della Corte costituzionale dell’Inguscezia, la quale aveva invece condannato l’iniziativa in quanto contraria ai principi della Costituzione locale.
L’accordo
Lo scorso 26 settembre, sotto gli occhi di Aleksandr Matovnikov, rappresentante del Cremlino per il Caucaso settentrionale, i leader della Repubblica cecena, Ramzan Kadyrov, e di quella inguscia, Yunus-Bek Yevkurov, avevano firmato un accordo mirato a ridisegnare il confine tra i rispettivi paesi.
In realtà, più che uno scambio di territori, l’accordo ha sancito di fatto la cessione di una parte del territorio dell’Inguscezia alla vicina Cecenia, con quest’ultima che ha ottenuto quasi 27 mila ettari di terreno (circa il 7,5% dell’intero territorio inguscio), dovendo cederne per contro solo mille.
L’annuncio dell’accordo ha generato fin da subito proteste in Inguscezia, con centinaia di persone che si sono riversate per le strade di Magas a manifestare, chiedendo a Yevkurov di ritirare la firma sul disegno di legge. Le proteste sono andate avanti per mesi, con i manifestanti che a partire da ottobre hanno organizzato un sit-in permanente nella capitale inguscia, ricevendo il pieno supporto della popolazione locale.
Nonostante la mobilitazione popolare, il 4 ottobre il testo dell’accordo è stato ratificato dall’Assemblea Nazionale, il parlamento inguscio. Secondo i risultati ufficiali, su 25 deputati presenti in aula 17 avrebbero votato a favore, 3 contro e 5 si sarebbero astenuti. Tuttavia, subito dopo la votazione, ben 11 deputati hanno firmato una dichiarazione nella quale affermavano di avere votato contro la legge, denunciando brogli in fase di votazione. I successivi tentativi di indire una seconda votazione sono poi falliti, a causa della mancanza del quorum.
La decisione della Corte inguscia
L’accordo è entrato ufficialmente in vigore il 16 ottobre; tuttavia, il 30 dello stesso mese, la Corte costituzionale dell’Inguscezia ha annullato la risoluzione del parlamento, in quanto avrebbe violato la Costituzione della repubblica caucasica.
Per la Corte, la ratifica dell’accordo da parte dell’Assemblea Nazionale inguscia non sarebbe sufficiente ai fini dell’adozione della legge. Infatti, secondo la legislazione locale, per poter passare un tale provvedimento richiederebbe, oltre all’approvazione parlamentare, anche il consenso popolare, da esprimersi attraverso una consultazione referendaria.
Inoltre, nel ratificare l’accordo, il parlamento inguscio avrebbe commesso una serie di violazioni procedurali. Innanzitutto i deputati, che hanno votato attraverso scrutinio segreto, hanno adottato tutte e tre le letture in un unico voto. Il parlamento non ha poi potuto verificare il verbale della Commissione di conteggio, permettendo teoricamente a quest’ultima di alterare il risultato della votazione, come poi denunciato da una parte dei deputati ingusci.
Il ricorso
La sentenza della Corte inguscia è stata successivamente impugnata dallo stesso presidente della repubblica caucasica, Yunus-Bek Yevkurov, che ha presentato ricorso presso la Corte federale. Secondo il verdetto di quest’ultima, emesso appunto a dicembre, sarebbe stata in realtà la Corte inguscia a violare la Costituzione locale, contestando un accordo già entrato in vigore.
Tale violazione deriverebbe da un’errata interpretazione delle leggi locali, che prevedrebbero lo svolgimento di un referendum popolare solo nel caso in cui i confini della repubblica vengano modificati. Secondo la Corte federale invece, l’accordo non modificherebbe il confine tra le due repubbliche, ma lo andrebbe a stabilire per la prima volta in maniera ufficiale; questo nonostante l’esistenza di due precedenti accordi firmati tra Cecenia e Inguscezia rispettivamente nel 1993 e nel 2003.
La Corte ha poi effettivamente riconosciuto delle violazioni procedurali durante il processo di ratifica, definendole però “una mera tecnicità”, e ricordando che, in merito alle tre letture adottate in un unico voto, i deputati ingusci non avrebbero potuto comunque apportare modifiche al testo dell’accordo, essendo quest’ultimo già stato firmato, dovendosi quindi limitare ad approvarlo o respingerlo.
Infine, data la protesta di “soli” 11 deputati, la Corte ha ritenuto che i restanti parlamentari fossero d’accordo con il disegno di legge, e che pertanto l’esito del voto rispecchiasse la volontà dell’Assemblea Nazionale.
Definendo legale lo scambio di territori, la Corte federale ha ribaltato il precedente verdetto della Corte inguscia, rendendo di fatto impossibile l’annullamento dell’accordo. La sentenza è definitiva, e pertanto non può più essere impugnata.
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Foto: Caucasian Knot